In vigore dal 1° gennaio 2021 le nuove regole europee sul default. Imprese a rischio a causa delle soglie molto basse per essere considerate in stato di inadempienza verso le banche

Debitori in default: cosa cambia con il nuovo Regolamento UE

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Dal 1° gennaio del 2021 entrerà in vigore il Regolamento Delegato (UE) n. 171/2018 della Commissione Europea del 19 ottobre 2017 (qui sotto allegato), integrativo dell'art. 178 del Regolamento Ue n. 575/2013 e che riguarda le norme tecniche di regolamentazione relative alla soglia di rilevanza delle obbligazioni creditizie in arretrato per le banche e i gruppi bancari, per le SIM e i gruppi di SIM.

Si tratta, in sostanza, di un documento che riguarda la classificazione europea dello stato di inadempienza e dunque incide sull'eventualità che i debitori siano considerato in stato di default, ovvero in stato di inadempienza di un'obbligazione verso la banca. A destare allarme sono i nuovi criteri e le nuove modalità più stringenti rispetto a quelli finora adottati dagli intermediari finanziari italiani. Vengono previste, infatti, soglie molto basse per le quali si verrà considerati come dei cattivi pagatori.

Tale situazione appare particolarmente preoccupante soprattutto alla luce della situazione economica attuale, in crisi e che risentirà sicuramente di strascichi notevoli nei prossimi anni, determinatasi a seguito della pandemia dovuta alla diffusione del virus COVID-19. Una situazione imprevedibile verificatasi in un periodo successivo all'approvazione del regolamento europeo.

Imprese e cittadini a rischio insolvenza

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Come chiarisce una guida elaborata dall'ABI (sotto allegata), le nuove regole specificano che per arretrato rilevante si intende un ammontare superiore a 500 euro (relativo a uno o più finanziamenti) che rappresenti più dell'1% del totale delle esposizioni dell'impresa verso la banca.

Per le persone fisiche e le piccole e medie imprese con esposizioni nei confronti della stessa banca di ammontare complessivamente inferiore a 1 milione di euro, l'importo dei 500 euro è ridotto a 100 euro. Pertanto, diversamente dal passato, l'impresa non potrà più impiegare margini ancora disponibili su sue linee di credito per compensare gli inadempimenti in essere ed evitare la classificazione in default.

In linea generale, la classificazione dell'impresa in stato di default, anche in relazione ad un solo finanziamento, comporta il passaggio in default di tutte le sue esposizioni nei confronti della banca. Ma non è tutto, poiché tale situazione potrebbe avere ripercussioni negative su altre imprese ad essa economicamente collegate, esposte nei confronti del medesimo intermediario finanziario.

L'ABI sottolinea come per le imprese sia dunque "fondamentale conoscere le nuove regole e rispettare con puntualità le scadenze di pagamento previste contrattualmente, per non risultare in arretrato nel rimborso dei propri debiti verso le banche anche per importi di modesta entità. Ciò al fine di evitare che la banca sia tenuta a classificare l'impresa in default e avviare le azioni a tutela dei propri crediti, secondo quanto richiesto dalle disposizioni di vigilanza europee".

ABI: "Regole pensate prima della pandemia non posso essere fatte valere adesso"

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La riforma in arrivo dal prossimo anno appare come una vera e propria scure che, nell'attuale periodo di crisi economica determinato dalla pandemia, rischia di abbattersi sulle imprese che potrebbero trovarsi nelle condizioni di essere ritenute inadempienti nei confronti degli istituti di credito anche per importi molto bassi.

In particolare, sarebbero circa 42mila le piccole medie imprese a rischio, come conferma l'allarme lanciato da Patrizia De Luis, presidente di Confesercenti, e ribadito dal presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, che in un'intervista al Quotidiano Nazionale ha dichiarato: "le regole pensate prima della pandemia non possono essere fatte valere adesso, come se tutto fosse normale. Ne va della salute non tanto delle banche quanto dell'economia in generale, della vita di tutti noi. Dei cittadini che investono, delle aziende, piccole o grandi che siano".

Patuelli ha evidenziato come, secondo la definizione che entrerà a breve in vigore, "cade in default chi ha un debito arretrato di 90 giorni, anche per soli 100 euro. Se si tratta di aziende il limite sale a 500 euro, in ogni caso bassissimo. È un meccanismo micidiale soprattutto in epoca di pandemia perché chi accusa quel ritardo finisce per essere inserito nella lista dei cattivi pagatori, con tutto quello che ne consegue. È evidente che tutto ciò in periodo di pandemia finirebbe per strangolare l'economia".

Cna: "Superare le regole sul default aziendale, mettono a rischio la tenuta delle imprese"

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Anche la Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa chiede "il completo superamento della definizione di default e la revisione del cosiddetto calendar provisioning che regola la valutazione del merito creditizio secondo meccanismi tanto rigidi e sproporzionati per i crediti di importo minore quanto inadeguati all'attuale fase di profonda recessione scatenata dalla pandemia".

Lo conferma Luca Mambretti, Presidente di Cna Varese secondo cui "le soluzioni valide in tempi normali sono inadatte ai tempi drammaticamente straordinari che stiamo vivendo". Da qui le sollecitazioni al Governo affinché vengano trovate "soluzioni a livello europeo che non vanifichino la proroga della moratoria, e il potenziamento del Fondo di garanzia per le Pmi previsti nel disegno di legge di bilancio, allo scopo di alleviare la pesante situazione finanziaria delle imprese".

Scarica pdf Documento ABI definizione Default
Scarica pdf Regolamento Delegato (UE) 2018/171

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