Condotte dubbie ma non chiarite in sede giudiziale, risalenti circostanze di tempo e di fatto in cui esse si collocano, non denotano l'inaffidabilità della persona circa l'uso delle armi
Avv. Francesco Pandolfi - Il tema dell'affidabilità, o meno, dell'interessato ritorna costantemente nelle sentenze amministrative dei Tar italiani, essendo delicate le questioni che ruotano attorno ad un uso (lecito) accorto ed appropriato delle armi.

Ora, i principi di base espressi dalla giurisprudenza sono senza dubbio i seguenti:

Discrezionalità

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Il diniego, ovvero la revoca del porto d'armi, nonché il divieto di detenzione delle stesse, sono niente altro che l'esplicazione di potestà connotata da ampi margini di discrezionalità dell'amministrazione, chiamata dalla Legge a valutare queste istanze.

Siamo, in altre parole, in un campo dove non esistono posizioni di diritto soggettivo con riguardo alla detenzione e al porto di armi, dal momento che tali situazioni sono eccezioni al generale divieto di cui all'art. 699 c.p. e art. 4 co. 1 L. n. 110/75: in sostanza l'Autorità di P.S. dispone di ampia discrezionalità nel valutare la sussistenza dei requisiti di affidabilità del soggetto nell'uso e nella custodia di armi, il tutto a tutela della pubblica incolumità.

Tutela della persona interessata

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Sul fronte opposto alla discrezionalità amministrativa, va poi sottolineato che la persona interessata non è priva di tutele.

Cerchiamo allora di capire come è possibile contemperare questo principio con la già citata discrezionalità.

Nei casi in cui le "condotte dubbie" della persona interessata sono rimaste a livello di semplici descrizioni, magari non suffragate da accertamenti svolti nelle aule di giustizia, oppure le circostanze di fatto risalgono a vecchi fatti accaduti anni e anni fa, magari quando il soggetto era un ragazzo, ebbene in tutti questi casi quelle condotte non appaiono idonee a generare perplessità serie sull'affidabilità in ordine ad un accorto ed appropriato uso delle armi.

In questi condizioni, un eventuale giudizio di inaffidabilità posto a base di un diniego risulterebbe privo dei suoi necessari presupposti fattuali e, soprattutto, non motivato.

In pratica

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Quella che viene chiamata "inaffidabilità", in questa delicata materia deve essere un concetto reale ma soprattutto "attuale".

Tra l'altro, bisogna anche vedere di quali fatti si parla, dal momento che non tutti i fatti sono ugualmente rilevanti a fini amministrativi.

Quindi, se risultano fatti commessi con l'uso o l'abuso delle armi, allora l'inaffidabilità può essere palese. Diversamente, se risultano (remoti) diversi fatti (es: liti in occasione di festeggiamenti, liti per strada, frequentazione con persone di dubbia moralità ecc...), in questo caso la persona interessata potrà pretendere una motivazione seria sul perché tali fatti vengono ritenuti significativi e negativi per la valutazione.

Ecco, dunque, che un eventuale ricorso avente come sfondo questi fatti diversi e remoti, verrà accolto (cfr. sentenza Tar Milano Sez. 1, n. 1028/2019).

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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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