L'avvocato comunitario, fino a quando non è integrato, ossia parificato agli avvocati italiani e iscritto allo stesso albo, non può svolgere le stesse attività difensive, ma va incontro a dei limiti

Limiti all'esercizio della professione per l'avvocato stabilito

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"L'avvocato comunitario può svolgere liberamente attività stragiudiziale in altro stato membro, mentre potrà esercitare il patrocinio in giudizio in maniera occasionale, previa comunicazione dell'assunzione dell'incarico (tra gli altri), al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati nel cui territorio ha operato ed a condizione che operi di concerto con un avvocato regolarmente abilitato all'esercizio della professione innanzi all'autorità adita."

Questo uno dei richiami alla normativa in materia, contenute nella sentenza n. 7079/2022 della Cassazione, che ha respinto il ricorso di un avvocato stabilito a cui è stata sequestrata la documentazione relativa alle cause giudiziali che stava patrocinando in modo illecito.

Sequestro per l'avvocato stabilito che esercita abusivamente

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Il Tribunale conferma la decisione del GUP, che ha disposto il sequestro preventivo della documentazione relativa a controversie giudiziali patrocinate da un avvocato. Al legale si contesta l'esercizio abusivo della professione, perché nonostante la cancellazione dall'albo speciale degli avvocati stabiliti dopo la sentenza a SU n. 3706/2019, ha continuato a patrocinare in diverse controversie giudiziali.

Per l'avvocato vale l'iscrizione all'ordine Rumeno

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Nel ricorrere in Cassazione l'avvocato indagato contesta la motivazione, che ritiene illogica in quanto lo stesso è in possesso del titolo abilitativo rilasciato dall'Ordine Professionale rumeno, che gli permette di patrocinare in tutti gli stati dell'Unione Europa perché vale per l'iscrizione nell'albo degli avvocati stabiliti.

L'avvocato comunitario può esercitare ma con dei limiti

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La Cassazione però dichiara il ricorso inammissibile, precisando che in Italia, con il recepimento della direttiva 16 febbraio 1998 n. 98/5 ad opera del d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, la professione può essere esercitata da due tipi di avvocati comunitari.

  • Il primo è l'avvocato comunitario, che deve avere conseguito un titolo professionale che lo abiliti all'esercizio della professione forense nel proprio ordinamento e che può esercitare in Italia utilizzando il titolo di origine, che va indicato per intero nella lingua o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di provenienza e utilizzato in modo da evitare confusione con il titolo di avvocato, che spetta ai soli professionisti italiani a agli avvocati stabiliti integrati. Questo avvocato si trova iscritto quindi all'inizio a due albi contemporaneamente: quello speciale in Italia e quello del Paese di provenienza. Dopo tre anni, che decorrono dall'iscrizione all'albo speciale, se costui svolge esercizio regolare della professione, diventa integrato.
  • Il secondo è quindi l'avvocato integrato, che è parificato agli avvocati italiani dopo aver concluso il percorso previsto di tre anni e aver ricevuto la dispensa dall'esame di Stato. Iter a cui segue il diritto a essere iscritto negli stessi albi a cui possono iscriversi gli avvocati italiani.

La Cassazione precisa però che "lo scopo della direttiva 98/5 è, a norma del suo art. 1, primo comma, quello di facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato...in uno Stato membro diverso da quello nel quale è stata acquista la qualificazione professionale» e non già quello di regolare «l'accesso alla professione di avvocato» in detto Stato membro."

Ne consegue che "qualora nel valutare le singole domande d'iscrizione all'albo degli avvocati stabiliti i Consigli dell'Ordine rilevino la carenza dei requisiti necessari a tal fine dovranno negare l'iscrizione. Parimenti, qualora la carenza dei requisiti venga rilevata dopo l'iscrizione, dovranno procedere alla cancellazione."

La decisione delle SU trova conferma in una pronuncia risalente della Corte, la quale aveva concluso che "commette il reato di esercizio abusivo di una professione (art. 348 cod pen) il soggetto che spenda il titolo di avvocato ed apra in Italia uno studio legale, ancorché abilitato in Francia a esercitare la professione di "Avocat", se non abbia ottemperato alle condizioni normative previste dall'art. 2 della legge 9 febbraio 1982, n. 31 - che, peraltro, gli consentirebbero di esercitare la professione in Italia con carattere di temporaneità e con espresso divieto di stabilire nel territorio della Repubblica uno "studio" - o se non abbia seguito il procedimento di cui al d. Igs. 27 gennaio 1992, n. 115 per il riconoscimento del titolo in Italia."

Di recente si è inoltre affermato che per l'abilitazione all'esercizio dell'assistenza difensiva in un procedimento giurisdizionale davanti all'autorità giudiziaria italiana da parte di legale cittadino di uno Stato membro dell'Unione Europea prevede una formale comunicazione al presidente dell'ordine degli avvocati nella cui circoscrizione l'attività deve essere svolta, in difetto il professionista anche se nominato difensore dell'imputato - non è abilitato a svolgere attività di difesa. Corretta quindi la decisione del Tribunale in relazione al sequestro preventivo disposto.

Scarica pdf Cassazione n. 7079/2022

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