Quando si presenta una denuncia-querela non occorrono formule rigide da rispettare, l'importante è che emerga la volontà punitiva del denunciante che si può desumere dagli atti in base al "favor querelae"

La volontà di punire si può desumere

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La Cassazione accoglie il ricorso del Procuratore contro la sentenza del Giudice di Pace che ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell'imputato per assenza di querela.

In realtà, come rileva il ricorrente, la querela è stata presentata, anche se in parte dattiloscritta e in parte a mano e anche se non contiene una frase chiara con la quale il denunciante dichiari di voler perseguire penalmente il padrone del cane che ha morso suo figlio di otto anni su un gluteo. Questo perché la volontà di querelare il soggetto responsabile emerge da altre frasi e termini utilizzati.

Questa la motivazione con cui la sentenza della Cassazione n. 16281/2022 (sotto allegata) ha accolto il ricorso del Procuratore.

Senza querela non si procede

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La vicenda ha inizio quando il Giudice di Pace dichiara di non doversi procedere nei confronti dell'imputato, accusato del reato di lesioni, per difetto di querela. Il soggetto è stato accusato in particolare di aver lasciato libero il proprio cane sulla spiaggia e che questo abbia provocato lesioni a un minore, guaribili in 5 giorni, a causa di un morso su un gluteo.

Per il P.M la querela è stata presentata

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Il Pubblico Ministero nel proporre appello evidenzia un'erronea applicazione della legge poiché il padre del minore ha presentato querela presso il commissariato, da cui emerge la volontà punitiva nei confronti dell'imputato.

L'appello del P.M viene riqualificato come ricorso in Cassazione poiché, in base alla decisione del Tribunale, questo soggetto può proporre appello solo nei confronti delle sentenze che applicano una pena diversa da quella pecuniaria.

Il Procuratore con memoria chiede l'annullamento della sentenza di appello del Tribunale sottolineando che la denuncia del padre del minore è stata ratificata, condotta che denota una chiara volontà punitiva.

Atti da interpretare in base al "favore querelae"

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Per la Cassazione il ricorso del P.M è fondato. Il Giudice di Pace ha concluso per la mancata presentazione della querela perché il padre del minore, nella denuncia presentata, in parte dattiloscritta e in parte con frasi scritte a mano e in stampatello, ha esposto i fatti, ovvero del morso che il cane dell'imputato ha dato al figlio di 8 anni e all'assenza di qualsiasi scusa da parte del padrone dell'animale.

Alla fine del foglio è presente una scritta in cui il padre del minore dichiara di riservarsi sulla nomina di un legale.

Per la giurisprudenza di legittimità la denuncia non deve contenere formule sacramentali per la sua validità. E' sufficiente che risulti la volontà di perseguire il soggetto responsabile per quanto commesso.

Il Giudice di Pace ha omesso di considerare che la denuncia in atti contiene un chiaro riferimento alla volontà punitiva quando ad un certo punto lo stesso richiede di essere "informato sugli sviluppi delle indagini" o quando, rivolgendosi alle autorità, chiede di "prendere provvedimenti al più presto."

In conclusione, poiché la querela non richiede formule sacramentali, la volontà di punizione da parte della persona offesa può essere riconosciuta dal giudice anche in atti in cui tale volontà non è espressamente esplicitata. Nei casi in cui emerga tale incertezza comunque gli atti devono essere interpretati alla luce del "favor querelae".

Leggi anche Querela: guida e modello

Scarica pdf Cassazione n.16281/2022

Foto: 123rf.com
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