Le buone regole per contestare validamente un provvedimento del prefetto in materia di armi

Avv. Francesco Pandolfi - Per illustrare il criterio giuridico in base al quale è possibile contestare un divieto di detenzione armi a prima vista manifestamente errato, partiamo da un esempio pratico, tratto da un caso realmente affrontato e risolto dai giudici amministrativi.

Divieto detenzione armi

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Dunque, poniamo che la persona interessata sia convivente con il figlio il quale, oltre ad essere stato segnalato qualche anno fa in quanto a seguito di una perquisizione personale è stato trovato in possesso di un involucro contenente gr. 1 di sostanza stupefacente di tipo hashish, risulta anche frequentare persone con precedenti di polizia.

Ecco, in una situazione del genere, dice il Tar Catanzaro (sentenza n. 2326 del 29 novembre 2016, non appellata), il ricorso trova la sua base visto che è possibile attribuire i fatti ad una persona diversa dal ricorrente e, inoltre, nella mancanza di un'adeguata motivazione circa il nesso tra i fatti descritti (stupefacenti e frequentazioni) e il possibile abuso di armi.

I principi generali in materia

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Il provvedimento amministrativo di cui parliamo è fondato, si sa, su un'ampia discrezionalità dell'autorità.

In tema di licenze di polizia, le sentenze hanno chiarito che le valutazioni dell'amministrazione in materia di rilascio della licenza di porto d'armi sono caratterizzate da ampia discrezionalità, visto che l'interesse del privato a portare armi è di regola cedevole rispetto all'interesse per la pubblica incolumità.

Il divieto di detenere armi ha dunque un carattere non sanzionatorio ma cautelativo della sicurezza pubblica, in quanto ha come scopo quello di evitare il pericolo per questo bene giuridico, determinato in astratto dalla disponibilità di armi in capo ad un soggetto che teoricamente non può garantirne il corretto uso o, magari, in riferimento al pericolo di abusi da parte di terzi conviventi.

I rimedi

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Nel caso pratico qui preso come esempio per generalizzare, manca la prova dell'abuso di armi, della mancanza di buona condotta o della violazione di norme sottese alla protezione dell'ordine pubblico.

Più in generale, possiamo dire che il ricorso potrà essere efficacemente proposto quando la motivazione del divieto appaia astratta, ossia priva di nesso con il caso concreto in relazione alla possibilità di abuso.

In altri termini, ciò si verifica quando il provvedimento amministrativo si limita ad individuare una relazione tra i fatti e l'abuso delle armi ma non si esprime sui motivi in base ai quali il ricorrente, regolarmente titolare della licenza da vari anni, o il figlio convivente, possa concretamente abusare delle armi.

In ultima analisi, il ricorso verrà accolto quando, pur essendo necessario lo svolgimento da parte della pubblica amministrazione di un giudizio prognostico tendente a verificare il possibile abuso delle armi da parte del titolare o di terzi, o la specifica incidenza del fatto sui requisiti previsti dalla Legge (ordine pubblico o buona condotta), questa prognosi non venga svolta, oppure appaia svolta in modo maldestro.

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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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