Per la Cassazione, il genitore che non provvede agli obblighi di assistenza familiare nei confronti della figlia divenuta maggiorenne non commette reato

Violazione degli obblighi di assistenza familiare

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Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare contemplato dall'art 570 c.p. non è integrato nel momento in cui la figlia raggiunge la maggiore età, a meno che non sia inabile al lavoro. Queste le conclusioni della Cassazione nella sentenza n. 33662/2020 (sotto allegata) che ha assolto un padre dal reato di cui all'art. 570 c.p. nei confronti della prima figlia maggiorenne, disponendo il rinvio per un nuovo giudizio per essere venuto meno ai suoi obblighi genitoriali nei confronti dell'altra figlia, anch'essa ormai maggiorenne, ma inabile al lavoro.

Tutto ha inizio perché il giudice d'appello riforma in parte la condanna di primo grado nei confronti dell'imputato per il reato di cui all'art. 570 c.p. commi 1 e 2 n. 2 accusato di essere venuto meno agli obblighi di assistenza genitoriale nei confronti delle figlie dal 2008, non avendo versato l'assegno per il mantenimento stabilito dal giudice e il 50% delle spese mediche, scolastiche e sportive.

Per la Corte la responsabilità genitoriale nei confronti di una figlia si è interrotta nel momento in cui è diventata maggiorenne, per cui la pena va rideterminata in 800 euro di multa e sette mesi di reclusione. Revocate poi le statuizioni civili dopo la revoca della costituzione della parte civile che ha agito in veste di tutrice della minore e dopo la remissione delle querele di moglie e figlia.

La Corte riconosce tuttavia la correttezza delle motivazioni del giudice di primo grado, che ha riconosciuto altamente attendibili le dichiarazioni della persona offesa la quale ha riferito che, dopo la separazione, anche se il marito ha continuato a percepire entrate modeste, ma costanti, si è completamente disinteressato delle figlie, versando il quantum dovuto in misura insufficiente e parziale.

Non sussiste il reato di cui all'art 570 c.p. se la figlia è maggiorenne

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Il difensore dell'imputato nel ricorrere in Cassazione contesta prima di tutto la mancata ammissione della testimonianza di una vecchia amica dell'imputato perché ritenuta superflua e la mancata motivazione sul rifiuto di ammettere un altro testimone, soggetti chiave in grado di fornire importanti informazioni sulle condizioni economiche del suo assistito.

In secondo luogo fa presente che il reato di cui è stato accusato l'imputato non è integrato se i figli hanno raggiunto la maggiore età. Conclusioni a cui la Corte d'Appello è giunta solo in relazione a una delle figlie anche se anche l'altra è diventata maggiorenne nel 2016.

La Corte non ha tenuto conto quindi che il reato era improcedibile a partire dal primo giungo 2012 per la prima figlia e dal 2016 per la seconda, visto che in quegli anni le ragazze hanno raggiunto la maggiore età e visto che trattasi di illecito procedibile su querela di parte e non d'ufficio. Tutti elementi che dovrebbero condurre quantomeno a un trattamento sanzionatorio meno grave.

La sentenza inoltre è affetta da vizio di motivazione in relazione all'elemento psicologico del reato, perché non ha valutato correttamente le giustificazioni addotte dall'imputato, non ha tenuto conto del buon rapporto che questi ha conservato con la figlia maggiore e non ha considerato lo stato di incapacità economica in cui versava l'imputato e che gli ha impedito di provvedere alle figlie. Contestato infine il difetto di motivazione sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche richieste in sede di appello.

Obbligo di assistenza figlio maggiorenne

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La Cassazione con sentenza n. 33662/2020 ritiene il ricorso parzialmente fondato e annulla la sentenza nella parte che riguarda la figlia più grande perché il reato si è estinto per prescrizione.

Infondati prima di tutto i motivi relativi alla mancata ammissione dei testimoni richiesti dalla difesa dell'imputato, meritevoli di precisazione invece i motivi con cui è stata contestata l'inadempienza dell'obbligo di mantenimento delle due figlie.

Prima di tutto è vero che il reato contemplato dall'art. 570 c.p. presuppone per la sua integrazione la minore età della prole, presupposto che quindi viene meno quando il figlio diventa maggiorenne. Ne consegue che, per quanto riguarda la condotta contestata dal 2012 essa resta assorbita dall'estinzione del reato per prescrizione.

Del tutto infondato invece il motivo di ricorso che riguarda la figlia più piccola. La stessa infatti anche se maggiorenne dal 2016 è inabile al lavoro e quindi la sua situazione è parificabile a quella del minore di età. La ragazza fin dalla nascita è affetta da una patologia che ne ha limitato lo sviluppo psichico tanto che è costantemente bisognosa di cure, ricoveri e assistenza. Queste le cause della difficoltà di rapporto tra padre e figlia, la quale non è in grado di gestirsi in autonomia tanto che la madre è stata nominata sua tutrice. In questo caso è quindi evidente che il raggiungimento della maggiore età non rappresenta un elemento di discrimine che solleva il padre dalle sue responsabilità. Stante inoltre la procedibilità d'ufficio prevista per il reato di cui all'art. 570 c.p. comma 2 n. 2 non rileva la rimessione della querela.

Privo di fondamento inoltre il motivo con cui l'imputato ha contestato la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato perché finalizzato a una nuova valutazione nel merito. Dalla testimonianza resa dalla convivente dell'imputato è emerso in ogni caso che l'imputato è venuto meno ai propri obblighi di assistenza economica, ma anche morale nei confronti della figlia minore, più bisognosa di assistenza anche nel corso dei suoi numerosi ricoveri. Non risulta comunque provato rigorosamente lo stato di difficoltà economica addotto dall'imputato per fare fronte ai bisogni economici delle figlie, visto che il reato è escluso solo quando si riesce a dimostrare un'impossibilità incolpevole, oggettiva e assoluta nel fare fronte ai propri obblighi.

Assorbita infine la questione sul trattamento sanzionatorio, che deve essere rideterminato solo in relazione alla figlia minore, rinviando a tale fine il giudizio ad altra sezione della Corte di Appello.

Leggi anche:

- Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare

- Mantenimento figli maggiorenni e responsabilità penale

- Niente mantenimento al figlio maggiorenne: quando è reato

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