Le autorizzazioni di polizia non possono essere negate per la cattiva condotta di terze persone, ma solo per la condotta del diretto interessato

Dubbi sull'affidabilità

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Tutte le volte in cui il Ministero dell'Interno, la Prefettura e la Questura stanno per emettere provvedimenti negativi nei confronti di chi detiene legittimamente armi o dispone di una licenza, in quanto dubitano dell'affidabilità di questi, prima sono chiamati a rispettare una regola fondamentale ormai condivisa dalla giurisprudenza maggioritaria.

La regola è la seguente.

In caso di dubbio sull'affidabilità di un soggetto, magari perchè vive in un contesto familiare controindicato dove ci sono persone ad esempio coinvolte in procedimenti penali anche seri, per l'Amministrazione degli Interni non basta disporre di elementi indiziari sfavorevoli ed utilizzarli per emettere un divieto di detenzione armi a carico di quel soggetto, ma deve svolgere invece un'approfondita istruttoria tesa a svelare a tutto tondo la sua personalità.

La buona condotta

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Questo perchè, in generale, le autorizzazioni di polizia possono essere negate solo e soltanto nei casi di carenza della buona condotta dell'interessato, mai per la buona condotta di terze persone.

La Legge parla chiaro in proposito.

Eppure spesso il Ministero dell'Interno trascura questo fondamentale dato normativo e giurisprudenziale, finendo per emettere provvedimenti a dir poco discutibili.

Il contesto familiare controindicato

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Le sentenze hanno via via riproposto il mantra in virtù del quale i rapporti di parentela ed affinità con parenti pregiudicati non hanno una rilevanza se presi in considerazione da soli.

Vanno invece visti all'interno di un più ampio quadro valutativo.

Bisogna capire se, oltre al rapporto inserito nel contesto familiare controindicato si aggiungono altri elementi di valutazione come, per esempio, le frequentazioni effettive tra queste persone legate da vincolo di parentela, la loro reale prossimità, o qualsiasi altro elemento contingente che possa fare desumere il pericolo di abuso delle armi, sempre e solamente riferito alla persona interessata di cui stiamo parlando.

Questo perchè la valutazione dei requisiti soggettivi per il mantenimento della licenza, sebbene sia discrezionale, deve riguardare solo il destinatario dell'autorizzazione.

La conseguenza più immediata di questa impostazione è che l'eventuale provvedimento dell'Autorità, pensiamo ancora una volta al divieto di detenzione di matrice prefettizia, non può essere motivato con riferimento ai rapporti di parentela o affinità senza che sia dimostrato alcun pericolo di abuso nell'esercizio del titolo da parte dell'interessato.

Insomma non bastano gli indizi, come vorrebbe più di qualche volta il Prefetto.

La garanzia per un corretto utilizzo delle armi passa, secondo diverse sentenze amministrative di primo e secondo grado, attraverso un vaglio rigoroso ed ampio, non perimetrato al mero indizio, ma esteso all'analisi accurata di tutti gli elementi che la fattispecie presenta nel caso concreto.

Le sentenze

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Abbiamo accennato al richiamo di questo concetto all'interno delle diverse pronunce dei giudici amministrativi.

Qui, sul solco interpretativo indicato, si segnalano a titolo di esempio:

1. Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sezione Giurisdizionale, sentenza n. 195/22 pubblicata in data 14.02.2022;

2. Consiglio di Stato Sezione Terza, sentenza n. 2362/17;

3. Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sezione Giurisdizionale, sentenza n. 275 dell'08.06.2017.

In pratica

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In buona sostanza, per restare sul pratico: il fatto che la persona "sospettata" viva presso lo stesso numero civico del familiare con precedenti penali, oppure risieda nella stessa via all'interno dello stesso agglomerato urbano, non equivale a dimostrare una reale frequentazione tra loro.

La casistica in materia di diritto amministrativo delle armi è sterminata.

Una cosa è certa: per tutti i casi di emissione di un divieto di detenzione armi, munizioni e materie esplodenti, oppure per i casi di revoca del porto di fucile che abbiano in comune la caratteristica sopra spiegata, ossia la presenza di valutazioni amministrative arbitrarie fondate solo ed esclusivamente sugli indizi per arrivare a decretare l'inaffidabilità della persona, il ricorso va proposto senza pensarci due volte, soprattutto perché c'è il sostegno robusto delle sentenze citate come esempio e di molte altre.

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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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