Il Tribunale di Perugia a difesa dell'effettività della mediazione: sanzione già dalla prima udienza per chi si rifiuta di discutere in sede di mediazione, che equivale a mancata partecipazione

Riforma giustizia civile: più spazio alla mediazione

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Le "Alternative Dispute Resolution" (Strumenti di risoluzione alternativa delle controversie) sono indubbiamente al centro dei progetti di riforma della giustizia civile, come emerge dai recenti emendamenti del Governo che traducono in lettera quanto previsto dal Piano per la ripresa e la resilienza (PNRR).


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In realtà, negli ultimi anni diversi giudici italiani si sono pronunciati spesso nell'intento di garantire effettività agli strumenti alternativi, in particolare per quanto riguarda la mediazione, la quale, in diverse controversie, si pone come come condizione di procedibilità della domanda.


Ne è un esempio il recente provvedimento (qui sotto allegato), datato 4 maggio 2021, con cui il Tribunale di Perugia (estensore Paini) ha condannato la compagnia assicurativa convenuta, che non si era resa disponibile a discutere la causa in sede di mediazione, a una sanzione pecuniaria già dalla prima udienza, senza dunque attende la pronuncia della sentenza definitiva.

Mediazione: sanzione già alla prima udienza se si rifiuta di discutere

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Nel caso in esame, le parti erano state rinviate in mediazione trattandosi di causa inerente contratti assicurativi, materia per cui, ai sensi dell'art. 5 del D.L. n. 28/2010, l'esperimento del procedimento è condizione di procedibilità della domanda giudiziaria.


Concesso alle parti il termine per l'avvio della procedura, viene fissata la data dell'udienza di rinvio, tenutasi lo scorso 4 maggio con la modalità della trattazione scritta come previsto dai provvedimenti in materia di misure di contenimento dei contagi da Covid-19. In tale occasione, il magistrato ha rilevato il rifiuto di parte convenuta a dare inizio alla discussione.


Di conseguenza, premesso il "carattere obbligatorio della mediazione in questione", il provvedimento in esame ritiene che il contegno di parte convenuta, di fatto, vada considerato alla stregua di "una mancata partecipazione alla mediazione, avendo impedito il realizzarsi delle finalità per le quali è stato introdotto l'istituto in esame".


L'art. 8, comma 4-bis, del D.L. n. 28/2010 prevede che dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice possa desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Ancora, prevede che nei casi di cui al citato art. 5 del D.L. n. 28/2010, qualora la parte costituita non abbia partecipato al procedimento senza giustificato motivo, la stessa sia condannata al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.


Ed è quanto avvenuta nella vicenda in esame, in cui il Tribunale condanna la convenuta al pagamento in favore della Cassa delle ammende dell'importo di euro 518,00 pari al contributo versato per il giudizio, ferma restando la valutabilità della condotta dalla parte convenuta anche ai sensi degli artt. 116 e 96 del codice di procedura civile.


La peculiarità del caso consiste proprio nel fatto che la condanna sia intervenuta prima che il giudice si fosse pronunciato sulla vicenda con sentenza definitiva; infatti, con lo stesso provvedimento il magistrato ha rinviato la causa a nuova data per il prosieguo.

Il contrasto giurisprudenziale

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Secondo l'interpretazione fornita dal Tribunale di Perugia, dunque, la condotta della parte che rifiuti di partecipare alla discussione, mantenendo al tavolo della mediazione un comportamento tale da non volersi approcciare ad alcuna interlocuzione utile con l'istante, va considerato alla stregua di una "una mancata partecipazione alla mediazione".


Si tratta di un orientamento che trova precedenti nella giurisprudenza di merito, anche se recentemente (in un obiter dictum all'interno della sentenza n. 8473/2019) la Cassazione sembra aver affermato il contrario, con non poche polemiche. La pronuncia si innesta all'interno di un dibattito che aveva visto scontrarsi nella giurisprudenza due orientamenti, l'uno dominante e l'altro recessivo e a quest'ultimo sembra aver dato seguito la pronuncia.

La sentenza n. 8473/2019 della Corte di Cassazione

Nel dettaglio, la Corte ha fornito una risposta alle seguenti domande: quando si può ritenere che il tentativo di mediazione obbligatoria sia utilmente concluso, ai fini di ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità? È sufficiente che le parti compaiano, assistite dai loro avvocati, per il primo incontro davanti al mediatore o è necessario che si dia effettivo corso alla mediazione?


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In breve, in tale occasione gli Ermellini hanno concluso nel senso di ritenere che "la condizione di procedibilità può ritenersi realizzata alla termine del primo incontro davanti al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità di procedere oltre".

La diversa posizione del Tribunale di Firenze

Da questo provvedimento si è apertamente discostato il Tribunale di Firenze (sent. 8 maggio 2019), in aperta difesa dell'effettività della mediazione, richiamando a sostegno tutta una giurisprudenza conforme.


Come si legge nel provvedimento "ridurre l'esperimento del procedimento di mediazione, ai fini della procedibilità, a una mera comparizione delle parti innanzi al mediatore per ricevere un'informazione preliminare sulle finalità e modalità di svolgimento della mediazione e per dichiarare semplicemente che non c'è volontà di mediare, comporta un elevato rischio che tutto il procedimento divenga un vuoto rituale".


In pratica, qualora le parti non si confrontino minimamente, in ottica conciliativa, sulle questione oggetto di causa, le stesse vengono meno all'onere di procedere a mediazione effettiva. Ai fini della procedibilità, dunque, non sarebbe sufficiente, come invece ritenuto dalla Cassazione, il deposito dell'istanza e la partecipazione al primo incontro informativo.

Sanzione pecuniaria già alla prima udienza

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La recente ordinanza del Tribunale di Perugia, inoltre, aderisce anche alla tesi secondo cui la condanna alla sanzione pecuniaria prevista dal D.L. 28/2010 possa essere disposta anche già in prima udienza. In particolare, con ordinanza del 29 luglio 2015, il Tribunale di Palermo ha già chiarito che "se non viene addotta alcuna ragione della mancata partecipazione o se il motivo fatto valere non è ritenuto dal giudice giustificato la condanna è automatica", in quanto la legge non attribuirebbe al giudice alcun potere discrezionale.


La norma, chiarisce il giudice siciliano, prevede che in assenza di giustificato motivo il "giudice condanna" e non è utilizzata l'espressione "può condannare", che sarebbe stata invece indicativa di una facoltà attribuita al giudice. Si rratta di una condizione per garantire l'efficace svolgimento della mediazione obbligatoria, che vuole stimolare i litiganti a tentare di trovare l'accordo.


Ciò vale per la sola parte costituita, poiché "mai comunque si può condannare chi, non comparso in mediazione, sia rimasto contumace pure in giudizio", nonostante la sua mancata comparizione in mediazione rimanga ingiustificata, in quanto si tratterebbe di una "sanzione indiretta della contumacia a forte rischio di incostituzionalità".

Scarica pdf Tribunale di Perugia 4 maggio 2021

Foto: 123rf.com
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