Per la Cassazione, il dipendente pubblico non vanta un diritto assoluto a ottenere l'avvicinamento nel luogo di domicilio del soggetto da assistere

Legge 104: il dipendente non vanta un diritto assoluto all'avvicinamento

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La dipendente del settore pubblico che ha una madre portatrice di handicap, che la rende invalida al 100%, non vanta solo per questo un diritto assoluto a ottenere l'avvicinamento per poter lavorare nella sede che le consente con più comodità di curare e assistere l'anziano genitore invalido. La scelta è sempre rimessa alla Pubblica Amministrazione "ove possibile". Occorre infatti considerare che trattandosi di un rapporto di lavoro nel settore pubblico, le scelte della P.A datrice assumono un rilievo particolare perché tale cambiamento organizzativo potrebbe incidere negativamente sul funzionamento del servizio pubblico reso alla collettività. Queste le precisazioni contenute nella sentenza della Cassazione n. 22885/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

Una dipendente del Ministero della Giustizia chiede il trasferimento nella sede più vicina alla madre, invalida al 100%. Il Giudice di primo grado e di appello però rigettano la richiesta nonostante quanto sancito dall'art. 33, comma 5, legge n. 104/1992. Il Tribunale di primo grado e la Corte di appello spiegano che la norma invocata dalla dipendente non riconosce un diritto assoluto al trasferimento. La norma infatti precisa che solo, ove possibile, il dipendente può scegliere la sede di lavoro più vicina al luogo del domicilio della persona che deve assistere.

Non si può subordinare il diritto di scelta alla discrezionalità della P.A

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La dipendente propone quindi ricorso in Cassazione, contestando la decisione dei giudici di appello perché in pratica hanno subordinato a un potere discrezionale dell'amministrazione datrice, il diritto della stessa di poter scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della mamma, bisognosa a causa di un grave handicap, della sua assistenza.

La concessione dell'avvicinamento è rimessa alla volontà della P.A

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La Cassazione però respinge il ricorso della dipendente. Per gli Ermellini la Corte di appello ha interpretato correttamente la giurisprudenza di legittimità in materia, la quale in diverse occasioni ha avuto modo di affermare che, il diritto di scelta del dipendente della sede di lavoro più vicina a quello in cui ha il domicilio la persona invalida che necessita di assistenza non è un diritto soggettivo assoluto e illimitato. Esso infatti è comunque subordinato al potere organizzativo della Pubblica Amministrazione datrice. Spetta a questa, in base alle proprie necessità organizzative, la decisione di rendere o meno disponibile il posto attraverso l'adozione di un provvedimento che disponga la copertura del posto vacante.

L'inciso che il legislatore ha volutamente utilizzato, ossia "ove possibile" comporta il necessario equilibrio di due interessi che si pongono ovviamente in conflitto:

  • da una parte l'interesse del dipendente a ottenere il trasferimento presso la sede più comoda che gli consente di assistere il parente;
  • dall'altra l' interesse economico-organizzativo dell'amministrazione datrice.

Un bilanciamento che risulta particolarmente importante nell'ambito del rapporto di lavoro pubblico, visto che si riflette anche sull'interesse della collettività.

Il trasferimento deve considerarsi uno strumento indiretto per tutelare le persone colpite da invalidità mediante l'agevolazione del familiare, dipendente pubblico, a scegliere dove svolgere la sua attività lavorativa. Il tutto al fine di conciliare l'attività lavorativa con funzione solidaristica di assistenza e cura dell'invalido, anche se questo non è l'unico modo per garantire e perseguire la solidarietà assistenziale.

In ogni caso questa possibilità non può creare problemi e pregiudicare le necessità economiche, produttive o organizzative della P.A datrice, perché il pregiudizio si riflette inevitabilmente sul funzionamento del servizio pubblico e quindi sulla collettività.

Infine, precisa la Corte, la disponibilità del posto nella sede di trasferimento, è senza dubbio una condizione necessaria, ma non sufficiente. La P.A datrice infatti è comunque libera di decidere di se coprire un posto vacante o individuare altre soluzioni.

Leggi anche:

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Scarica pdf Cassazione n. 22885/2021

Foto: 123rf.com
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