Analisi dei profili nazionali ed internazionali della sottrazione internazionale dei minori, fattispecie sanzionata dal codice penale all'art. 574-bis
Avv. Matteo Santini - La condotta relativa alla sottrazione internazionale di minore è sanzionata dal nostro codice penale.


La fattispecie penale

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L'art. 574-bis, recita:
"Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque sottrae un minore al genitore esercente la responsabilità genitoriale o al tutore, conducendolo o trattenendolo all'estero contro la volontà del medesimo genitore o tutore, impedendo in tutto o in parte allo stesso l'esercizio della responsabilità genitoriale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Se il fatto di cui al primo comma è commesso nei confronti di un minore che abbia compiuto gli anni quattordici e con il suo consenso, si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni.
Se i fatti di cui al primo e secondo comma sono commessi da un genitore in danno del figlio minore, la condanna comporta la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori.

La convenzione dell'Aja

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La Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, che disciplina gli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, si applica nelle relazioni tra gli Stati che l'hanno firmata o vi hanno aderito, sempre che l'adesione sia stata accettata dagli altri Stati; per verificare quali sono si può consultare il sito del Ministero degli esteri e della cooperazione internazionale, che riporta la tabella aggiornata degli Stati aderenti.

L'ambito di applicazione della Convenzione è quello della "sottrazione internazionale", che si configura quando un minore avente la residenza

abituale in un determinato Stato è condotto in un altro Stato senza il consenso del soggetto che esercita la responsabilità genitoriale, che comprende il diritto di determinare il luogo di residenza abituale del minore; alla sottrazione è equiparato il trattenimento del minore in uno Stato diverso da quello di residenza abituale, senza il consenso del genitore o di altro soggetto titolare dell'affidamento.
Fondamentale, dunque, è determinare la residenza del minore e, in caso di separazione (anche di fatto) o divorzio, quale dei genitori abbia l'affidamento del minore.
Altro presupposto per l'applicazione della Convenzione è che il minore sottratto abbia meno di sedici anni di età; al compimento del sedicesimo anno, la procedura si interrompe, anche se è già in fase giudiziaria.
Inoltre, è previsto che la persona che richiede il rimpatrio del minore sia il titolare della responsabilità genitoriale e al momento della sottrazione esercitava effettivamente le corrispondenti funzioni.

Il rimpatrio

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Di fondamentale importanza sono gli artt. 12 e 13 della Convenzione, relativi alle procedure per il rimpatrio . Ai sensi dell'Art. 12 " L'Autorità adita ordina il ritorno immediato del minore che fosse stato trasferito o trattenuto illecitamente giusta l'articolo 3 qualora fosse trascorso meno di un anno dal trasferimento o dal mancato ritorno al momento della presentazione dell'istanza innanzi all'autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente in cui si trova il minore.

L'autorità giudiziaria o amministrativa deve ordinare il ritorno del minore pur se adita dopo lo scadere dell'anno di cui al capoverso precedente, salvo che sia accertato che il minore si è integrato nel suo nuovo ambiente.
L'autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto può sospendere il procedimento o respingere l'istanza di ritorno del minore qualora abbia motivo di credere che questi sia stato condotto in un altro Stato".
L'Articolo 13 recita invece che " Nonostante il disposto del precedente articolo, l'autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, l'istituzione o l'ente che vi si oppone accerti: a) che la persona, l'istituzione o l'ente che aveva cura del minore non esercitava di fatto il diritto di custodia all'epoca del trasferimento o del mancato ritorno, ovvero aveva acconsentito o ha assentito a posteriori a questo trasferimento o mancato ritorno; oppure b) che vi è il grave rischio che il ritorno esponga il minore a un pericolo fisico o psichico, ovvero lo metta altrimenti in una situazione intollerabile. L'autorità giudiziaria o amministrativa può anche rifiutare di ordinare il ritorno del minore ove accerti che questi vi si oppone e che ha raggiunto un'età e una maturità tali che appare opportuno tener conto di questa opinione. Nell'apprezzamento delle circostanze di cui al presente articolo, le autorità giudiziarie o amministrative devono tener conto delle informazioni sulla situazione sociale del minore, fornite dall'Autorità centrale o da qualsiasi altra autorità competente dello Stato della dimora abituale di costui".

La posizione della Corte di Cassazione

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In merito al possibile diniego da parte dell'autorità giudiziaria o amministrativa al rimpatrio del minore, su richiesta del genitore affidatario, con particolare riferimento al punto b) dell'art. 13 della Convenzione, è intervenuta di recente la Corte di Cassazione, con la sentenza 25 maggio 2016 n. 10817, che ha confermato la legittimità del provvedimento di diniego all'istanza di rimpatrio in Ungheria presentata dalla madre di due minori, in quanto, dalle risultanze probatorie, risultava dimostrata la sussistenza di un fondato rischio per i minori di essere esposti, per il fatto del loro ritorno, a pericoli fisici e psichici, o, comunque, di trovarsi in una situazione intollerabile.

Ciò in quanto, in base al principio del superiore interesse del minore, la sentenza impugnata aveva posto in evidenza la probabilità di esposizione dei minori a situazione di rischio dal punto di vista fisico, ma soprattutto psicologico, a causa della condotta materna "da loro percepita come punitiva e violenta, caratterizzata da percosse, punizioni corporali, alimentazione non adeguata..", nonchè in considerazione delle serie difficoltà di inserimento nel nuovo ambiente, anche scolastico.

L'orientamento della Corte di giustizia europea

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La Corte di Giustizia Europea ha chiarito che le disposizioni generali del capo III del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, devono essere interpretate nel senso che, nel caso in cui si affermi che dei minori sono stati trasferiti illecitamente, la decisione di un giudice dello Stato membro in cui i minori avevano la loro residenza abituale, che disponga il rientro di tali minori, e consegua a una decisione sulla responsabilità genitoriale, può essere dichiarata esecutiva nello Stato membro ospitante conformemente a tali disposizioni generali.

Leggi anche:

- La sottrazione del minore all'estero

- Sottrazione di un minore da parte di un genitore: i consigli dell'avvocato

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