Il cyberbullismo è una forma di bullismo online, ossia perpetrato attraverso strumenti telematici. In Italia, il fenomeno è disciplinato dalla legge n. 71/2017

In che cosa consiste il cyberbullismo

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Il cyberbullismo o bullismo online si realizza tramite l'attacco ripetuto e continuo alla vittima, di contenuto offensivo e denigratorio, attraverso gli strumenti messi a disposizione dalla rete, come le chat, i social network e le e-mail.

Si tratta di un fenomeno che assume sempre più un carattere allarmante dal punto di vista sociale, tanto da essere indagato e studiato da molteplici discipline, ed anche nella letteratura e nel cinema (tra le numerose opere cinematografiche sul cyberbullismo si segnala Disconnect, film del 2012 e Unfriendend del 2014; per una lista completa vai all'apposita pagina su Wikipedia).

Dal punto di vista giuridico, esattamente come il bullismo, il cyberbullismo ha riflessi penali, civilistici e in materia di privacy.

Cyberbullismo diretto

Il cyberbullismo può essere diretto o indiretto.

Il primo si verifica quando il cyberbullo si rivolge direttamente e personalmente alla vittima, perpetrando le sue aggressioni, ad esempio, attraverso messaggi inviati tramite chat private.

Cyberbullismo indiretto

Il cyberbullismo indiretto, invece, si verifica quando l'attacco ripetuto e continuo al bullizzato avviene in luoghi virtuali pubblici, come ad esempio nei forum o nelle bacheche dei social network. In tale ipotesi, tutti coloro che possono accedere agli attacchi vengono spesso coinvolti nei comportamenti bullizzanti, divenendone parte attiva.

Chi è il cyberbullo

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Chi è quindi il cyberbullo? Di norma, ma non necessariamente, si tratta di un soggetto di età compresa tra i 10 e i 16 anni, che ha delle notevoli competenze informatiche e utilizza quindi la rete per dare libero sfogo alla sua prepotenza e per porre in essere comportamenti che nella "vita reale" non ha il coraggio di compiere, senza rendersi conto della gravità delle proprie azioni.

Crescendo, il comportamento del cyberbullo da inconsapevole diviene talvolta più articolato e simile ai maltrattamenti e agli insulti che caratterizzano il bullismo della vita reale.

Chi sono le vittime di cyberbullismo

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A differenza del cyberbullo, il profilo psicologico delle vittime del cyberbullismo non è ben definito. A volte la scelta, contrariamente al bullismo in presenza, è "casuale" e le vittime possono essere persone "comuni" senza particolari caratteristiche: il cyberbullismo sui social ad esempio può nascere da una semplice discussione, da un litigio e poi amplificarsi man mano.

Ciò che è certo è che la persona perseguitata, senza supervisione degli adulti si ritrova ad essere travolta psicologicamente dagli attacchi che riceve online e comincia a manifestare segnali anche fisici, come disturbi alimentari, attaccamento spasmodico al cellulare, alterazione del sonno o del ritmo sonno-veglia, ecc.

Differenze tra bullismo e cyberbullismo

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A differenza del bullismo tradizionale il cyberbullismo si caratterizza per:

  • la difficoltà di risalire al molestatore, visto che solitamente utilizza un profilo falso o resta "anonimo";
  • l'assenza di limiti di tempo e di luogo circoscritti, considerato che l'aggressore può colpire la propria vittima a distanza e quindi senza un contatto "fisico" in qualunque momento della giornata;
  • la carenza o diminuzione dei freni inibitori del bullo determinata dalla mancanza di un rapporto diretto con il soggetto passivo;
  • il fatto che le vittime predestinate il più delle volte sono i "diversi", ossia coloro che hanno idee, credo religioso, orientamento sessuale non convenzionali, o semplicemente soggetti timidi, insicuri o che vestono in modo particolare, antiquato o all'opposto troppo eccentrico;
  • le conseguenze gravi o gravissime che produce, identificabili con l'isolamento, la depressione che, nei casi più estremi, può condurre al suicidio.

Vai alla tabella su bullismo e cyberbullismo sul sito del ministero dell'istruzione

La legge sul cyberbullismo (legge n. 71/2017)

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In Italia il cyberbullismo è stato disciplinato per la prima volta, in forma organica, con la legge n. 71/2017 "Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo" (sotto allegata) che, al comma 2 dell'art 1 definisce il cyberbullismo come "qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identità', alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti online aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo."

Il ruolo del Miur

Come annunciato nell'art. 1 della legge interna dedicata al cyberbullismo, essa "si pone l'obiettivo di contrastare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti, assicurando l'attuazione degli interventi senza distinzione di eta' nell'ambito delle istituzioni scolastiche".

Per realizzare questi obiettivi è stato prevista l'adozione, da parte del Ministero dell'Istruzione di linee di orientamento, da aggiornare ogni due anni, al fine di prevenire e contrastare il cyberbullismo nelle scuole, anche attraverso la collaborazione della Polizia postale.

A tal fine occorre formare il personale docente, coinvolgere studenti ed ex studenti, promuovere bandi per finanziare i progetti scolastici di contrasto al cyberbullismo, educare alla legalità e rieducare i minori responsabili di tali condotte.

Non solo, nel caso in cui si venga a conoscenza, all'interno della scuola, di casi di cyberbullismo in cui sono coinvolti alcuni studenti dell'istituto, il dirigente scolastico ne informa gli esercenti della responsabilità genitoriale o i tutori e attua specifiche misure educative.

Forme di cyberbullismo

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Gli esempi di cyberbullismo sono tantissimi. I vari comportamenti che possono integrare la fattispecie in commento sono stati racchiusi in diverse categorie, che sono utili per comprendere quando, in concreto, si verifica tale fenomeno.

Cyberstalking

Il cyberstalking è tipico di legami affettivi e si caratterizza per la tendenza del molestatore a cercare di avere dei contatti con la vittima, sempre utilizzando i sistemi digitali.

Denigration

Con il cd. denigration, il cyberbullo utilizza gli strumenti virtuali per diffondere pettegolezzi, calunnie o immagini modificate della vittima al fine di deriderla pubblicamente.

Exclusion

Si parla di exclusion, invece, quando il bullizzato viene escluso da un gruppo virtuale, con il solo scopo di emarginarlo e farlo sentire isolato e diverso.

Flaming

Con il flaming si sollecitano delle liti tra due soggetti all'interno di un gruppo pubblico o un forum. Esso consiste in provocazioni e frasi violente o verbali, scritte dal cyberbullo per il solo piacere di insultare gli altri.

Harassment

Simile al flaming è l'harassment. Anche in questo caso la condotta è rappresentata dall'insultare il prossimo, che tuttavia non è rappresentata da uno o più soggetti indistinti che partecipano alla conversazione ma da una vittima ben individuata.

Happy slapping

Si parla di happy slapping quando il cyberbullo diffonde nella rete delle immagini o dei video in cui la vittima viene picchiata. Si sposta, quindi, sul web un fenomeno di bullismo "reale" trasformandolo anche in "virtuale".

Impersonation

Con l'impersonation, il cyberbullo si appropria indebitamente dell'identità virtuale del bullizzato e agisce fingendosi lui, in maniera tale da danneggiarne pubblicamente la reputazione.

Outing and trickery

Infine, si parla di outing and trickery quando il cyberbullismo consiste nella diffusione di informazioni personali o imbarazzanti che la vittima ha personalmente consegnato al cyberbullo, fidandosi di lui.

Sexting

Il termine deriva dalla fusione dei termini inglesi sex "sesso" e texting "inviare messaggi elettronici". Il comportamento bullizzante in questo caso si estrinseca attraverso l'invio di messaggi, foto, testi e video di natura sessuale, trasmessi tramite internet o smartphone.

Doxing

Il termine doxing è la contrazione del termine documents ossia "documenti". In questo caso la diffusione di informazioni personali e sensibili della vittima avviene tramite documenti appunto. Condotta che risulta fortemente lesiva della privacy della persona.

Come segnalare casi di cyberbullismo

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La prima forma di tutela della dignità del minore prevista dalla legge n. 71/2017 è contenuta nell'art. 2. Ogni minore ultraquattordicenne, genitore o soggetto esercente la responsabilità può infatti inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media un'istanza per ottenere l'oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi dato personale del minore diffuso in rete, previa conservazione dei dati originali, anche se le condotte non violino l'art 167 del legislativo 30 giugno 2003, n. 196 o altre norme.

Se entro ventiquattro ore dal ricevimento dell'istanza, il responsabile non comunica di aver assunto l'incarico di provvedere all'oscuramento, rimozione o blocco richiesto, entro quarantotto ore non vi provvede, o quando non è possibile identificare il titolare del trattamento o il gestore del sito o del social media, la domanda può essere presentata, tramite segnalazione o reclamo, al Garante per la protezione dei dati personali, che deve provvedere entro le quarantotto ore dalla ricezione della richiesta, ai sensi degli artt. 143 e 144 del d.lgs. n. 196/2003.

Cyberbullismo: conseguenze civili e penali

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I cyberbulli, così come i bulli, sono puniti dalla legge. Il nostro ordinamento infatti contempla strumenti di tutela di tipo civile e penale a cui la vittima di attacchi informatici può ricorrere per tutelarsi.

Le conseguenze civili

Il fatto che il cyberbullismo sia un fenomeno che coinvolge minori non è infatti di ostacolo a una eventuale richiesta di risarcimento danni. In questi casi però la domanda non potrà essere rivolta direttamente al minore, ma ad altri soggetti. Vediamo quali.

Culpa in vigilando e in educando

L'art. 2048 c.c prevede che: "Il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi." Trattasi della cosiddetta culpa in vigilando e in educando, estensibile anche ai precettori e a coloro che insegnano un mestiere al minore, che sposta quindi l'obbligo risarcitorio su un soggetto diverso da quello che commette materialmente l'illecito.

I minori infatti non godono di una tutela della privacy, tanto è vero che ai genitori non viene riconosciuto solo il diritto di vigilare ed esercitare sugli stessi un controllo efficace e costante, su di loro grava un vero e proprio dovere in tal senso.

Tale dovere è talmente pregnante che i genitori o i soggetti deputati al controllo dei minori possono sottrarsi dalla responsabilità in vigilando e in educando solo se riescono a dimostrare di aver impartito un'educazione normalmente sufficiente e di non aver potuto impedire l'evento, che nel caso del cyberbullismo si traduce in una condotta prevaricatrice.

Ne consegue che, se il minore non risulta incapace d'intendere e di volere (come previsto dall'art. 2046 c.c.), per legge i genitori sono presuntivamente responsabili per omessa vigilanza o per difetto di educazione del minore.

La responsabilità della scuola

Se poi l'episodio di cyberbullismo si realizza all'interno della scuola, essa è civilmente responsabile ai sensi dell'art. 28 della Costituzione e dell'articolo 61 della legge n. 312/1980, a causa del rapporto organico che caratterizza il personale dipendente dell'istituto scolastico.

In ambito scolastico pertanto la responsabilità grava sul personale docente, il quale però non risponde personalmente nei confronti dei terzi. A rispondere è infatti l'Amministrazione sulla quale grava la responsabilità civile, salvo rivalsa da parte dello Stato verso l'insegnante nei soli casi di dolo o colpa grave.

Le voci di danno risarcibili

Per quanto riguarda poi le voci di danno risarcibili, il cyberbullismo, come nei fenomeni di bullismo ordinario, è in grado di produrre danni non patrimoniali, tra cui figurano principalmente il danno morale e quello biologico se il malessere della vittima è talmente grave da tradursi in una malattia del corpo, oltre a quello reputazionale e d'immagine.

La sentenza del Tribunale di Sulmona n. 103/2018 inoltre ha riconosciuto a una ragazzina vittima di cyberbullismo da parte dei coetanei, che hanno diffuso una sua fotografia senza indumenti, un risarcimento del danno di svariate decine di migliaia di euro per aver leso con queste condotte interessi relativi alla sfera della persona, costituzionalmente rilevanti e protetti dall'art. 2 della Costituzione, come il diritto alla riservatezza, alla reputazione, all'onore e all'immagine.

Le conseguenze penali

Dalla lettura della definizione giuridica del cyberbullismo, unitamente all'art. 7 della legge n. 71/2017 emerge invece chiaramente che le fattispecie penali che possono essere violate con questa forma di aggressione sono diverse.

Ora, se il reato di ingiuria (art. 594 c.p.) è stato depenalizzato, tanto che oggi è un illecito civile, l'art 595 c.p. contempla il reato di diffamazione, mentre il 612 c.p descrive e sanziona le minacce.

Dal punto di vista penale l'art. 7 richiama anche l'art. 167 del Codice per la protezione dei dati personali, dedicato al reato di trattamento illecito di dati, che punisce con la reclusione chiunque, al fine di trarne profitto o recare danno a terzi, tratti i dati personali in modo non conforme alle disposizioni richiamate. A questa elencazione, prevista ai fini dell'ammonimento, devono aggiungersi altre condotte penalmente rilevanti. Si tratta dei reati di sostituzione di persona (art. 494 c.p.), violenza privata (art. 610 c.p.), atti persecutori (art. 612 bis c.p.), estorsione (art. 629 c.p.), molestia o disturbo alle persone (art. 660 c.p), pornografia minorile (art. 600 ter c.p), detenzione di materiale pornografico (art. 600 quater c.p), diffusione materiale pedopornografico (art. 600 ter c.p), interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis c.p.), lesioni (art. 582 c.p.).

Cosa rischia un minore

Prima d'intraprendere un'azione penale attraverso la presentazione di una denuncia o di una querela per i reati di cui agli artt. 594, 595,612 c.p e 167 d.lgs. n. 196/2003, se l'azione è stata commessa da un minore ultraquattordicenne nei confronti di altri ultraquattordicenni tramite la rete internet, è prevista la possibilità di ricorrere alla procedura di ammonimento contemplata dall'art. 8, commi 1 e 2, del dl n. 11/2009 "Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori" convertito, con modifiche dalla legge n. 38/2009 e successive modificazioni. L'ammonimento prevede la convocazione del minore responsabile e di un genitore o di un soggetto che ne esercita la responsabilità genitoriale e i suoi effetti cessano nel momento in cui l'ammonito raggiunge la maggiore età.

L'istanza deve essere presentata al Questore che, assunte le necessarie informazioni, in sede di convocazione "ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti e' stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale".

Cosa rischia un maggiorenne

Nelle ipotesi, rare ma non impossibili, in cui il cyberbullo sia un maggiorenne, le conseguenze della sua condotta sono quelle già viste per i minorenni.

Tuttavia, a rispondere in via penale e/o civile delle proprie azioni è direttamente il responsabile e non i genitori.

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Foto: 123rf.com
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