Gli Ermellini chiariscono che la legge non impone a chi cambia sesso regole rigide per il cambio del proprio nome, si può scegliere quello che si desidera

di Annamaria Villafrate - La Cassazione con l'ordinanza n. 3877/2020 (sotto allegata) accoglie il ricorso di un soggetto che, dopo il cambiamento di sesso, si è visto negare dalla Corte d'Appello la possibilità di scegliere il nome desiderato per procedere alla rettifica del nome, solo perché il giudice dell'impugnazione ha ritenuto il nuovo nome, frutto di un "voluttuario desiderio". Per gli Ermellini invece il diritto al nome è un diritto inviolabile della persona, senza considerare che la legge non impone la trasformazione del nome maschile nel corrispondente femminile e viceversa, anche perché tale automatismo non è sempre possibile.

Si al cambio del nome se frutto della femminilizzazione del maschile

[Torna su]

La Corte d'Appello riforma la sentenza di primo grado, che aveva respinto la domanda di rettificazione del sesso da maschile a femminile perché al termine della consulenza tecnica d'ufficio.

il richiedente non risultava aver completato il percorso di transizione. La Corte d'appello accoglie invece la domanda e ordina agli ufficiali dello stato civile di provvedere alle modifiche necessarie "nell'interesse pubblico di una stabilità e ricostruibilità delle registrazioni anagrafiche."

Per la Corte però il cambiamento delle indicazioni anagrafiche non può avvenire esattamente nei termini avanzati, da Alessandro in Alexandra perché la scelta di questo nome è frutto di "un voluttuario desiderio di mutamento del nome di cui, di per sé non esistono i presupposti" previsti dal DPR n. 396/2000. Di conseguenza il nome da inserire nei registri non può che essere che la femminilizzazione del precedente maschile Alessandro in Alessandra.

Nel rettificare il nome non si possono applicare rigidi automatismi

[Torna su]

Il ricorrente, insoddisfatto dell'esito, decide di ricorrere in Cassazione facendo presente nell'unico motivo del ricorso che la Corte ha erroneamente ritenuto che il richiedente non possa fornire indicazioni sulla richiesta di rettifica del nome. Il soggetto infatti, oltre al diritto alla rettificazione del nome conseguente al cambio di sesso, ha altresì diritto all'oblio, da intendersi come una netta censura dell'identità precedente, anche perché non sempre è possibile applicare criteri rigidi e automatici come quello voluto dalla Corte d'Appello.

Dopo la rettifica di sesso si può scegliere il nome che si vuole

[Torna su]

La Cassazione con l'ordinanza n. 3877/2020 accoglie il ricorso, cassa la sentenza e ordina agli ufficiali dello stato civile competenti di disporre la rettifica del nome del richiedente come indicato da costui, da Alessandro in Alexandra. Per gli Ermellini, per comprendere le corrette modalità con cui è necessario procedere alla rettifica del nome conseguente alla nuova attribuzione di sesso occorre fare riferimento a due disposizioni:

  • l'art. 5 della legge n. 164/1982, in cui il legislatore richiede la corrispondenza assoluta tra sesso anatomico e nome "per l'interesse alla certezza dei rapporti giuridici rispetto all'interesse individuale alla coincidenza tra il sesso percepito e il nome indicato nei documenti di identità";
  • e l'art 35 del DPR n. 396/2000 il quale dispone che: "1. Il nome imposto al bambino deve corrispondere al sesso e può essere costituito da un solo nome o da più nomi, anche separati, non superiori a tre. 2. Nel caso siano imposti due o più nomi separati da virgola, negli estratti e nei certificati rilasciati dall'ufficiale dello stato civile e dall'ufficiale di anagrafe deve essere riportato solo il primo dei nomi."

Dalla lettura delle due disposizioni emerge che non è imposta la femminilizzazione del nome maschile viceversa, anche perché non sempre è possibile questa conversione. Non emergono limiti per il soggetto adulto interessato d'indicare il nuovo nome desiderato, anche in considerazione dell'"intima relazione esistente tra identità sessuale e segni distintivi della persona, quale il nome."

Come riconosciuto anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 120/2001 il nome è "il primo e immediato segno distintivo, costituisce uno dei diritti inviolabili della persona protetti dalla Carta ex. art. 2 Cost., cui si riconosce il carattere di clausola aperta, con conseguente possibilità di evincere, dalla lettura combinata dell'art. 6, comma 3, cc, e degli art. 2 e 22 Cost., la natura di diritto soggettivo insopprimibile della persona."

Il giudice quindi, stante il diritto primario alla identità sessuale, nel disporre la rettificazione del prenome, non deve attenersi a rigidi automatismi, ma deve tenere conto del nuovo prenome indicato dal richiedente, anche se completamente diverso da quello precedente, se tale indicazione è legittima e corrisponde al nuovo stato.

Leggi anche Cambiamento di sesso: l'iter da seguire

Scarica pdf ordinanza Cassazione n. 3877/2020

Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: