Per le Sezioni Unite, non c'è una responsabilità oggettiva della banca e la stessa può provare di non avere colpa se ha agito secondo le regole di diligenza previste
di Redazione - Se la banca paga un assegno alla persona sbagliata può dimostrare di non avere colpa e di avere agito secondo le regole di diligenza previste. È quanto stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 12477/2018 depositata ieri (sotto allegata), rigettando il ricorso della Fondiaria Sai (emittente) contro la San Paolo (soggetto pagatore) avverso la pronuncia di merito che aveva ritenuto il danno attribuibile nella stessa misura ad entrambi. Alla prima per aver spedito l'assegno de quo a mezzo posta ordinaria, alla seconda per aver pagato il titolo ad un soggetto che si era recato per la prima volta presso gli sportelli, identificandolo solo attraverso un documento di identità.

Giunta la vicenda in Cassazione, la prima sezione civile, rilevando un risalente contrasto giurisprudenziale, rimetteva la questione alle sezioni unite.

Nella decisione, i giudici di legittimità hanno anzitutto escluso, a differenza di quanto asserito dalla ricorrente, che si possa configurare una "responsabilità oggettiva" della banca nel momento in cui paga un assegno a soggetto diverso dal beneficiario.

Per gli Ermellini, si verte invece in tema di responsabilità contrattuale da "contatto qualificato", giacchè la banca ha un obbligo professionale di "protezione", nei confronti di tutti gli interessati al buon fine dell'operazione, "di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l'incasso".

Da qui, il principio di diritto secondo cui "ai sensi dell'art. 43, 2° comma, "Legge assegni" (Rd 21 dicembre 1933, n. 1736), la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato - per errore nell'identificazione del legittimo portatore del titolo - dal pagamento di assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità a persona diversa dall'effettivo beneficiario, è ammessa a provare che l'inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall'art. 1176, 2° comma, c.c.".

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Cassazione Sezioni Unite sentenza n. 12477/2018

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