Nessun obbligo di dimora per l'operatore sanitario indagato per il reato di maltrattamento degli anziani ricoverati nella casa di cura se manca l'abitualità

di Annamaria Villafrate - Con la sentenza n. 43649/2019 (sotto allegata) la Cassazione ribadisce un importante principio, che rappresenta ius receptum nella giurisprudenza della stessa, il quale richiede, affinché possa configurarsi il reato di maltrattamenti, l'abitualità della condotta del soggetto agente. Accolto quindi il ricorso dell'indagato, stante il mancato chiarimento, da parte dei giudici di merito, del carattere abituale delle singole azioni commesse dallo stesso, ai danni degli anziani ricoverati.

La vicenda processuale

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Il Tribunale conferma la misura cautelare disposta in fase di indagini preliminari, ovvero l'obbligo di dimora all'interno del comune, in relazione al reato di cui all'art 572 c.p. perché, in qualità di operatore socio sanitario all'interno di una casa di cura, insieme ad altri dipendenti, ha maltrattato gli anziani ricoverati per ricevere le necessarie cure e assistenza, infliggendo loro umiliazioni gratuite e "assumendo un atteggiamento di deliberata indifferenza verso i più elementari bisogni di assistenza dei degenti, nonché tenendo nei confronti di questi una condotta inutilmente severa e mortificante."

Dalle immagini videoregistrate sono emersi gravi indizi di colpevolezza, di cui l'indagato non aveva avuto una specifica percezione. Da qui, l'applicazione della misura cautelare, finalizzata a impedire all'indagato di entrare in contatto con la struttura e con i degenti anziani ivi ricoverati.

Il ricorso dell'indagato

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L'indagato ricorre avverso detta ordinanza perché il Tribunale ha confermato la misura adottata in fase di indagini anche se dalla documentazione non è emersa l'abitualità della condotta richiesta affinché si configuri il reato di maltrattamenti e anche se non è stata fornita prova adeguata degli episodi di violenza che gli sono stati contestati, da interpretare in realtà come sentimenti di "gioco affettuoso" verso i pazienti. L'indagato inoltre non ritiene sussistente la pericolosità verso la società richiesta per l'applicazione della misura, visto che i fatti contestati risalgono a più di un anno e mezzo dall'applicazione della stessa, a cui non sono seguiti altri episodi. Da qui l'assenza del rischio di recidiva.

Senza abitualità nessun obbligo di dimora per chi maltratta gli anziani

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La Cassazione con sentenza n. 43649/2019 annulla l'ordinanza impugnata ritenendo fondato il primo motivo del ricorso perché "Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale, ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 572 cod. pen., l'esistenza, in una casa di cura e ricovero per anziani, di un generalizzato clima di sopraffazione e violenza nei confronti degli assistiti non esime dalla rigorosa individuazione dei distinti autori delle varie condotte, in quanto il carattere personale della responsabilità penale impedisce che il singolo addetto, in mancanza di addebiti puntuali che lo riguardano, possa essere chiamato a rispondere, sia pure in forma concorsuale, del contesto in sé considerato, anche nel caso in cui da tale contesto egli tragga vantaggio."

Gli argomenti del Tribunale relativamente ai gravi indizi di colpevolezza che hanno fondato la disposizione della misura cautelare adottata sembrano, alla luce del principio suddetto, del tutto inconcludenti, visto che dalle condotte dell'indagato riferite ai tre episodi contestati, i giudici di merito non hanno chiarito in base a quali valutazioni le hanno ricondotte a un contesto di abitualità, anche con azioni omissive in concorso agli altri operatori.

Leggi anche Il reato di maltrattamenti in famiglia

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Foto: 123rf.com
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