Per la Cassazione se uno dei conviventi more uxorio paga di più per la casa non è detto che lo faccia per spirito di liberalità verso la compagna

Casa dei conviventi da dividere: cosa succede se lui ha pagato di più?

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Se la casa viene acquistata da una coppia more uxorio occorre valutare il maggiore esborso economico sostenuto dall'uomo. Errato infatti considerare questo gesto come un gesto di generosità verso la ex compagna solo perché la coppia ha dato vita a e una convivenza more uxorio. Queste le precisazioni contenute nella Cassazione n. 20062/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

In una causa di divisione di un immobile di due conviventi il giudice di primo grado decide di attribuirlo all'uomo, previo pagamento di un conguaglio in favore della donna, visto che entrambi si sono accollati il mutuo. La Corte di appello però, adita dalla donna, rigetta il motivo dell'impugnazione incidentale con il quale l'uomo chiede di dover tenere conto del maggior contributo economico dato al momento dell'acquisto. La Corte però ritiene che la quota eccedente degli oneri sostenuti dall'uomo siano stati comunque compiuti con un intento di liberalità, giustificato dalla convivenza more uxorio.

L'esborso tra conviventi non è sempre un'obbligazione naturale

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Parte soccombente però ricorre in Cassazione sollevando due motivi di ricorso.

  • Con il primo sostiene l'acquisizione della prova da parte della Corte di Appello relativa al maggiore esborso sostenuto dallo stesso per l'immobile, capace di superare la presunzione di parità delle quote di cui all'art. 1298 c.c.
  • Con il secondo invece presenta due censure. Con la prima rileva che la Corte di appello non ha considerato che, se vi è stata liberalità, come dalla stessa sostenuta, questa avrebbe richiesto la forma scritta. Con la seconda invece contesta alla Corte di avere attribuito valore di obbligazione naturale al maggior contributo dato dallo stesso per l'acquisto dell'immobile.

La convivenza non è sufficiente a dimostrare lo spirito di liberalità

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La Corte, dopo aver esaminato le doglianze del ricorrente, rigetta il primo motivo perché infondato mentre accoglie il secondo nei limiti che si vanno a esporre.

La Corte, per quanto riguarda il primo motivo, rileva il richiamo improprio all'art. 1298 c.c. Nel caso di specie si deve fare applicazione di quanto sancito dall'art. 1101 c.c., che prevede la presunzione di parità delle quote salvo prova contraria. Nella sentenza impugnata l'acquisto dell'immobile è avvenuto per quote indivise e paritarie, come indicato nel titolo. Deve quindi ritenersi che la comunione, indipendentemente dall'esborso, deve considerarsi paritaria. In situazioni del genere chi paga di più ha solo un diritto di credito maggiore.

Per quanto riguarda invece il secondo motivo la Corte giudica infondata la prima censura perché lo stesso ricorrente riconosce che il denaro per l'acquisto dell'immobile non è stato dato alla compagna ma al creditore, per cui trattasi di adempimento del terzo fatto per spirito di liberalità, ossia una donazione indiretta che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non richiede la forma scritta.


Fondata invece la seconda censura perché l'animus donandi va provato, mentre la Corte di Appello ha desunto lo spirito di liberalità dalla sola convivenza more uxorio. Un approccio che però la Cassazione giudica sbrigativo perché così facendo non si è preoccupata neppure di verificare la rilevanza del maggior esborso del ricorrente in relazione all'acquisto dell'immobile e al pagamento delle rate del mutuo, trascurando che l'obbligazione solidale, se non è stabilito diversamente, si divide in parti uguali tra i condebitori, per cui chi paga l'intero ha diritto di ripetere dall'altro la metà di quanto corrisposto al creditore comune.

Scarica pdf Cassazione n. 20062/2020

Foto: 123rf.com
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