Licenza di porto di fucile per uso tiro a volo. Ricorso per annullamento del decreto di rigetto dell'istanza di rinnovo. La sentenza del Tar Lazio

Porto di fucile uso tiro a volo

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Una persona, tramite il proprio difensore, si rivolge al giudice chiedendo l'annullamento del decreto con il quale il Questore ha respinto la sua istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso tiro a volo.

Il rigetto amministrativo

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L'amministrazione basa il rigetto sulla circostanza dell'adozione, a carico dell'interessato, di un decreto penale di condanna a pena pecuniaria per violazione degli articoli 624 e 625 codice penale, poichè tali delitti incidono evidentemente sull'affidabilità alla detenzione, porto e uso di armi.

Il ricorrente, che ha beneficiato per tanti anni del porto d'armi senza mai ricevere alcun rimprovero, chiarisce subito di aver presentato l'opposizione al decreto penale di condanna e che il reato contestato riguarda, in realtà, l'ipotesi di furto di energia elettrica nella sua qualità di amministratore di una s.r.l.

Spiega inoltre di aver presentato una memoria difensiva dopo la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, dove ha vanamente ricostruito l'iter della vicenda in quanto l'amministrazione non ne ha tenuto conto; inoltre spiega di aver ricevuto un decreto ingiuntivo da parte della società distributrice dell'energia elettrica, cui però è stata negata la provvisoria esecutività.

Il caso risolto dal Tar

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La Sezione Prima del Tar Lazio -Latina- cui si è rivolto l'interessato (sentenza n. 408 pubblicata in data 28.06.2021) precisa che l'opposizione a decreto penale di condanna instaura un giudizio autonomo, solo all'esito del quale è possibile ritenere l'imputato colpevole o innocente: per cui un decreto penale opposto non può mai essere considerato, di per sé, equivalente ad una condanna.

Proprio alla luce della vicenda penale che, tra l'altro, non riguarda direttamente l'interessato ma il suo coinvolgimento nella mera qualità di amministratore di una società di capitali, l'amministrazione deve essere quindi chiamata a motivare più approfonditamente e congruamente sulle ragioni del diniego e sulla inaffidabilità presunta all'uso delle armi, anche collegandola alla personalità dell'interessato e alla sua condotta negli anni.


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