Per la Cassazione, commette reato di stalking giudiziario l'avvocato che intraprende pretestuosamente decide di causa con il solo scopo di molestare e aggredire i nemici

Reato di stalking giudiziario

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Commette reato di stalking giudiziario l'avvocato che intraprende 39 azioni contro i suoi nemici. Corretta quindi e legittima la misura cautelare della sospensione dall'attività per un anno, finalizzata a scongiurare non solo la reiterazione del reato, ma anche l'inquinamento delle prove. L'avvocato minimizza, le cause non sarebbero 105, ma "solo" 39, le restanti sono impugnazioni. La Cassazione però nella sentenza n. 11429/20121 (sotto allegata) conferma le decisione sulla sospensione dall'attività e resta ferma sulle sue posizioni anche quando il legale lamenta danni economici. Le sue azioni giudiziarie reiterate non sono sono giustificabili perché finalizzate solo molestare e aggredire. Cerchiamo però ora di capire passo per passo cosa è successo.

Il Tribunale conferma l'ordinanza con cui il G.i.p ha previsto l'applicazione all'indagato della misura cautelare che prevede il divieto di esercitare la professione di avvocato per la durata di un anno in quanto gravemente indiziato del delitto continuato di atti persecutori (art. 612 bis c.p) mediante il ricorso sistematico, strumentale e incessante ad azioni giudiziarie.

Sospensione dall'attività professionale per l'avvocato

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Il difensore dell'indagato a questo punto ricorre in Cassazione sollevando i seguenti motivi di ricorso.

  • Con il primo fa presente che le condotte ascritte al legale risalgono al 2007 e che quando è entrato in vigore l'art. 612 bis c.p, che punisce gli atti persecutori, molti dei 39 giudizi oggetto d'incolpazione si erano conclusi in primo grado, per cui anche se l'attività è proseguita in virtù del principio del favor rei il Tribunale avrebbe quindi dovuto revocare la misura, perché non si può privare un cittadino del diritto di difendersi e lavorare.
  • Con il secondo precisa che la sospensione dell'attività legale avrebbe dovuto coinvolgere solo quella relativa alle parti offese.
  • Con il terzo contesta la misura cautelare applicata perché non idonea a evitare la reiterazione, ma solo a recare un ingiusto pregiudizio economico all'indagato.
  • Con il quarto fa presente che il Tribunale ha considerato lecite le azioni in giudizio e che nell'attività dell'indagato era del tutto assente l'intento di molestia.
    Il Collegio ha poi errato nell'identificare il responsabile, le persone offese e il numero delle cause pendenti.
  • Con il quinto si evidenzia l'operatività della scriminante del diritto di difesa visto che sono le persone offese a proporre denunce penali nei confronti dell'indagato.
  • Con il sesto infine evidenzia la mancata indicazione della durata del divieto imposto.

Legittima sospensione per impedire reiterazione inquinamento delle prove

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La Corte di Cassazione, dopo essersi soffermata analiticamente sui singoli motivi del ricorso, respinge il ricorso perché inammissibili. Vediamo perché.

Il primo motivo è inammissibile perché le doglianze in esso esposte non sono state svolte in sede di gravame, in ogni caso esse sono infondate, in quanto le condotte per le quali il soggetto è stato indagato presentano una notevole gravità indiziaria e hanno inizio dal marzo 2016, ossia dopo l'inserimento della norma che contempla il reato di atti persecutori nel codice penale.

Il secondo motivo è inammissibile per assenza di specificità in quanto ripropone le stesse doglianze già sollevate in appello, senza criticare il provvedimento a cui si riferisce.La Cassazione ricorda inoltre che non rientra tra i suoi poteri rivalutare le condizioni soggettive dell'indagato in relazione alle esigenze cautelari adottate nei suoi confronti perché trattasi di apprezzamenti di merito.

Inammissibile anche il terzo motivo già proposto in appello e sul quale il giudice del gravame si è già pronunciato, evidenziando in particolare che il titolo professionale rappresenta lo strumento per agire, da qui la decisione di sospenderlo dall'attività, per impedire allo stesso di reiterare le condotte per le quali è stato indagato.

Inammissibile anche il quarto motivo perché come il precedente già proposto in sede di appello. La misura cautelare in ogni caso è stata disposta per impedire il pericolo di reiterazione e perché è stato ravvisato anche il pericolo relativo all'acquisizione e genuinità della prova. Non risulta fondato neppure il motivo in cui si fa riferimento al numero delle azioni intraprese e non è ravvisabile alcun travisamento della prova.Generico e mera ripetizione del motivo già avanzato in appello il quinto, così come il sesto e ultimo che risultano quindi da respingere.

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Scarica pdf Cassazione n. 11429/2021

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