La recente sentenza della Corte d'Appello di Torino torna a far parlare di correlazione tra tumore al cervello e uso dei cellulari. Per i giudici c'è un un nesso causale, o quantomeno concausale

di Lucia Izzo - C'è correlazione tra tumore al cervello e uso dei cellulari? La domanda è di quelle importanti. Negli anni l'argomento è stato al centro di una discussione che non si è mai placata e che ha coinvolto operatori del settore, scienziati, produttori e molti altri. Nonostante l'ampio e acceso dibattito, tuttavia, a tale domanda non è stata ancora fornita una risposta univoca.

Ciò che si teme è che l'utilizzo delle onde radio da parte di apparecchi come smartphone e cellulari possa determinare l'insorgere di patologie tumorali. Si tratta di una preoccupazione originata dalla capillare diffusione dei cellulari, dal loro utilizzo da parte di soggetti di tutte le età, bambini compresi, e spesso per un tempo davvero ragguardevole. Preoccupazioni che non si sono placata a seguito dell'implementazione della tecnologia, volta alla riduzione delle emissioni da parte di cellulari di ultima generazione.

Tumori e cellulari: cosa dice la scienza?

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In sostanza, per la scienza non ci sono (ancora) conclusioni definitive e nel panorama degli studi internazionali emergono conclusioni non sempre convergenti. "Le prove disponibili non sono sufficienti per affermare che vi sia un nesso, in particolare per i cellulari di nuova generazione" si legge sul sito dell'AIRC (Fondazione per la Ricerca sul Cancro) che evidenzia come "un lieve aumento di rischio è stato segnalato dai risultati di alcuni studi solo per il neurinoma e il glioma".


L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell'OMS (IARC), non essendo in grado di escludere ripercussioni sulla salute, a causa delle prove ancora limitate di una relazione tra cellulari e tumori celebrali, ha invece ritenuto di classificare le onde a radiofrequenza tra i "possibili cancerogeni per gli esseri umani".

Altre agenzie, come le statunitensi Environmental Protection Agency (EPA) e il National Toxicology Program (NTP), hanno scelto di non classificare i cellulari tra i carcinogeni potenziali. Allo stesso modo si sono comportati finora la Food and Drug Administration (FDA) e i Centers for Disease Control di Atlanta (CDC). Il National Cancer Institute statunitense (NCI) e Cancer Research UK (CRUK) ritengono che ulteriori ricerche siano necessarie per valutare complessivamente gli effetti dei cambiamenti tecnologici; in attesa di sviluppi considerano i cellulari sicuri se utilizzati con gli auricolari.

Corte d'Appello di Torino: nesso causale tra tumore e cellulare

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Se da un lato molte autorità scientifiche consigliano prudenza, in attesa di ulteriori risultati, la giurisprudenza si è trovata più volte a pronunciarsi sul tema. Da ultimo rileva la sentenza della Corte d'Appello di Torino, n. 904/2020 (qui sotto allegata), che ha riconosciuto la sussistenza di un nesso causale tra l'uso prolungato e scorretto del telefono cellulare e il neurinoma del'acustico occorso al lavoratore di un'importante azienda italiana che aveva utilizzato il cellulare in maniera prolungata e "abnorme" nel periodo lavorativo dal 1995-2010.

Nonostante le rimostranze dell'INAIL, la Corte territoriale ha ritenuto di fondare la propria decisione sulle conclusioni dei Consulenti tecnici che avevano accertato la sussistenza del nesso causale dopo aver evidenziato la notevolissima esposizione del lavoratore alle radiofrequenze per l'uso del telefono cellulare nel periodo indicato.

Le conclusioni, si legge in sentenza, appaiono fondate su un accurato e aggiornatissimo esame delle fonti della letteratura scientifica, applicata alle peculiarità del caso concreto (per quantità e durata dell'esposizione), in assenza di fattori alternativi di rischio, secondo standard di certezza probabilistica.

Pertanto, secondo i giudici, considerate le peculiarità del caso concreto (associazione tra tumore raro ed esposizione rara per durata ed intensità; periodo di latenza congruo con i valori relativi ai tumori non epiteliali; il fatto che la patologia sia insorta nella parte destra del capo del ricorrente, soggetto destrimane; mancanza di altra plausibile spiegazione della malattia), deve ritenersi provato un nesso causale, o quantomeno concausale, tra tecnopatia ed esposizione, sulla base della regola del "più probabile che non".

Il precedente della Cassazione

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Anche la Corte di Cassazione ha avuto occasione in passato di interfacciarsi con la vicenda. Nella sentenza n. 17438 del 12 ottobre 2012, i giudici di legittimità hanno confermato la relazione diretta tra uso continuo e prolungato del cellulare e il tumore (benigno)occorso a un manager al nervo trigemino sinistro.

Gli Ermellini hanno rammentato che, nel caso di malattia professionale non tabellata, come anche in quello di malattia ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità.

A tale riguardo, il giudice deve non solo consentire all'assicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti, ma deve altresì valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale, facendo ricorso ad ogni iniziativa ex officio diretta ad acquisire ulteriori elementi in relazione all'entità e all'esposizione del lavoratore ai fattori di rischio, anche considerando che la natura professionale della malattia può essere desunta con elevato grado di probabilità dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalia natura dei macchinari presenti nell'ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione lavorativa e dall'assenza di altri fattori extralavorativi, alternativi o concorrenti, che possano costituire causa della malattia (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 6434/1994; 5352/2002; 11128/2004;15080/2009).

Nel caso esaminato, è stata ravvisata la sussistenza del requisito di elevata probabilità che integra il nesso causale, poiché, a detta del CTU, doveva riconoscersi un ruolo almeno concausale delle radiofrequenze nella genesi della neoplasia subita dall'assicurato, configurante probabilità qualificata.

Scarica pdf Corte d'Appello Torino, sentenza n. 904/2020

Foto: 123rf.com
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