Per le sezioni unite della Cassazione va censurato l'avvocato che insulta un collega fuori dalla cancelleria, non rileva che l'ingiuria non sia più reato né il luogo in cui è stato commesso il fatto

Avvocato insulta collega mentre è in fila per entrare in Cancelleria

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Censura per l'Avvocato che offende e insulta un collega mentre è in fila per entrare in Cancelleria. Poco importa che l'ingiuria non è più punita come reato. La condotta dell'avvocato, improntata a dignità, decoro, continenza, correttezza e lealtà nei confronti dei colleghi non si limita alle aule dei tribunali. L'illecito disciplinare sarebbe scattato comunque perché i suddetti principi devono essere rispettati anche al di fuori del contesto strettamente professionale. Confermata quindi la decisione del CNF con la sentenza a Sezioni Unite della Cassazione n. 20383/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

Il C.N.F conferma la sanzione della censura per la riconosciuta responsabilità di un avvocato nell'aver violato con la propria condotta gli articoli 5, 6, 20 e 21 del Codice di Deontologia Forense. Il 20 aprile del 2011, mentre era in attesa di accedere alla Cancelleria dei decreti ingiuntivi del Tribunale di Bologna si rivolgeva a un collega pronunciando ad alta voce frasi volgari e offensive nei suoi confronti.

Per il C.N.F non rileva il venire meno della rilevanza penale del reato dell'ingiuria. L'illecito conserva la sua valenza disciplinare in quanto integra la violazione dei doveri di dignità e decoro, con conseguente compromissione dell'immagine dell'intera classe forense, ma anche perché viola il dovere deontologico di mantenere nei confronti dei colleghi una condotta improntata a lealtà e correttezza.

L'ingiuria non è più reato: rileva a livello disciplinare?

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L'avvocato nel ricorrere in Cassazione avverso la sentenza del CNF rileva, tra i vari motivi di doglianza, la violazione e la falsa applicazione degli articoli 5, 6, 20 e 22 del previgente Codice Deontologico ritenendo decisivo, contrariamente a quanto sostenuto dal CNF, il venir meno del rilievo penale dell'ingiuria.La sua condotta inoltre non può ritenersi lesiva dell'immagine dell'avvocatura, non solo perché l'episodio non si è verificato in un contesto strettamente professionale o processuale, ma anche perché non ne è derivata alcuna risonanza sociale negativa.

Sul punto l'avvocato precisa che gli articoli 20 e 22 del Codice Deontologico richiedono, per l'integrazione dell'illecito disciplinare, che le espressioni offensive e sconvenienti vengano pronunciate durante lo svolgimento diretto dell'attività professionale e che sussista un attivo coinvolgimento delle parti, condizioni che nel caso di specie non si sono verificate visto che l'episodio si è verificato all'esterno di una Cancelleria e che con il collega non vi era mai stato alcun rapporto o contatto precedente.

L'avvocato deve sempre tenere una condotta leale e decorosa

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Per la Cassazione però, che conclude per il rigetto del ricorso, il motivo sollevato dall'avvocato è manifestamente infondato. Prima di tutto gli Ermellini richiamano il contenuto delle disposizioni del Codice Deontologico vigente all'epoca dei fatti (peraltro presenti anche nel nuovo testo aggiornato), che si vanno a elencare:

  • (art.5) "L'avvocato deve ispirare la propria condotta all'osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro. (...). L'avvocato è soggetto a procedimento disciplinare per fatti anche non riguardanti l'attività forense, quando si riflettano sulla sua reputazione professionale o compromettano l'immagine della classe forense. (...);

  • (art. 6) "L'avvocato deve svolgere la propria attività professionale con lealtà e correttezza. (...)"

  • (art. 20) "Indipendentemente dalle disposizioni civili e penali, l'avvocato deve evitare di usare espressioni sconvenienti od offensive negli scritti in giudizio e nell'attività professionale in genere, sia nei confronti dei colleghi che nei confronti dei magistrati, delle controparti e dei terzi";

  • (art. 22) "L'avvocato deve mantenere sempre nei confronti dei colleghi un comportamento ispirato a correttezza e lealtà".

Per la Cassazione la sentenza del CNF spiega con precisione le modalità in cui si sono verificati i fatti e le prove che hanno supportato la decisione e osserva che la condotta del legale si è manifestata con frasi volgari dal contenuto indubbiamente ingiurioso e offensivo e proprio durante lo svolgimento dell'attività professionale.

"Tra le (incontestate) modalità del fatto rileva poi come il comportamento del ricorrente sia stato tenuto all'interno di un ufficio del Tribunale di Bologna (l'ufficio decreti ingiuntivi), in occasione della richiesta di rilascio di copia di un atto giudiziario ed alla presenza di altri avvocati, oltre che del personale amministrativo dell'ufficio stesso. Contrariamente a quanto vorrebbe il ricorrente, la natura professionale del contesto di consumazione dell'illecito è stata dal Consiglio Nazionale Forense esattamente affermata, non potendo essa escludersi per il solo fatto che la condotta non sia stata tenuta in un ambito strettamente processuale, ovvero alla presenza delle parti."

Come già affermato dal C.N.F anche la Cassazione chiarisce che in ogni caso la condotta tenuta dall'avvocato avrebbe avuto rilievo disciplinare anche al di fuori del contesto professionale.

A ribadirlo di recente anche la SU n. 4994/2018 "In tema di responsabilità disciplinare dell'avvocato, l'illecito contemplato dall'art. 5 del previgente codice deontologico rimane integrato in ogni ipotesi di violazione dell'obbligo deontologico di probità, dignità e decoro, sia quando l'avvocato agisca in qualità diversa da quella professionale sia - ed a "fortiori" - nell'esercizio del suo ministero."

Confermate anche le conclusioni del C.N.F sulla irrilevanza della sopravvenuta depenalizzazione del reato d'ingiuria, tanto più che l'ordinamento forense pone a carico dell'avvocato l'obbligo di rispettare i principi di dignità, probità, decoro e continenza anche e indipendentemente da quanto sancito dalle disposizioni civili e penali.

Leggi anche:

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Scarica pdf SU Cassazione n. 20383/2021

Foto: 123rf.com
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