Come può difendersi la vittima del revenge porn con gli strumenti messi a disposizione dal legislatore

Cos'è il revenge porn?

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Prima ancora di affrontare la tematica dei mezzi che la l'ordinamento penale mette a disposizione per la vittima di questo reato diamo la definizione di "Revenge Porn" (o "Revenge Pornography").
La norma in questione, al primo comma, fa una descrizione completa della condotta penalmente rilevante: "chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate".
Sotto il profilo strettamente legato al soggetto attivo, trattasi di reato comune, introducendo, la norma, con "chiunque", seppur precisando che deve trattarsi di diffusione di materiale realizzato o sottratto dall'autore del reato.
Ma vediamo con attenzione la condotta sanzionata dalla norma.

Trattasi di reato punito dall'art. 612-ter del codice penale quale "Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti".

La condotta punita dall'art. 612-ter c.p.

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La condotta punita consiste nella diffusione, cessione, consegna e pubblicazione di immagini o contenuti video a contenuto sessuale esplicito, in assenza del consenso della persona ritratta.

Proprio tale ultima circostanza (l'assenza di consenso) consiste nella condizione necessaria per l'integrazione del reato in questione.

Qual è lo scopo dell'autore di revenge porn?

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Sicuramente esercitare una forma di pressione, spesso espressione di una volontà di vendetta da parte dell'autore nei confronti della vittima, per qualche torto subito da quest'ultima, ad esempio una infedeltà coniugale, la conclusione di una relazione affettiva, o addirittura un guadagno economico.

Quali pene sono previste per chi commette questo tipo di reato?

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La pena applicata in caso di revenge porn è la reclusione da uno a sei anni (pena detentiva) e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000 (pena pecuniaria).

La medesima pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

È previsto un aumento della pena "se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici", ovvero "la pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza".

Ma veniamo ora al dunque!

Quali strumenti ha a disposizione la vittima di revenge porn?

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Innanzitutto la vittima potrà rivolgersi ai Carabinieri o alla Polizia di Stato e presentare una denuncia orale. Le verrà rilasciato un verbale di ricezione firmato dagli operanti e dalla vittima stessa.

Differentemente, qualora la volontà della persona offesa sia quella di attivarsi al fine di chiedere la punizione del responsabile penale, potrà depositare presso la Procura della Repubblica territorialmente competente un atto di denuncia querela (redatto dalla medesima o da un professionista del settore).

Il termine per la presentazione della querela è di sei mesi, aggiungendosi, così, il revenge porn a quei reati di allarme sociale tale da richiedere, anche ai fini del rafforzamento della tutela della vittima, un termine più dilatato rispetto a quello ordinario di tre mesi.

La remissione può essere soltanto processuale (altro caso quello dello stalking).

Si procede, tuttavia, d'ufficio nei casi di cui al quarto comma dell'art. 612 ter c.p., nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.

La vittima potrà, in un successivo giudizio e nella fase prevista, depositare un atto di costituzione di parte civile al fine di chiedere un risarcimento dei danni subiti dalla condotta del suo autore.

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Foto: 123rf.com
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