Una pronuncia errata quella della Cassazione che lede il diritto di difesa ed il diritto al compenso dell'avvocato

Gratuito patrocinio e omessa comunicazione variazioni reddituali

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Sta facendo discutere, l'ordinanza di questi giorni della Cassazione (n. 9727/2022 sotto allegata), perché dimentica la "ratio" dell'istituto e perché non conforme alla previsione normativa.

Afferma sostanzialmente la Corte di Cassazione che "l'omessa comunicazione, anche parziale, delle variazioni reddituali comporta la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, a prescindere dalla circostanza che tali

variazioni risultino poi non determinative del superamento del limite reddituale comportante l'ammissione".

La motivazione

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La motivazione è errata e per nulla convincente.

La Suprema Corte, giunge infatti a tale decisione considerando in modo errato il presupposto normativo, affermando: "è centrale, d'altronde, il testo dell'art. 112 del d.P.R. n. 115 del 2002, che prevede, alle lett. a) e b), due concorrenti ipotesi di revoca - l'una associata al fatto dell'interessato che, nei termini previsti dall'art. 79, comma 1, lett. d), non provveda a comunicare le eventuali variazioni dei limiti di reddito; e l'altra viceversa correlata al fatto che a seguito della comunicazione prevista dall'articolo 79, comma 1, lettera d), le condizioni di reddito risultino variate in misura tale da escludere l'ammissione".

Quindi il cittadino ogni anno "deve", a parere della Corte, comunicare il proprio reddito, poiché per "ratio", sempre a parere della Corte "deve" garantire "dopo l'ammissione interessato al beneficio, l'assolvimento di minimali oneri di cooperazione nei confronti dello Stato".

La norma in esame

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Tale decisione, tuttavia, non tiene conto dell'effettivo dato normativo.

Proprio la citata norma - articolo 112 D.P.R. n. 115 del 2002 - afferma chiaramente che "Il magistrato, con decreto motivato, revoca l'ammissione: a) se, nei termini previsti dall'articolo 79, comma 1, lettera d), l'interessato non provvede a comunicare le eventuali variazioni dei limiti di reddito; b) se, a seguito della comunicazione prevista dall'articolo 79, comma 1, lettera d), le condizioni di reddito risultano variate in misura tale da escludere l'ammissione".

Poiché, soprattutto in diritto, le parole hanno un peso, il senso logico della citata norma è: se ci sono variazioni vengono comunicate; la mancata comunicazione vuol dire che non ci sono variazioni sostanziali e di conseguenza valgono quelle fatte in precedenza.

Il paradosso dell'ordinanza

Ma un'altra significativa considerazione è, che le norme devono essere interpretate e coordinate tra di loro, non ammettendo interpretazioni di comodo.

In effetti, seguendo il ragionamento (errato) dell'ordinanza, si arriva al paradosso: se vengono comunicati dati non veritieri e non vengono superati i limiti, non vi è revoca; invece, se non vengono comunicate le variazioni, vi è la revoca.

È evidente la contraddizione e la mancanza di logica giuridica in tale ordinanza, la quale si scontra proprio con la sentenza delle S.U. dalla stessa richiamata, ove statuisce che: "la falsità o l'incompletezza della dichiarazione sostitutiva di certificazione prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 1, lett. c) qualora i redditi effettivi non superino il limite di legge, non comporta la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato".

In pratica aderendo all'errata ordinanza, l'avvocato dopo aver lavorato per anni (senza ricevere un Euro) al momento della liquidazione del compenso professionale si vede rigettare la richiesta.

La ratio dell'istituto del Patrocinio a Spese dello Stato

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La ratio dell'istituto non è quella di cooperare con lo Stato, bensì la salvaguardia dell'effettività e concretezza del diritto di difesa anche del non abbiente.

Al limite, la "mancata cooperazione con lo Stato" potrebbe essere fatta valere a posteriori, in quanto il meccanismo di cui al DPR n. 115/2002 consiste in una anticipazione, da parte dello Stato, della somma liquidata dal giudice al difensore, somma che lo Stato stesso è tenuto a recuperare nei confronti dell'assistito.

Più che una interpretazione lineare con quanto previsto dagli articoli 24, 111 Cost. e 6 CEDU, sembra trattarsi di un tentativo maldestro di far prevalere i conti e l'interesse pubblico a scapito del non abbiente, ledendo anche la professionalità del difensore.

Avv. Franco GALLO

Foro di Roma

Scarica pdf Cass. n. 9727/2022

Foto: 123rf
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