Ammissibilità dell'uso delle copie fotostatiche e necessaria valutazione dell'esperto sulla loro idoneità ai fini dell'analisi

La sentenza n. 12978/2020 del 27 aprile u.s. (Cass. pen., sez. VI, Pres. Fidelbo Giorgio, Rel. Costanzo Angelo) ha posto nuovamente sotto i riflettori una delle questioni calde dell'attività grafologica in ambito forense: il tema dell'analisi della scrittura effettuata su documenti in copia fotostatica.

Si fa riferimento ai casi in cui ci sia l'indisponibilità del documento originale da parte del soggetto che dubita dell'autenticità (o della controparte), ma anche ove il suddetto originale sia irreperibile presso uffici pubblici e privati detentori della matrice, ovvero sia andato distrutto per qualsivoglia motivo.

Nella sentenza di cui si discute la Suprema Corte riferisce le deduzioni della parte ricorrente circa il vizio della motivazione della Corte di Appello, nella parte in cui aveva giudicato come inattendibili le conclusioni dei grafologi sull'autografia della sottoscrizione attribuita a G.R. perché le indagini erano state svolte su una fotocopia, trascurando che i diversi tecnici in sede civile e penale, nominati sul caso, avevano affermato che "la fotocopia è chiara (per cui non produce condizionamenti ottici)sottolineando il ricorso a molteplici firme e sigle comparative".

La consulenza grafologica svolta sul documento in copia xerografica, in realtà, è sempre stata ammessa sia dalla giurisprudenza di merito, sia da quella di legittimità. Già il Tribunale di Perugia (sent. n. 2313/2016 del 13.10.16), a conferma dell'orientamento della Corte di Cassazione espresso nel 2011 (sez. V, n. 42938 del 20 ottobre, ma ancor prima sempre la sez. V n. 7175 del 03 luglio 1979, mai contraddetta successivamente, e la sez. V n. 3154 del 21 novembre 1975), secondo cui "nessuna norme impone che la perizia grafologica su di un documento sospettato di falsità debba necessariamente svolgersi sull'originale e non su una copia fotostatica"., ha sancito il principio per cui: "…in sede di querela

di falso… nei casi in cui il CTU ritenga che la copia in esame costituisca un documento idoneo a formare oggetto di valutazione grafologica, il giudizio espresso a seguito dell'esame grafico della copia fotostatica, se congruamente motivato, deve considerarsi attendibile".

La possibilità dell'analisi della copia fotostatica, quindi, è sottoposta al limite della idoneità del documento, sancita da una valutazione preliminare effettuata in merito alla qualità del reperto da esaminare. Tale valutazione deve essere compiuta dall'esperto grafologo giudiziario, provvisto delle conoscenze tecniche e strumentali adeguate.

Quale sarà la valutazione del grafologo giudiziario?

Emerge chiaramente la precisa necessità che il grafologo giudiziario valuti la qualità della copia fotostatica e relazioni su di essa, sottoponendola poi ad analisi grafologica solo ove dovesse motivatamente ravvisarne l'idoneità alla valutazione peritale, ai fini di rispondere al quesito posto dal giudice. La copia fotostatica dovrà essere di buona qualità, non danneggiata ed integra nella realtà fisica e materiale, sia con riferimento al supporto cartaceo che la contiene, sia nel rapporto con le congrue scritture di comparazione autografe di cui l'esperto risulta in possesso.
Tecnicamente, il grafologo giudiziario potrà estrapolare dal documento in copia xerografica dati rilevanti in merito: all'occupazione spaziale; alla dimensione della grafia; alla velocità di esecuzione; all'inclinazione assiale delle lettere; alla direzione del rigo; alla triplice larghezza ed ai rapporti proporzionali. Ma l'esperto dovrà, anche, tenere in considerazione le limitazioni che lo studio sulla copia fotostatica comporta con riferimento alla tridimensionalità della scrittura ed al suo aspetto pressorio, nonché in rapporto alla coesione intraletterale ed interletterale, riconoscendo la possibilità di alterazioni e distorsioni dovute alle fasi di fotocopiatura ed al passaggio del supporto cartaceo all'interno della macchina fotocopiatrice.
La Corte di Cassazione, nella recentissima sentenza di cui si parla, sancendo l'infondatezza dei motivi del ricorso, puntualmente evidenzia la correttezza dell'operato della Corte d'Appello precedentemente adita dal ricorrente, che non esclude l'ammissibilità di una perizia grafologica disposta su una fotocopia del documento sospettato di falsità, richiamando i più autorevoli precedenti giurisprudenziali di legittimità "Sez. V, n. 42938 del 20/101:2011, Geat, Rv. 251131; Sez. V, n. 7175 del 03/07/1979, Fortunati, Rv. 142720; Sez. V, n. 3154 del 21/11/1975, dep.1976, Villani, Rv. 132720).
Pertanto, la sentenza in commento pur non innovando sul merito della quaestio, mantiene intatta la propria utilità sotto l'irrinunciabile requisito nomofilattico verso i giudici di merito, attesa la confusione - rectius: discordanza di pronunce di merito esistenti sul punto - che ancora oggi sussiste nella aule forensi italiane.

Dott.ssa Valentina Mavica

Grafologo giudiziario iscritto all'Albo dei CC.TT. e Periti del Tribunale di Catania

mavicaconsulenzegrafologiche@gmail.com




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