I presupposti affinché la procedura di stabilizzazione possa assumere efficacia sanante sul pregiudizio subito dal lavoratore per la corte di legittimità

Effetto sanante della stabilizzazione: la giurisprudenza

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Le prime pronunce di portata storica sulla questione, le celebri sentenze nn. 22552-22557, del 16 ottobre 2016, hanno introdotto il principio dell'effetto sanante della stabilizzazione del personale precario del Comparto Scuola, beneficiario, in forza dell'art. 1, comma 95, l. 13 luglio 2015, n. 107, di un piano straordinario di assunzioni riguardante il personale docente dell'anno scolastico 2015/2016.

La Corte di Cassazione ritenne allora che la procedura di stabilizzazione introdotta nel 2015, avesse un'efficacia, per così dire, sanante sugli illeciti rappresentati dall'abusiva reiterazione di contratti a termine. Tale efficacia è stata ritenuta sussistere non solo nel caso di assegnazione immediata del posto di ruolo bensì anche in quello in cui l'interessato avesse beneficiato dell'immissione nel ruolo in tempi definiti, rappresentati nella fattispecie dallo scorrimento della graduatoria fino ad esaurimento.
Nelle ampie motivazioni fornite dalla Suprema Corte non mancò la distinzione, rispetto al caso sottoposto al suo esame, della stabilizzazione intesa come astratta chance del lavoratore, ritenuta al contrario una misura non sufficientemente adeguata a sanzionare l'abuso dei contratti a termine e, di conseguenza, a cancellare le conseguenze della violazione della normativa di origine europeista, appunto perché connotata da una eccessiva incertezza. In ipotesi del genere, è stato ritenuto che la mancanza di una prospettiva di stabilizzazione ben definita non sia idonea ad eliminare dal mondo giuridico le conseguenze dell'abuso dei contratti a termine, riconoscendo così il diritto al risarcimento del danno patito dal lavoratore nei termini previsti dall'Accordo quadro, allegato alla Direttiva 1999/70/CE.

Il principio dell'efficacia riparatrice della stabilizzazione

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Il principio dell'efficacia riparatrice della stabilizzazione è stato, ovviamente, ritenuto applicabile ai diversi settori, o comparti, del pubblico impiego privatizzato mai, però, concludendo per un semplice automatismo tra l'assunzione in ruolo e la riparazione dell'abusiva successione di contratti a termine.

Nel 2018, invero, la Suprema Corte ha respinto i ricorsi di un ente pubblico volti a sostenere la tesi dell'efficacia sanante dell'illecita reiterazione dei contratti a termine a seguito della immissione in ruolo di ex precari storici dello stesso ente (sentenza del 20 marzo 2018, n. 6935), in mancanza di prova della "stretta correlazione fra abuso del contratto a termine e procedura di stabilizzazione, indispensabile per far ritenere quest'ultima misura equivalente alla conversione". In particolare, nella fattispecie l'ente si era limitato a rappresentare che il dipendente era stato assunto senza fornire altre indicazioni sulle modalità e sulle condizioni di ammissione alla procedura.

In altro caso, la Corte ha escluso l'applicazione del principio riparatore della stabilizzazione, qualora avvenute alle dipendenze di soggetti diversi dall'ente pubblico responsabile del comportamento abusivo (sentenza 30 marzo 2018, n. 7982, nella fattispecie, si trattava di una società vigilata dallo stesso).

E' stato chiarito, inoltre, che l'immissione in ruolo del lavoratore vittima dell'abusiva reiterazione dei contratti a termine, costituisce misura idonea a "riparare" le conseguenze pregiudizievoli dell'abuso solo se ricollegabile alla successione dei contratti a termine con rapporto di causa-effetto, il che si verifica quando la stabilizzazione del personale precario avvenga attraverso percorsi riservati a detto personale. A tale scopo non basta sostenere che l'immissione in ruolo dei dipendenti è stata agevolata dall'esperienza acquisita nelle precedenti assunzioni a termine, che aveva loro consentito di risultare vincitori dei concorsi banditi per le assunzioni.

Efficacia di tipo sanante nel settore scolastico

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Occorre un elemento in più per configurare un'efficacia di tipo "sanante", che la Suprema Corte ha individuato (vedi da ultimo la sentenza della sezione lavoro n. 14815/2021), nella correlazione fra abuso del contratto a termine e la procedura di stabilizzazione, sia sotto il profilo soggettivo (entrambe le procedure devono provenire dal medesimo ente pubblico datore di lavoro), sia sotto il profilo oggettivo, nel senso, per l'appunto dell'esistenza di un rapporto di causa ed effetto tra abuso ed assunzione. Affinché tale rapporto di correlazione possa considerarsi esistente, occorre che l'assunzione sia stata "determinata" dall'abusiva reiterazione di contratti a termine e non soltanto che l'abuso dei contratti rappresenti un'agevolazione nell'ambito della procedura di stabilizzazione.

Quindi, la relazione causale tra abuso del contratto a termine da un lato e stabilizzazione dall'altro, deve essere diretta ed immediata in modo da porsi sullo stesso piano del rapporto intercorrente tra abuso e il danno risarcibile, intervenendo, con effetto opposto, a neutralizzare l'effetto pregiudizievole.

Ciò, ad esempio, è quanto accaduto nel settore scolastico, lì dove il rapporto diretto ed immediato scaturiva dall'assunzione in ruolo per effetto automatico della reiterazione dei contratti a termine oppure all'esito di procedure riservate ai dipendenti al fine di superare il precariato, le quali abbiano una ragionevole certezza di stabilizzazione.
La Corte di Giustizia Europea ha avallato questo orientamento, ritenendolo compatibile con la direttiva 1999/70/CE, in particolare con la clausola 5, punto 1, dell'Accordo quadro, la quale deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale che esclude per i dipendenti pubblici che hanno beneficiato della stabilizzazione un diritto al risarcimento pecuniario allorché una siffatta trasformazione non è incerta o aleatoria.
Nel caso in cui, invece, l'immissione in ruolo avviene all'esito di una procedura di tipo concorsuale, l'assunzione non è in relazione immediata e diretta con l'abuso ma, piuttosto, è l'effetto diretto del superamento della selezione di merito in ragione di capacità e professionalità proprie del dipendente.
Il principio della inidoneità di una procedura concorsuale per l'immissione in ruolo a sanzionare l'abuso del contratto a termine non è messo in discussione nelle ipotesi in cui l'amministrazione bandisca concorsi riservati, interamente o per una quota di assunzioni, ai dipendenti già impiegati con una successione di contratti a termine, procedure svincolate da qualsiasi finalità di riparazione dell'abusiva successione di detti contratti. Infatti, in casi del genere, l'abuso opera come mero antecedente remoto dell'assunzione ed offre al dipendente precario una mera occasione di assunzione, la cui efficacia riparatoria è esclusa dalla Corte di Cassazione.


avv. Pierpaolo Lucifora - giuslavorista


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