E' quanto prevede il decreto Ristori sulle cui disposizioni (e criticità) due documenti formulati dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro fanno chiarezza

Consulenti del lavoro: le criticità del decreto Ristori

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Sono parecchie le criticità nelle previsioni contenute nel c.d. decreto "Ristori". Da qui l'intervento della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro con due documenti separati, che analizza il D.L. n. 137/2020 per meglio esplicarne i contenuti, evidenziandone al contempo i punti critici. In particolare, con la circolare n. 22 del 5 novembre 2020 si prendono in esame gli aspetti lavoristici del decreto, in relazione alla complessità del coordinamento tra l'autorizzazione delle seconde 9 settimane di Cassa integrazione e quella per le nuove 6, per chi non abbia fruito per nulla di quelle del decreto "Agosto"; all'assenza di termini di riferimento circa l'ambito soggettivo di applicazione; al rigido divieto di licenziamento fissato a prescindere dalla utilizzazione degli ammortizzatori sociali. Senza dimenticare l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali per le aziende e le misure adottate per le famiglie, come reddito di emergenza, lavoro agile e congedo parentale.

Con la successiva circolare 23 del 6 novembre 2020, si interviene su tutti i contributi e le agevolazioni fiscali previsti dallo stesso decreto legge.

Resta a casa in smart working chi ha figli fino a 16 anni

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La Dad del figlio minore di 16 anni lascia a casa il genitore lavoratore. Dal 29 ottobre, i genitori, lavoratori dipendenti, possono fruire del congedo Covid, oltre che per la quarantena scolastica del figlio, anche nel caso in cui sia stata disposta la stop dell'attività didattica in presenza e anche per i figli d'età pari o superiore a 14 anni e inferiore a 16 anni. Nella parte relativa alla scuola e alla famiglia: il nuovo art. 21-bis prevede per i genitori lavoratori un diritto al lavoro agile o a un congedo il diritto, fino al 31 dicembre 2020, al lavoro agile (qualora compatibile con la prestazione lavorativa):

- per il periodo di quarantena del figlio convivente con meno di sedici anni (non più quattordici), disposta dal dipartimento di prevenzione della azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente a seguito di contatto che sia avvenuto: all'interno del plesso scolastico; nell'ambito dello svolgimento di attività sportive di base o motoria in strutture come palestre, piscine, centri sportivi, circoli sportivi, sia pubblici che privati; all'interno di strutture regolarmente frequentate per seguire lezioni musicali e linguistiche.

Poi nel caso in cui sia stata disposta la sospensione dell'attività didattica in presenza (es. attivazione della DAD) nel caso del figlio con meno di 16 anni. Qualora la prestazione non possa essere svolta in modalità di lavoro agile, uno dei due genitori, alternativamente, potrà godere di un congedo che durerà al massimo fino al periodo di quarantena del figlio (anche per un periodo minore, a discrezione del genitore) o per la durata della didattica non in presenza.

Nel caso di figlio con età inferiore a 14 anni il congedo sarà indennizzato al 50% della retribuzione giornaliera (senza considerare i ratei) con accredito della contribuzione figurativa nelle modalità già specificate da Inps con circolare n. 116/2020; si ricorda che sono indennizzabili solamente le giornate lavorative ricadenti all'interno del periodo di congedo richiesto e il lavoratore dovrà farne richiesta anche attraverso il portale telematico dell'Istituto con apposita causale di congedo.

Nel caso di figlio con età pari a 14 anni, ma inferiore a 16 anni il congedo consisterà in una aspettativa non retribuita, con divieto di licenziamento volto alla conservazione del posto, e senza riconoscimento di contribuzione figurativa.

In particolare, la circolare n. 116/2020 ha spiegato quali assenze possono essere compatibili con la richiesta di congedo o aspettativa per genitori di figli di età inferiore a 16 in quarantena o in didattica a distanza. In particolare, se l'altro genitore è assente per ferie, malattia, aspettativa non retribuita, per riduzione parziale dell'orario di lavoro con integrazione salariale, per permessi per disabili o congedo straordinario. La compatibilità non sussisterà nel caso di altro genitore inoccupato, disoccupato o in congedo di maternità o parentale goduto nelle stesse giornate da parte dell'altro genitore per il medesimo figlio o nel caso di integrazioni salariali con sospensione della prestazione lavorativa.

Le altre misure

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Per gli ammortizzatori sociali, considerato l'aggravarsi dei contagi le misure di sostegno al reddito in costanza di lavoro varate dal Governo con il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, recante "Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19", cosiddetto decreto "Ristori", pubblicato sulla G.U. n. 269 del 28 ottobre 2020 e in vigore dal giorno successivo, appaiono inadeguate.

L'art. 12 del decreto, composto da 17 commi e recante un ampio spettro di disposizioni, oltre che di ammortizzatori sociali emergenziali, si occupa di divieto di licenziamento ed esonero contributivo per aziende che non richiedono trattamenti di cassa integrazione.

In particolare, per quanto attiene alla materia degli ammortizzatori sociali, il comma 1 prevede che i datori di lavoro, i quali sospendono o riducono l'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da Covid-19, possono presentare domanda di concessione dei trattamenti di Cassa integrazione ordinaria, Assegno ordinario e Cassa integrazione in deroga di cui agli articoli da 19 a 22 quinquies del D.L. n. 18/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27/2020, per una durata massima di sei settimane, secondo determinate modalità definite al successivo comma 2. Le sei settimane devono essere collocate nel periodo compreso tra il 16 novembre 2020 e il 31 gennaio 2021 e costituiscono il limite massimo d'intervento delle misure improntate agli ammortizzatori sociali emergenziali ivi fruibili dai datori di lavoro. Ne deriva che, a fronte della situazione sanitaria estremamente critica, in un arco periodale di 11 settimane è previsto l'intervento di sole 6 settimane di sostegno al reddito che saranno concesse unicamente a determinate condizioni.

Per il Reddito d'emergenza, l'art. 14 del decreto Ristori riconosce ai nuclei familiari che erano stati già fruitori della quota di Reddito di Emergenza prevista dal D.L. n. 104/2020, pari a un importo una tantum compreso tra 400 e 840 euro, in base al reddito e alla composizione del nucleo familiare stesso, una quota, di pari importo, sia per il mese di novembre sia di dicembre 2020. Lo stesso Rem viene riconosciuto anche, per una quota mensile variabile fino a 840 euro, a seconda della scala di equivalenza applicata, come definita dall'art. 2, co. 4, decreto legge n. 4/2019, ai nuclei familiari in possesso di: un valore del reddito familiare, nel mese di settembre 2020, inferiore ad una soglia pari all'ammontare della quota di REM prevista (400 euro moltiplicati per la scala di equivalenza, fino a un massimo di 2 ovvero di 2,1, ovvero 840 euro); requisito dell'assenza nel nucleo familiare di componenti che percepiscono o hanno percepito una delle indennità per lavoratori stagionali, del turismo e dello spettacolo di cui all'articolo 15 del D.L. "Ristori"; requisiti di cui ai commi 2, lettere a), c) e d), dell'articolo 82 del decreto legge n. 34/2020 ("Rilancio"), ossia: residenza in Italia del richiedente; un valore del patrimonio mobiliare familiare con riferimento al 2019 inferiore a 10.000 euro, soglia accresciuta di 5.000 euro per ogni componente successivo al primo e fino ad un massimo di euro 20.000. Il tetto è incrementato di 5.000 euro in caso di presenza nel nucleo familiare di un componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza come definite ai fini ISEE; un valore dell'ISEE inferiore a 15.000 euro, attestato dalla DSU valida al momento della presentazione della domanda di REM; rispetto dei requisiti già fissati dal comma 3, dell'articolo 82 del D.L. n. 34/2020 (cd. decreto "Rilancio"), ovvero: assenza nel nucleo familiare di componenti che percepiscono o hanno percepito una delle indennità previste dal D.L. n. 18/2020, artt. da 27 a 30 (bonus 600 euro per i mesi di marzo e aprile), art. 44 (Fondo per il reddito di ultima istanza) o dal D.L. n. 34/2020, art. 84 (bonus 1000 euro per il mese di maggio) e 85 (bonus 500 euro per i lavoratori domestici); assenza nel nucleo familiare di componenti che siano, al momento della domanda, in una delle seguenti condizioni: titolari di pensione diretta o indiretta ad eccezione dell'assegno ordinario di invalidità; titolari di un rapporto di lavoro dipendente la cui retribuzione lorda sia superiore alla quota di REM.

A proposito del divieto di licenziamento i commi da 9 a 11 dell'art. 12 del D.L. n. 137/2020 sono riproduttivi, in maniera sostanzialmente identica, dei primi tre commi dell'art. 14 del D.L. n. 104/2020, così come convertito dalla legge n. 126/2020, con un'unica, fondamentale eccezione: scompare la relazione tra la fruizione degli ammortizzatori sociali e la possibilità di disporre licenziamenti per ragioni economiche. Dall'incipit del nono comma del decreto Ristori scompare il riferimento alla integrale fruizione della cassa integrazione o dell'esonero contributivo, che fa posto alla lapidaria indicazione del termine del 31 gennaio 2021 quale limite di durata del divieto dei licenziamenti, valido per tutti a prescindere dall'accesso alle misure di sostegno al reddito altrimenti predisposte. Questa nuova posizione del governo acuisce i già evidenziati problemi di compatibilità costituzionale della misura del blocco dei licenziamenti, per questa sua insensibilità alle altre misure predisposte a tutela della dichiarata intenzione di mantenimento del livello occupazionale. Per il resto, come premesso, le disposizioni in materia sono identiche a quelle già previste dal decreto "Agosto", con il divieto di licenziamenti economici, individuali o collettivi che siano, e la sospensione delle procedure eventualmente già avviate ai sensi della L. n. 223/91, successivamente alla data del 23 febbraio 2020, data questa che si mantiene sin dalla introduzione della misura, avvenuta con il decreto "Cura Italia. Per quanto riguarda l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali, il legislatore, al comma 14 dell'articolo 12 del decreto legge n. 28 ottobre 2020, n. 137, ha confermato la possibilità, per i datori di lavoro del settore privato, di fruire dell'esonero dal versamento dei contributi previdenziali qualora non vengano richiesti trattamenti di cassa integrazione di cui al primo comma del medesimo sopracitato decreto. In particolare, la novella normativa prevede per i datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, un ulteriore periodo massimo di quattro settimane, fruibili entro il 31 gennaio 2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nel mese di giugno 2020, riparametrato e applicato su base mensile. Possono quindi accedere all'esonero in trattazione i datori di lavoro che abbiano già fruito, nel mese giugno 2020, degli interventi di integrazione salariale dei trattamenti ordinari di integrazione salariale, degli assegni ordinari e dei trattamenti di integrazione salariale in deroga, riconosciuti secondo la disciplina posta in relazione all'emergenza epidemiologica da Covid-19. Il riconoscimento dell'esonero trova la sua ratio in un regime di alternatività con i trattamenti di integrazione salariale, in quanto la disposizione normativa ha il preciso scopo di incentivare i datori di lavoro a non ricorrere ad ulteriori trattamenti di integrazione salariale. Qualora, dunque, il datore di lavoro decida di accedere all'esonero in trattazione, non potrà più avvalersi di eventuali ulteriori trattamenti di integrazione salariale collegati all'emergenza da Covid-19.


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