Vige oramai nella prassi d'ufficio, l'idea che il contributo di bonifica sia considerabile alla stregua di una "quasi imposta", sganciata dalla controprestazione e dunque obbligatoria
di Giuseppe Grande - E' oramai consuetudine, nelle commissioni tributarie, prendere atto dell'intenso dibattito sviluppatosi intorno all'obbligatorietà assoluta del contributo di bonifica, reso possibile da un articolato sistema di prassi e presunzioni tributarie escogitato e messo in pratica dai consorzi negli anni.

Cos'è il contributo di bonifica

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Risulta importante ricordare che il contributo di bonifica, in quanto tale, non è un'imposta impersonale o generica bensì una prestazione in denaro richiesta periodicamente come controprestazione di un'attività posta a beneficio personale del contribuente.

In tale prospettiva è facile comprendere come, tolto il beneficio personale, decada anche l'obbligatorietà della prestazione in denaro. Tuttavia, questo passaggio, non sempre è considerato logico e lineare ma viene osteggiato dalle azioni esecutive messe in campo dai Consorzi di Bonifica.

La problematica

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Di fatto, nella prassi, il contributo di bonifica viene reso obbligatorio, sempre e comunque, per tutti coloro che si ritrovano ad essere proprietari di immobili di qualsiasi natura all'interno del perimetro di bonifica (piano di classifica), presumendo che, all'interno dell'area in questione, i consorziati ricevano benefici relativi alle attività del consorzio e all'accrescimento di valore dei propri immobili.

Ma se così non fosse? Qualora nessun beneficio o accrescimento di valore derivasse dal ritrovarsi nel suddetto perimetro, quali possibilità ha il contribuente per sottrarsi dal pagamento del contributo?

Le soluzioni

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Fino ad ora, a livello squisitamente amministrativo/burocratico le possibilità risultano mere speranze, poiché ad ogni istanza di annullamento in autotutela avanzata dal contribuente corrisponde un netto rigetto da parte del consorzio. Questo perché, vige oramai nella prassi d'ufficio, l'assurda idea che il contributo in questione sia considerabile alla stregua di una "quasi imposta", sganciata dalla controprestazione e dunque obbligatoria. Nulla di più assurdo.

Tuttavia, visti i numerosi spiragli giurisprudenziali, sembra che l'unica possibilità di riscatto per il contribuente rimanga esclusivamente l'opposizione in commissione tributaria.

Recenti pronunce infatti (cfr. Ctp Caserta n. 2446/2018, disponibile su Ilcaso.it) hanno chiarito il concetto di obbligatorietà della controprestazione da parte dei Consorzi di Bonifica affinché venga resa possibile l'obbligatorietà del contributo. Quest'ultimo, sempre a parere dei giudici tributari, rimane fermamente una prestazione volontaria che nasce dagli ovvi benefici ricavati dalle attività consortili.

Per tali ragioni qualora venga meno il rapporto di causa-effetto tra beneficio e contributo, viene meno anche l'obbligo di contribuzione stesso. Unico neo di questo concetto razionale e logico è la necessità di assicurarlo solo attraverso un giudice tributario con l'onere della prova a proprio carico.

Il rapporto con gli enti locali

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Sarebbe forse giunto il momento che anche gli enti locali coinvolti nel perimetro consortile prendano atto della quaestio entrando nel merito.

Di fatto è risaputo che le amministrazioni locali posseggono una certa capacità di controllo del territorio, che potrebbe, in una certa misura riportare all'attenzione del giudice amministrativo l'oggettiva inadempienza dei consorzi di bonifica in rapporto alle pretese tributarie ritualmente riscosse.


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