Le due componenti imprescindibili per un corretto utilizzo della scienza di governo

di Roberto Cataldi - Il termine "politica" viene fin troppo spesso associato a qualcosa di riprovevole, alla corruzione, al malgoverno. Ci si convince facilmente del fatto che i politici siano mossi principalmente dalla brama di potere e che facciano parte di una ristretta casta di privilegiati.

Il fatto è che nella coscienza sociale, il termine ha di fatto divorziato dall'idea che fare politica possa anche significare correttezza, servizio per la collettività, amministrazione nell'interesse del bene comune.

E' vero, non possiamo negarlo: nel mondo della politica vi sono fin troppe tipologie di persone e tutte profondamente diverse tra loro. L'agire politico può dunque condurre anche a delle distorsioni. Ma proviamo a lasciare da parte ciò che costituisce la degenerazione della scienza di governo e a soffermarci sulle sue valenze positive.

In uno dei suoi significati più belli e profondi, la parola "politica" viene affiancata, ad esempio, al termine correttezza: il "politicamente corretto".

Ma cosa significa più esattamente essere corretti in ambito politico?

Da un punto di vista strettamente formale la correttezza sembrerebbe indicare il rispetto delle regole, dell'onestà intellettuale, del principio di legalità. E la correttezza deve certamente entrare a far parte anche del processo di formazione delle leggi, dove è fondamentale rispettare il principio di "correttezza" formale e della razionalità.

Diciamo pure che il "logos", inteso come "pensiero secondo ragione", è la "conditio sine qua non", la base imprescindibile che deve condurre sul filo della razionalità le scelte del legislatore.

Il "logos" nell'agire politico è anche garanzia di rigore logico, di rispetto dei principi che sono alla base di un ordinamento giuridico che deve mantenere una coerenza di fondo.

Eppure il solo approccio razionale potrebbe portare a delle aberrazioni, ed entrare persino in contrasto con il comune sentire.

Si può decidere di risanare l'economia di un paese attraverso tagli lineari, senza porsi il problema di quelli che possono essere gli impatti sulla popolazione; si può preferire una legalità fatta di burocrazia piuttosto che di buon senso; si può cedere alla tentazione di trascurare i diritti umani e via dicendo...

Per fortuna esiste un secondo elemento, anch'esso imprescindibile per un corretto agire politico: il pathos, la capacità di attingere anche al mondo delle emozioni e dei sentimenti.

Ma è possibile che il pathos possa influenzare una scelta legislativa? Direi proprio di sì, specie quando si prendono decisioni che incidono profondamente sulla vita delle persone. La dimensione umana, in questi casi, non può passare in secondo piano.

La legge del resto, di per sé, garantisce solo "legalità", ma il termine "legalità" non è sempre sinonimo di "giustizia".

Emblematico a tal proposito lo scontro tra Antigone e Creonte, che nella nota tragedia di Sofocle stanno a indicare, simbolicamente, il perenne conflitto tra giustizia e legalità, tra "jus" e "lex".

Antigone è colei che si ribella alla legge del re, a una legge ingiusta che vietava di dare sepoltura a suo fratello Polinice.

Affettivamente ed emotivamente coinvolta, la donna aveva deciso di disobbedire perché convinta che nessuna legge scritta avrebbe mai potuto mettere in discussione quelle leggi "non scritte" che fanno parte della natura umana e che preesistono a qualsiasi legge positiva.

Per questo "affronto", Creonte condanna Antigone a passare il resto della sua vita rinchiusa in una grotta, anche se poi toccato nella coscienza, deciderà di liberarla. I tempi degli uomini, però, non sono i tempi divini e così, nell'aprire la cella di Antigone, il re scopre che la donna si è tolta la vita e, subito dopo di lei, suo figlio (che amava Antigone) e sua moglie.

La tragedia si è consumata, Creonte (che simboleggia la legge) ne esce distrutto. Un uomo che forse poteva avere anche un buon potenziale per essere un sovrano, ma il solo potenziale razionale, senza la componente umana, passionale, lo conduce all'autodistruzione.

Ecco dunque che una tragedia, scritta più di duemila anni fa, riesce a farci comprendere come il sentimento della giustizia, possa risultare mille volte più umano della fredda razionalità delle leggi e che il nostro mondo interno può proporci soluzioni persino più sensate di quante non ne possa suggerire il solo intelletto.

Se riusciamo ad abbandonare l'idea secondo cui il legislatore deve solo ricorrere a un freddo calcolo matematico, limitarsi a un'arida produzione di norme per organizzare la vita dei cittadini, possiamo iniziare a domandarci cosa può fare davvero la differenza.

Nel mito di Antigone è il pathos che ci fa comprendere cosa è giusto e cosa non lo è. A prescindere dal dettato della legge positiva.

Ciò che fa la differenza, nell'agire politico, è dunque la capacità di mettere in campo una buona dose di buon senso e di sensibilità umana.

E' vero, non è assolutamente semplice comprendere il prossimo, il suo stato d'animo, il suo vissuto, ma uno sforzo in tal senso va fatto. Come ha scritto Fabrizio Caramagna "Devi provare a mettere il tuo occhio e le tue orecchie e le tue dita in quello spazio misterioso tra la pelle di una persona e il suo cuore". Credo che questo principio si possa mutuare dall'agire sociale a quello politico e legislativo.

E' in quel campo che si può ricondurre la "giustizia" nell'alveo di ciò che appartiene anche alla sfera dei sentimenti.

Logos e pathos, come elementi imprescindibili. Il primo ci costringe a una riflessione logica, il secondo ci pone di fronte alla necessità di attribuire un valore reale alla dimensione umana.

Laddove il logos è il puro pensiero, il pathos è il contatto con la realtà, con la gente, è ciò che ci può aiutare a definire le priorità e ad operare soprattutto nel rispetto delle persone.

Forse aveva ragione Shakespeare quando, per indicare l'essenza che ogni essere umano si porta dentro, arrivò ad affermare che "siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni".

Questa essenza ci accompagna ogni qualvolta ci poniamo un obiettivo in cui crediamo fermamente.

Cos'è che non funziona dunque in ambito politico?

Forse è proprio il poco spazio riservato al pathos.

Shakespeare, Sofocle e tutti coloro che hanno tramandato idee che oggi sono diventate parte integrante della nostra cultura, sono stati "semplicemente" degli uomini, fatti come noi, della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Solo che loro avevano capito una cosa importante: non si può lasciare un pezzo di noi a casa, siamo fatti di Logos e Pathos e non possiamo fare altro che usarli, sempre, anche se siamo seduti su delle comode poltrone dentro le aule di un Parlamento.


Foto: 123rf
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: