Come si prova la responsabilità ex art. 2051 c.c.? La CTU che ruolo può svolgere? Il caso trattato dal tribunale di Paola

Responsabilità ex art. 2051 c.c. e ruolo della CTU

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Come si prova la responsabilità ex art. 2051 c.c.? La CTU che ruolo può svolgere? Vediamo cosa prescrive il legislatore e cosa ha affermato negli anni la giurisprudenza e la recente decisione del tribunale di Paola.

La vicenda

La vicenda traeva origine da una richiesta per risarcimento danno da cosa in custodia.

Nello specifico, l'attore rivendicava la responsabilità del Condominio per i danni subiti a causa della caduta di un pezzo di cornicione.

Nella proposizione della domanda, l'attore provava meramente l'evento, senza dare una piena prova del danno e del suo quantum, rinviando tale incombenza all'esito della CTU.

La responsabilità ex art. 2051 c.c.

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Come sancito dal legislatore "Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose in custodia, salvo che provi il caso fortuito" (ex art 2051 c.c.).

È noto sia in dottrina che in giurisprudenza, che la responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cosa in custodia, sia rivestita da un carattere oggettivo, e ai fini della sua configurabilità, debba sussistere il nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso.

Giova rammentare, in tema di nesso eziologico, l'ormai consolidato orientamento della S.C. che ha statuito a riguardo << in tema di danno cagionato da cose in custodia è indispensabile per l'affermazione di responsabilità del custode, che sia accertata la sussistenza di un nesso di causalità tra la cosa ed il danno patito dal terzo, dovendo, a tal fine, ricorrere la duplice condizione che il fatto costituisca un antecedente necessario dell'evento nel senso che quest'ultimo rientra, tra le conseguenze normali ed ordinarie di esso, e che l'antecedente medesimo non sia neutralizzato, sul piano causale dalla sopravvenienza di circostanze da sole idonee a determinare l'evento>> (Cass. Civ. sez. II n. 2660/2013; Cass. N. 1680/2009).

Ordunque, in applicazione del dispositivo ex art 2051 c.c. si può dedurre che, se da un lato grava sul custode la prova del caso fortuito per liberarsi della presunzione di responsabilità, è doveroso l'ossequio dell'onere probatorio da parte del presunto danneggiato, talché egli abbia fornito, a sua volta ed in via prioritaria, la prova della relazione tra l'evento dannoso e la cosa in custodia. (Cass. Civ. n. 1896/2015).

A corroborare tale inciso sono sempre gli ermellini, statuendo che << posto che la responsabilità da cosa in custodia presuppone la dimostrazione certa da parte del danneggiato della sussistenza del nesso causale fra il bene in custodia e l'evento dannoso>> (Cass. Civ. 9259/2010)

Ebbene, si può affermare, che al di là dell'onere probatorio, che grava sul custode nel dimostrare il caso fortuito al fine di liberarsi della responsabilità da cosa in custodia, la suddetta responsabilità, deve prima essere dimostrata in modo certo ed inconfutabile dal danneggiato, attraverso la dimostrazione del nesso eziologico tra cosa ed evento.

Il ruolo della CTU

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Come noto la CTU è un mezzo di ausilio per il giudice, volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalla parte, la cui interpretazione richiede nozioni tecnico-scientifiche (Cass. 8989/2011).

È orientamento consolidato che essa non sia un mezzo di soccorso volto a sopperire all'inerzia delle parti, qualora la consulenza d'ufficio sia richiesta per acquisire documentazioni che la parte avrebbe potuto produrre, poiché la sua ammissione da parte del giudice comporterebbe lo snaturamento delle funzioni assegnate dal codice a tale istituto e la violazione del giusto processo ex art 111 Cost.

Si può ben comprendere, che la sua finalità, sia pertanto quello di ausiliare il giudice nel valutare e decidere quelle circostanze che richiedono competenze o nozioni che esulano dalle sue competenze e cognizioni.

Degna di nota in tal senso è la sentenza della S.C. n. 26839/2016 nella quale si è tenuto a precisare che "Secondo il consolidato orientamento di legittimità la consulenza tecnica di ufficio non è un mezzo istruttorio in senso proprio, avendo essa la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, onde non può essere superata al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prove, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti e circostanze non provati".

La decisione del Tribunale di Paola

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Il Tribunale di Paola, affermava che l'attore era riuscito a dimostrare la dinamica dell'incidente, ma non i danni invocati.

Infatti, l'attore nel corso dell'intero giudizio si era limitato a dedurre e chiedere il risarcimento dei danni fisici, demando il compito di accertarli e quantificarli alla CTU.

Con sentenza n. 684/2021 il Tribunale di Paola rigettava la domanda attorea precisando che "Tuttavia, sussiste - e non è emendabile attraverso una CTU esplorativa - il deficit probatorio e, prima ancora assertivo con riferimento ai danni invocati e, conseguentemente, al nesso di causalità rispetto all'evento traumatico. In assenza di minime basi oggettive di accertamento, i danni non possono ritenersi provati né, conseguentemente, può valutarsene la correlazione eziologica rispetto al trauma subito.In questo quadro nulla può aggiungere la CTU medico-legale richiesta, la quale non potrebbe ricercare conseguenze pregiudizievoli non dedotte né dare base oggettiva a quelle dedotte dallo stesso attore come temporanee e, quindi, ormai superate con la guarigione e non più accertabili attraverso eventuali strumenti diagnostici oggettivi, mentre, come detto, la documentazione in atti si limita a riportare la mera sintomatologia riferita dal medesimo attore".


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