Onere della prova nei contratti di mutuo fra privati: per il tribunale di Novara, in linea con la Cassazione, i messaggi WhatsApp costituiscono prova della sussistenza del contratto di mutuo

Contratto di mutuo e onere della prova

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Per il Tribunale di Novara (sentenza n. 566/2021 sotto allegata), in linea con la Cassazione, la sussistenza di elementi probatori quali gli screenshot di messaggi WhatsApp e Messenger, unitamente a copia di assegni la cui dazione non è contestata, portano a ritenere provato il contratto di mutuo.

La vicenda processuale

Nel corso di circa 3 anni, Tizio, su espressa richiesta di Mevia, amica di famiglia che versava in precarie condizioni economiche, le elargiva diverse somme di denaro a titolo di prestito, alcune in contanti, altre a mezzo assegni bancari. Trascorso un certo lasso di tempo, Tizio chiedeva a Mevia, anche a mezzo messaggi WhatsApp e Messenger, la restituzione delle somme. A detti solleciti Mevia rispondeva riconoscendosi debitrice delle somme ricevute nel tempo, impegnandosi alla restituzione. Verificato l'inadempimento di Mevia, Tizio la citava in giudizio chiedendo che il Tribunale accertasse e dichiarasse Mevia inadempiente dell'obbligo di restituire le somme concesse in prestito, con conseguente condanna alla refusione, oltre interessi. Di contro, Mevia, nel costituirsi, si limitava ad eccepire di non dovere a Tizio alcuna somma trattandosi di regalia conseguente alla relazione sentimentale in essere tra loro che, una volta interrottasi, aveva determinato Tizio a chiedere la restituzione di detti importi. Relazione comunque sempre negata.
Orbene, in disparte anche l'impertinenza della presunta relazione, il Tribunale accoglieva la domanda proposta da Tizio e condannava Mevia, sulla scorta delle prove documentali prodotte dalla difesa di Tizio (tra queste i due assegni bancari), ma soprattutto in ragione del riconoscimento di debito proveniente dai messaggi di risposta, nei quali da un lato la convenuta riconosceva di dover restituire dette somme, dall'altro mai faceva riferimento all'ipotesi di un eventuale atto di liberalità intervenuto in costanza di una "denunziata" relazione intima/sentimentale.

L'onere della prova nel contratto di mutuo per la Cassazione

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Tale pronuncia conferma un orientamento ormai consolidato della Suprema Corte la quale riconosce che, laddove il creditore chieda la restituzione di somme date a mutuo è tenuto a provare, ex art. 2697, primo comma, c.c., gli elementi costitutivi della domanda, e quindi non solo la consegna ma anche il titolo della stessa, da cui derivi l'obbligo della vantata restituzione.
Infatti, l'esistenza di un contratto di mutuo non può essere desunta dalla mera consegna di assegni o somme di denaro contanti essendo l'attore tenuto a dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto (il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma, ne deduca una diversa ragione) possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e come tale determinare l'inversione dell'onere della prova (ex multis Cass. Civile n. 24328 del 16/10/2017).

I messaggi WhatsApp costituiscono prova dell'esistenza del mutuo

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Pertanto, qualora l'attore fondi la sua domanda su un contratto di mutuo, la contestazione da parte del mutuatario circa la causale del versamento non si tramuta in eccezione, in senso sostanziale tale da invertire l'onere della prova, giacchè la negazione dell'esistenza del contratto si traduce in una contestazione del titolo posto alla base della domanda (nel caso di specie, la convenuta riconosce di aver ricevuto una somma di denaro, ma ne indica la ragione in una donazione), rimanendo così fermo l'onere della prova a carico dell'attore che, si ribadisce, è stato pienamente assolto da Tizio.
Infatti, risultano agli atti di causa i messaggi inviati da Mevia (che non ne ha contestato la provenienza), il cui contenuto è evidentemente confessorio; palmare evidenza - poi - che detti messaggi costituiscono la prova certa della sussistenza di un contratto di mutuo e non di una mera regalìa, atteso che proprio la volontà di donare tali somme risulta smentita dal contenuto dei messaggi di Mevia.


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Avv. Francesco Paolo MASTROVITO

Avv. Tiziana DI GABRIELE

Scarica pdf Trib. Novara sentenza n. 566/2021

Foto: 123rf.com
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