L'incauta custodia di armi si verifica anche se sono le chiavi dell'armadio blindato ad esser poste in un luogo non adeguatamente sicuro

Custodia armi: cosa dice la legge

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L'art. 20 della legge n. 110/1975 dispone che la custodia delle armi deve essere assicurata con ogni diligenza nell'interesse della sicurezza pubblica. E ciò, non solo per ostacolare i possibili furti nel luogo ove l'arma viene custodita, ma anche per evitare il pericolo che persone che frequentino o che si trovino nel luogo di custodia entrino con facilità in possesso dell'arma, al di fuori del controllo del legittimo detentore.

E' quanto ribadito dalla recente Cassazione la quale, inoltre, specifica che, per chi non eserciti professionalmente attività in materia di armi ed esplosivi, le cautele cui bisogna attenersi sono quelle che possono esigersi da una persona di normale prudenza, secondo il criterio dell'id quod plerumque accidit.

Reato di omessa custodia di armi

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Il reato di omessa custodia di armi, ex art. 20 bis della predetta legge, è un reato di mera condotta e di pericolo e si perfeziona per il solo fatto che l'agente non abbia adottato le cautele necessarie, sulla base di circostanze da lui conosciute o conoscibili con l'ordinaria diligenza, indipendentemente dal fatto che una delle persone indicate dalla norma in questione, ossia minori, soggetti incapaci, inesperti o tossicodipendenti, sia giunta a impossessarsi dell'arma o delle relative munizioni. Nel caso di specie, la Corte aveva escluso la configurabilità del reato in parola con riguardo alla detenzione di una pistola all'interno di un cestino riposto sull'ultimo piano di una cabina armadio situata, ad oltre due metri di altezza, nella camera dell'imputato e della convivente, rilevando l'impossibilità che la figlia di cinque anni fosse in grado di raggiungere l'arma.

Diversa fattispecie, invece, quella tratta da un'altra pronuncia, stavolta proveniente dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 3530/2020, che respinge il ricorso proveniente da un cacciatore di Parma.

Nella valutazione della diligenza nella custodia di un'arma devono considerarsi anche le modalità di conservazione delle chiavi della serratura di un armadio blindato, luogo di detenzione delle armi del legittimo proprietario: nasconderle all'interno di un vaso alla portata di altre persone denota scarsa cautela e dunque inaffidabilità nell'utilizzo delle armi.

La vicenda in questione sorge dalla contestazione da parte dell'appellante di un provvedimento con il quale il Prefetto gli vietava di detenere qualsiasi tipo di arma e del conseguente provvedimento del Questore con cui, invece, veniva disposta nei suoi confronti la revoca della licenza di porto di fucile ad uso caccia, a seguito dell'esplosione di un colpo d'arma da fuoco da parte di una persona diversa dall'appellante con un fucile di proprietà di quest'ultimo e che, dunque, doveva essere nella sua esclusiva disponibilità.

Arma detenuta in armadio blindato

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L'arma era detenuta in un apposito armadio blindato, dotato di serrature, ma una copia delle chiavi era stata lasciata all'interno di un vaso posto in luogo remoto dall'abitazione e non rientrante nella diretta sfera di controllo del legittimo detentore e dove, perciò, avrebbero potuto, come in effetti è avvenuto, essere trovate casualmente e usate indebitamente.

In conclusione, l'incauta custodia di armi si verifica anche se sono le chiavi dell'armadio blindato ad esser poste in un luogo non adeguatamente sicuro. L'appellante del caso di specie avrebbe dovuto tenere la copia delle chiavi dell'armadio blindato dell'armadio con sé o in un posto non accessibile ad alcuno.

L'indirizzo del Consiglio di Stato attua una situazione molto simile alla responsabilità oggettiva: se è successo qualcosa di sbagliato si è responsabili a prescindere, a meno che non si dimostri ciò che difficilmente è dimostrabile. Così, il cacciatore non ha adottato precauzioni tali da dimostrare che la sua volontà, contraria alla circolazione delle armi, non potesse essere superata. E' l'art. 2054, comma 3 c.c. ad essere richiamato dal collegio, servendosi di un raffronto con quanto la giurisprudenza civile prevede sulla circolazione degli autoveicoli. Se il proprietario ha lasciato sbadatamente le chiavi sul cruscotto dell'automezzo, la circolazione non avviene contro la sua volontà. Magari non con il suo consenso, ma evidentemente non contro la sua volontà.


Foto: 123rf.com
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