La Cassazione vuole dare continuità al principio in base al quale gli interessi dovuti all'avvocato, in caso di controversia, decorrono dalla domanda e vanno calcolati sul credito originario

Interessi dalla domanda per i compensi degli avvocati

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Gli interessi sugli onorari dovuti all'avvocato decorrono dalla domanda e non dal momento in cui il giudice procede alla liquidazione degli stessi. Il chiarimento è contenuto nella sentenza n. 17122/2022 della Cassazione (sotto allegata). Vediamo per quali ragioni si è resa necessaria questa precisazione.

La vicenda processuale

La vicenda ha inizio quando il Tribunale condanna parte convenuta al pagamento dei compensi professionali dovuti a un avvocato per la somma residua, oltre interessi, dalla domanda al saldo. Compensi relativi a una procedura monitoria, al giudizio successivo di opposizione e alla successiva fase esecutiva.

Gli interessi vanno calcolati sul capitale della domanda

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Il professionista, per l'argomento che interessa trattare in questa sede, nel secondo motivo del ricorso in Cassazione denuncia la violazione degli articoli 1282 e 1284 c.c perché, anche se il dispositivo prevede la condanna al pagamento del saldo residuo con decorrenza degli interessi legali dalla domanda fino al saldo, il capitale alla base di detto calcolo è quello quello ridotto, anche in virtù dei versamenti effettuati in corso di causa. Pe il ricorrente quindi gli interessi devono essere riconosciuti sul capitale richiesto all'inizio e ridotto a causa delle decurtazioni effettuate dl Tribunale.

Calcolo degli interessi sul credito originario

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Per la Cassazione il motivo è fondato. In passato del resto è già stato affermato che in materia di liquidazione dei diritti ed degli onorari dell'avvocato dovuti dal cliente, la disposizione di cui al Dm n. 238 del 1992, applicabile "ratione temporis", che prevede, in relazione agli interessi di mora, la decorrenza dal terzo mese successivo all'invio della parcella, non si applica in presenza di una controversia che ha ad oggetto il compenso dovuto all'avvocato dal cliente. Quest'ultimo infatti non può considerarsi in mora prima della liquidazione delle somme dovute con l'ordinanza che chiude il procedimento art. 28 legge 794/1942 (oggi art. 14 dlgs n. 150/2011)

In base a questo principio gli interessi non potevano essere riconosciuti sulla somma vantata al momento della proposizione del ricorso. La data di maturazione doveva essere individuata in quella in cui veniva adottato il provvedimento di liquidazione.

La più recente giurisprudenza di legittimità però ha affermato che: "Nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall'esercente la professione forense, gli interessi di cui all'art. 1224 c.c. competono a far data dalla messa in mora (coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento), e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, eventualmente all'esito del procedimento sommario di cui all'art. 14 del Dlgs n. 150/2011, non potendosi escludere la mora solo perché la liquidazione sia stata effettuata dal giudice in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal creditore, sicché è priva di fondamento la deduzione del ricorrente secondo cui l'attribuzione degli interessi sulla somma liquidata all'esito del processo sommario, ma a far data dalla domanda sarebbe per lui pregiudizievole".

Questo il principio a cui la Cassazione vuole dare continuazione, per cui se "per effetto di versamenti effettuati in corso di causa il credito originariamente vantato si riduca, gli interessi vanno tuttavia calcolati sul credito originario sino alla data del pagamento parziale, decorrendo successivamente sul credito residuo, palesandosi quindi erronea la soluzione cui è pervenuto il giudice di merito".

Scarica pdf cassazione n. 17122-2022

Foto: 123rf.com
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