Cassazione: si ha sentenza a sorpresa quando il giudice rilevi d'ufficio questioni che le parti non hanno sollevato e sulle quali non si è svolto alcun dibattito

La Cassazione sulle sentenze a sorpresa

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Con l'ordinanza n. 21949/2020 (sotto allegata) la Cassazione torna ad occuparsi della sentenza a sorpresa, che si configura quando il giudice, d'ufficio, rileva questioni che le parti non hanno stimolato e sulle quali non vi è stato dibattito. Vediamo le ragioni di tale chiarimento.

Un cittadino straniero si rivolge alla Commissione territoriale per richiedere gli venga riconosciuta la protezione internazionale. L'istanza però gli viene rigettata. A questo punto si rivolge al Tribunale innanzi al quale impugna la decisione, ma il giudice dichiara inammissibile il ricorso per tardività. Lo straniero impugna anche questa decisione innanzi la Corte d'Appello, che però dichiara inammissibile il ricorso in quanto il ricorrente non ha censurato la ratio decidendi della sentenza di primo grado, non avendo posto al suo vaglio la questione di inammissibilità del ricorso proposto al Tribunale.

Impugnazione inammissibile

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Il soccombente ricorre in Cassazione sollevando tre motivi, denunciando con il primo, in particolare, la nullità del procedimento e del provvedimento della Corte d'Appello perché, senza che fosse stata sollecitata dalle parti e senza che la questione fosse oggetto di dibattito, la stessa ha affermato l'inammissibilità dell'impugnazione.

Sentenza a sorpresa o terza via

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La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 21949/2020 dichiara il secondo e terzo motivo inammissibili perché sollevano doglianze nuove che non sono state sottoposte e vagliate dal giudice di secondo grado e in relazione al primo motivo di ricorso, anch'esso inammissibile, chiarisce che "il tema della sentenza a sorpresa, affrontato, ex multis, dalla sentenza SU n. 7294/2017 concerne l'ipotesi in cui il giudice, d'ufficio, rilevi questioni non introdotte dalle parti, senza previamente stimolare il dibattito sul punto (peraltro questa Corte - Sez. 2 - n. 29098/2017 ha escluso una tale evenienza nel caso in cui le questioni - pur rilevabili d'ufficio - siano state introdotte dalle parti sotto forma di eccezione c.d. "in senso lato", in quanto tali questioni fanno già parte del "thema decidendum."

Per quanto concerne il caso di specie la Corte rileva come la censura che si solleva con l'impugnazione debba estrarre la ratio decidendi della decisione che si impugna. Non è infatti immaginabile un giudizio su fatti e questioni non esaminati dal primo giudice, perché non possono sottoporsi al vaglio del secondo giudice circostanze non analizzate dal primo. In questo caso, rileva la Cassazione "l'effetto preclusivo della rilevata tardività dell'opposizione" ha impedito al Tribunale addirittura di esaminare la questione nel merito.

Aggiunge poi che è dovere del giudice dell'impugnazione verificare se l'impugnazione è ammissibile, verificando se le censure sollevate dalla parte sono pertinenti in relazione alla ratio decidendi di primo grado, regola processuale questa non disponibile, non ricollegabile a "eccezione, difesa o sollecitazione di parte" e che prescinde dalla costituzione della parte in giudizio.

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Scarica pdf ordinanza Cassazione n. 21949/2020

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