Per il tribunale di Catania non può negarsi che il giudizio ben poteva essere definito a quella data, senza ulteriore necessità di proseguire la causa e di appesantimento del contenzioso
Avv. Paolo Calabretta - Il Tribunale di Catania, con la sentenza n. 898 del 01 Marzo 2019 (sotto allegata) ha statuito, in punto di regolamentazione delle spese, quanto segue: " … Quanto alle spese del giudizio non può non rilevarsi che ai sensi dell'art.91 c.p.c. "il giudice… se accoglie la domanda in misura non superiore all'eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta, al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma dell'art.92 c.p.c.".

La decisione

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Orbene, il precedente giudice assegnatario della causa, Dr.ssa Alessandra Bellia, con ordinanza del 09.11.2015, aveva formulato la seguente proposta transattiva: "Il XXXXXXXXXXX si impegna a pagare l'intero ammontare della merce consegnata, limitatamente a quella riportata nei DDT da lui sottoscritti, segnatamente quelli che vanno dal 04 al 07.12.2010 (cfr. documentazione allegata alla comparsa di costituzione e di risposta) con condanna alle spese di lite per complessivi €.1000,00 oltre IVA e CPA".

E' appena il caso di chiarire che nessun dubbio può sussistere sul fatto che i DDT cui faceva riferimento la Dr.ssa Bellia non erano solo quelli prodotti a corredo del fascicolo monitorio, ma proprio quelli prodotti dalla YYYYYYYYYYY all'atto della costituzione in giudizio e ciò sia per espresso riferimento alla "documentazione allegata alla comparsa di costituzione e di risposta", sia per il riferimento alla documentazione "del 07.12.2010", non presente nel fascicolo monitorio (gli unici documenti ivi sottoscritti da XXXXXXXXXX sono solo del 04 e del 06 dicembre 2010).

Non può negarsi - quindi - che il giudizio ben poteva essere definito a quella data, senza ulteriore necessità di proseguire la causa e di appesantimento del contenzioso del Tribunale.

Pertanto, ai sensi dell'art.91 c.p.c., la convenuta opposta va condannata al pagamento delle spese processuali maturate dopo la proposta conciliativa che si traducono solo nella liquidazione della fase decisionale e che vengono liquidate come da DM 55/2014 e succ. integrazioni e modificazioni in €.1620,00 oltre accessori di legge.

In considerazione della reciproca soccombenza, le spese del giudizio vengono compensate per 1/3 e parte opponente va condannata a rifondere alla convenuta opposta, le spese di lite pari a 2/3 che, in applicazione citato DM 55/2014, si liquidano per la parte residua dovuta in complessive €.2.143,33 oltre accessori di legge…".

Ora - nel corpo di questa articolata motivazione sul capo relativo alle spese di lite - l'affermazione, conclusiva, che merita di essere attenzionata è quella secondo la quale: "Non può negarsi -quindi- che il giudizio ben poteva essere definito a quella data, senza ulteriore necessità di proseguire la causa e di appesantimento del contenzioso del Tribunale".

L'art. 91 1° comma c.p.c.

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Non v'è dubbio, invero, come la ratio sottesa alla suindicata novella dell'art. 91 1° comma c.p.c. sia quella di deflazionare il contenzioso pendente.

In altri termini, la norma va letta in combinato disposto con gli articoli 185 c.p.c. (rubricato Tentativo di conciliazione) e 185 bis c.p.c. (rubricato Proposta di conciliazione del giudice) e, quindi - da una parte - pone in risalto il ruolo del giudice nel determinare una proposta conciliativa e - dall'altra parte - responsabilizza le parti, rendendole consapevoli che un'ingiustificata protrazione del giudizio sarà sanzionata con la condanna alle spese processuali, per intero, di quel segmento del giudizio successivo al mancato accoglimento della proposta conciliativa.

E ciò in ossequio al più generale precetto normativo di cui all'art. 88 c.p.c. a tenore del quale, com'è noto: Le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità.

Il decreto n. 28/2010

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Ebbene, è appena il caso di rilevare come il meccanismo di cui al suindicato art. 91 1° comma c.p.c. (siccome introdotto dall'art. 45, comma 10, della l. 18 giugno 2009, n. 69) costituisca uno dei tasselli della suindicata legge di riforma processuale del 2009, di cui, invero, costituisce ulteriore applicazione l'art. 13 Decreto legislativo 04/03/2010 n. 28, in materia di mediazione obbligatoria, introdotto in attuazione dell'articolo 60 della medesima legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.

I primi due commi del suindicato art. 13, invero, così dispongono:

1. Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonche' al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l'applicabilita' degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile.. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresi' alle spese per l'indennita' corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4.

2. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, puo' nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l'indennita' corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente.

Il decreto n. 132/2014

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Infine, di questo trend normativo è espressione pure la successiva norma introdotta in tema di negoziazione assistita e, segnatamente, l'art. 4, 1° comma Decreto-Legge 12 settembre 2014 n. 132 convertito, con modificazioni, dalla Legge 10 novembre 2014, n. 162, che così recita:

1. L'invito a stipulare la convenzione deve indicare l'oggetto della controversia e contenere l'avvertimento che la mancata risposta all'invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto puo' essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli articoli 96 e 642, primo comma, del codice di procedura civile.

Ne deriva come l'auspicata applicazione generalizzata delle suindicate disposizioni (dettate sia per la fase preprocessuale che per la fase processuale) non potrà che costituire utile strumento di deflazione del contenzioso, aumentando il senso di responsabilità delle parti ed attribuendo al giudice un'utile leva per modulare la risposta che l'ordinamento potrà dare, in concreto, alla domanda di giustizia.

Avv. Paolo Calabretta

del Foro di Catania

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