Per la Cassazione, non scatta l'addebito della separazione per il marito infedele se la moglie ne accetta i tradimenti per anni e nonostante tutto continua a conviverci

Addebito della separazione per violazione dell'obbligo di fedeltà

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Con l'ordinanza n. 16691/2020 (sotto allegata) la Cassazione torna ad occuparsi di tradimento, respingendo il ricorso di una moglie che, in sede di merito, si vede rigettare la richiesta di addebito della separazione al marito, perché ha tollerato per anni l'infedeltà del coniuge con cui ha continuato a convivere. Senza nesso di causa tra tradimenti e sopravvenuta intollerabilità della convivenza quindi niente addebito al marito traditore.

Marito che ad un certo punto viene trascinato in giudizio dalla moglie, che chiede la separazione, l'addebito della stessa al coniuge, un assegno di mantenimento di 700 euro, la somma di 250.000 euro o la metà dei risparmi messi da parte da entrambi e la metà dell'abitazione coniugale.

Il Tribunale pronuncia la separazione, ma respinge le altre domande, compensando le spese di giudizio, perché la donna non ha provato le plurime e pubbliche relazioni extraconiugali attribuite al marito, né il nesso causale tra queste e la fine del rapporto coniugale. Sulle richieste di contenuto patrimoniale il Tribunale nulla dispone, per carenza di prove e per il fatto che la donna oltre a percepire un proprio reddito risulta titolare di un patrimonio superiore ai 210.000 euro.

La donna a questo punto ricorre in appello perché a suo dire il Tribunale non ha minimamente valutato le prove che dimostrano la relazione extraconiugale del marito e il comportamento di disinteresse nei suoi confronti. Il giudice non ha inoltre esaminato le prove che dimostrano la disparità economica tra i due coniugi e non ha compiuto le necessarie indagini di polizia tributaria finalizzate a dimostrare l'attività in nero svolta dal marito. Il coniuge convenuto propone appello incidentale puntando sull'inammissibilità dell'impugnazione principale e sulla inammissibile produzione di documenti nuovi in appello. La Corte però respinge entrambe le impugnazioni.

Tradimenti causa della sopravvenuta intollerabilità della convivenza

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La donna decide quindi di ricorrere in Cassazione, sollevando ben sei motivi di ricorso tra i quali meritano particolare attenzione i primi tre.

  • Con il primo lamenta l'omessa valutazione delle prove oggettive e dirette, che confermano la credibilità dei testimoni indiretti.
  • Con il secondo deduce la violazione di alcune norme sull'onere probatorio in relazione alle "gravi violazioni dei doveri coniugali attribuibili" al marito.
  • Con il terzo deduce la violazione dei principi in materia di onere probatorio anche per quanto riguarda il nesso eziologico tra la violazione del dovere di fedeltà, l'intollerabilità della convivenza e l'addebito della separazione.

Nessun addebito della separazione se la moglie "tollera" per anni i tradimenti

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La Cassazione con l'ordinanza n. 16691/2020 rigetta il ricorso avanzato dalla donna e in relazione alla domanda di addebito per infedeltà coniugale, dopo aver esaminato in particolare i primi tre motivi avanzati spiega in questo modo le relative ragioni del rigetto.

Prima di tutto gli Ermellini rilevano che i primi due motivi sono finalizzati ad ottenere una rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito che, ricordano, non è consentita in sede di legittimità. Sul terzo invece si dilungano maggiormente precisando in primis che "l'art. 151 cod. civ. stabilisce che il giudice, pronunciando sulla separazione, dichiara, ove ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri del matrimonio."

In diverse occasioni la Cassazione ricorda di aver stigmatizzato con particolare severità la condotta di chi viene meno all'obbligo di fedeltà matrimoniale, poiché in genere è ragione sufficiente per rendere intollerabile la convivenza. Ne consegue però che chi chiede l'addebito per infedeltà deve dimostrare la contrarietà della condotta ai doveri coniugali e l'efficienza causale di questo comportamento nel rendere intollerabile la convivenza. Chi invece si oppone all'addebito deve dimostrare l'anteriorità della crisi coniugale rispetto all'infedeltà.

Questa regola viene meno solo nel momento in cui non si rileva alcun nesso di causa tra l'infedeltà e la fine del rapporto di coniugio, perché la crisi sembra già irrimediabilmente in atto, come si può desumere ad esempio quando la coppia vive un contesto di convivenza meramente formale.

Passando quindi all'esame della motivazione della Corte d'Appello, la Cassazione rileva come in effetti non erano presenti "precisi riferimenti temporali" che consentissero di ritenere come provata l'esistenza del nesso tra le condotte ascrivibili al marito e l'intollerabilità della convivenza. La donna non è riuscita a dimostrare tale nesso anche perché, nonostante e "dopo le asserite violazioni del dovere di fedeltà da parte del marito, aveva continuato la convivenza con il marito per più di quindici anni e fino alla data del deposito del ricorso per separazione avvenuta."

Leggi anche L'addebito della separazione per infedeltà coniugale

Scarica ordinanza Cassazione n. 16691/2020

Foto: 123rf.com
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