Obblighi, facoltà, limiti e orientamento giurisprudenziale della Cassazione sul segreto professionale dell'investigatore privato

Segreto professionale: definizione

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L'argomento del segreto professionale è da sempre controverso, dibattuto e spesso sottovalutato, nonostante sia un diritto/dovere ben delineato. È necessario, innanzitutto, definire il segreto professionale. Questo è un obbligo normativo a carico di alcune figure professionali alle quali è fatto divieto di rivelare o comunicare informazioni di cui siano a conoscenza per motivi di lavoro, e per le quali è imposto uno specifico obbligo di segretezza.

Cos'è la segretezza?

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È qualcosa di precluso alla conoscenza altrui dove, l'oggetto del segreto che non si intende riferire, accomunabile all'istituto del segreto professionale, può riguardare un fatto appreso o l'identità di un persona informata sui fatti.

Il segreto professionale è pertanto un ambito qualificante e riguardante solo alcuni soggetti, tra i quali gli investigatori privati autorizzati, che possono riservarsi la facoltà di non riferire a domande poste in sede processuale ed extra processuale che tendono a far rivelare circostanze e/o persone delle quali si è appresa notizia nell'esercizio della propria attività.

Segreto professionale: facoltà e limiti

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Spetterà poi all'investigatore privato valutare se avvalersi o meno del segreto professionale, considerando che:

- il segreto professionale è un obbligo la cui violazione senza giusta causa è punita dall'art. 622 c.p.;

- l'investigatore privato autorizzato ha facoltà di non denunciare reati dei quali abbia avuto notizia nel corso delle propria attività (art. 334 bis c.p.p.);

- il Giudice ha comunque facoltà di procedere ad accertamenti qualora abbia motivo di dubitare della dichiarazione resa dall'investigatore privato (co. 2 art. 200 c.p.p.).

Con riferimento all'ultimo punto appena descritto è doveroso precisare che il segreto professionale non può essere utilizzato per nascondere la illecita modalità di acquisizione di un'informazione. Vale a dire che non è possibile celare nel segreto professionale la fonte che ha riferito una notizia confidenziale, se per acquisire quella determinata informazione è stato commesso un illecito.

Il comma 1, lettera b, dell'articolo 200 c.p.p. prevede che l'investigatore privato autorizzato non possa essere obbligato a deporre su quanto ha conosciuto per ragione della propria professione. Ma il problema si pone nel necessario bilanciamento tra il rispetto del segreto professionale, la tutela del diritto di difesa e il dovere civile di contribuire e collaborare all'amministrazione della giustizia nel far emergere la verità dei fatti.

Segreto professionale e divieto di testimoniare

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Questo vuol dire che il riconoscimento del segreto professionale non determina il divieto di testimoniare, bensì ne stabilisce i limiti proprio nel bilanciamento degli interessi di tipo privatistico e pubblicistico di cui sopra, prevedendo una facoltà di astensione che non è generale ma trova la sua specifica nel singolo fatto e fonte.

In ambito civile è da considerarsi invece l'articolo 249 c.p.c. il quale afferma che "si applicano all'audizione dei testimoni le disposizioni degli articolo 200, 201, 202 codice di procedura penale relative alla facoltà di astensione dei testimoni".

La facoltà di astensione viene quindi attuata mediante una dichiarazione resa verbalmente in udienza quando il giudice ammonisce i testimoni ex art. 251 e, in ogni caso, non oltre l'inizio dell'esame testimoniale.

Il suggerimento potrebbe essere di anticipare questa fase e scrivere nella relazione investigativa, in premessa o nella descrizione dell'esito d'indagine, una dicitura specifica che richiami il segreto professionale.

La Cassazione sul segreto professionale dell'investigatore

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In materia di segreto professionale riconosciuto all'investigatore privato in sede civile si è espressa anche la Corte di Cassazione occupandosi di un caso in cui un investigatore privato, rifiutatosi (in fase civile) di riferire il nominativo della propria fonte, si era ritrovato imputato in un processo penale per falsa testimonianza (ex art. 372 c.p.).

I Giudici della Suprema Corte hanno assolto l'investigatore ritenendo la scelta non punibile secondo l'art. 384 c.p., 2° comma, ai sensi del quale "la punibilità è esclusa se il fatto è commesso da chi per legge non avrebbe dovuto essere richiesto di fornire informazioni ai fini delle indagini o assunto come testimonio, perito, consulente tecnico o interprete ovvero non avrebbe potuto essere obbligato a deporre o comunque rispondere o avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni, testimonianza, perizia, consulenza o interpretazione".

La Cassazione ha quindi stabilito che l'investigatore non è punibile, perché "non avrebbe potuto essere obbligato a deporre o comunque a rispondere" (cfr. Cass. pen. sentenza n. 7387/2005).

Questa sentenza ha definitivamente sancito che gli investigatori privati possono esercitare il segreto professionale anche dinanzi al Giudice del Tribunale civile.

Dal 2005 ad oggi non è mai più stato messo in discussione, in sede civile o penale, il diritto/dovere dell'investigatore privato di avvalersi del segreto professionale.

G. L. Rabita
Presidente della Leonardo Intelligence
Tenente dei Carabinieri in congedo

A. Pedicone
Consigliere per gli Studi Legislativi - Leonardo Intelligence
Analista di intelligence internazionale

Leonardo Intelligence
Comitato per gli Studi legislativi
Via Fasana 28, 00195 Roma
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