Alle associazioni riconosciute non è applicabile il principio della sopravvivenza in attesa della definizione dei rapporti giuridici pendenti

di Enrico Pattumelli - Alle associazioni riconosciute non può applicarsi il principio della sopravvivenza in attesa della definizione dei rapporti giuridici pendenti. E' quanto stabilito dalla Cassazione con la sentenza n. 12528/2018 (sotto allegata).

Il caso di specie

Un'associazione riconosciuta conveniva in giudizio una società al fine di ottenere la restituzione di un'azienda, quest'ultima costituita da locali commerciali e attrezzature, in virtù della risoluzione del relativo contratto di cessione, accertata giudizialmente con sentenza passata in giudicato.

La convenuta resisteva alla domanda e, in via riconvenzionale, chiedeva il rimborso delle spese sostenute per il ripristino di detta azienda.
Il giudice di prime cure accoglieva sia la domanda di restituzione, limitatamente ad alcune aree, sia la riconvenzionale per il rimborso delle somme, riducendone l'importo.
La società convenuta proponeva appello principale mentre, l'associazione, proponeva appello incidentale.
L'appellante sosteneva che l'associazione riconosciuta fosse da tempo estinta e, inoltre, rilevava che il mandato alle liti fosse stato sottoscritto da un soggetto diverso dai componenti della stessa.
Si sosteneva che una tale situazione avrebbe dovuto comportare l'inammissibilità della costituzione in appello della controparte, con la necessità di condannare il sottoscrittore in solido con l'associazione per il rimborso delle spese.
La Corte d'appello qualificava l'ente come associazione non riconosciuta e rilevava altresì che, a fronte di quanto previsto da un verbale di assemblea, i componenti avessero eletto un nuovo consiglio direttivo, nominando il sottoscrittore della procura ad litem quale presidente.
In altri termini, i giudici di appello sostenevano che l'ente non si fosse sciolto ma avesse continuato ad esistere come associazione non riconosciuta.
Per queste ultime si riteneva applicabile il principio secondo cui tali organizzazioni debbano considerarsi esistenti, anche in presenza di una formale dichiarazione di scioglimento, fino a quando risultino essere titolari di rapporti giuridici ancora pendenti.
L'attualità e la pendenza di detti rapporti, legittimano gli stessi organi ad agire al fine di poterli definire.
Ammessa così la costituzione in giudizio di parte appellata, i giudici di Appello confermavano la sentenza di primo grado, rigettando le doglianze prospettate dalle parti.
La società, convenuta nel giudizio di primo grado e appellante principale, propone ricorso in Cassazione.
Prescindendo dai diversi motivi di ricorso, appare opportuno concentrarsi su quello che i giudici di legittimità hanno considerato pregiudiziale e assorbente.
Il ricorrente contesta l'erroneo operato della Corte di Appello nell'aver qualificato l'associazione come ente non riconosciuto, nonostante questa fosse stata cancellata dal registro delle persone giuridiche.
Richiamando le norme dedicate alle associazioni riconosciute, emergerebbe l'intenzione del legislatore di distinguere la relativa disciplina rispetto quella prevista per le associazioni non riconosciute.
Si escluderebbe dunque che un'associazione riconosciuta, cancellata dal relativo registro, possa continuare ad esistere trasformandosi in ente non riconosciuto.

La posizione della Cassazione

La Cassazione, con la sentenza in commento, n. 12528 del 21/05/2018, non ha condiviso il ragionamento operato dai giudici di merito.

Non è possibile sostenere che un'associazione riconosciuta, fino a quando non siano definiti tutti i relativi rapporti giuridici, seppur cancellata dal registro delle persone giuridiche, possa continuare ad esistere ed operare quale associazione non riconosciuta.

Il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità ritiene differente e non sovrapponibile la disciplina prevista per lo scioglimento delle associazioni riconosciute, rispetto quella dettata per le associazioni non riconosciute.

Per le prime, ossia le associazioni riconosciute, il legislatore ha previsto un apposito procedimento liquidatorio, disciplinato dalle norme del codice civile e dalle relative disposizioni attuative.

Nello specifico, detto procedimento ha inizio con la dichiarazione di estinzione della persona giuridica da parte dell'autorità governativa (art. 27 c.c.) cui segue la relativa procedura di liquidazione (art. 30 c.c.).

Nominati uno o più commissari liquidatori (art. 11 disp. att. C.c.) da parte del Presidente del Tribunale competente, si procede agli adempimenti liquidativi (artt. 12-19 disp. Att. C.c.).

La chiusura della liquidazione avviene con la cancellazione dal registro delle persone giuridiche su ordine del Presidente del Tribunale (art. 20 disp. Att. C.c.).

Una tale procedura non è invece prevista e, non è analogicamente applicabile, alle associazioni non riconosciute. Queste ultime, anche qualora vi sia stata una deliberazione per lo scioglimento, continuano a rimanere in vita finché esistano rapporti giuridici pendenti e non ancora esauriti.

Nella circostanza da ultimo descritta, la definizione di detti rapporti spetta in capo agli organi dell'ente, i cui componenti rimangono in carica per perseguire tali fini, dotati anche della legittimazione ad agire giudizialmente.

Secondo gli ermellini i giudici di merito, acclarata la cancellazione dell'ente riconosciuto dal relativo registro, hanno errato nel ritenere applicabili i medesimi principi previsti per le associazioni non riconosciute.

La sussistenza di rapporti giuridici pendenti non permette di ritenere esistente, o trasformata, l'associazione riconosciuta.

Come appena illustrato, le associazioni riconosciute devono considerarsi estinte una volta adottato e annotato il provvedimento di cancellazione nel relativo registro, al pari di quanto è previsto per le società.

Parte della dottrina sostiene che il principio della sopravvivenza in attesa della definizione dei rapporti giuridici pendenti dovrebbe estendersi anche alle associazioni riconosciute ma, ad avviso della Corte, deve avvalorarsi l'orientamento contrario.

Tale assunto troverebbe conferma sia dalla necessità di assicurare omogeneità di disciplina tra le associazioni riconosciute e le società, sia dal dato normativo.

L'art. 31 ultimo comma c.c. prevede che i creditori di un'associazione riconosciuta, qualora non abbiano vantato il loro credito nella fase di liquidazione, possano chiedere il relativo pagamento agli assegnatari dei relativi beni, in proporzione e nei limiti di quanto hanno ricevuto, entro un anno dalla chiusura della procedura.

Secondo la Cassazione siffatta norma, al pari di quanto previsto per l'estinzione delle società, esprime un fenomeno lato sensu successorio che mal si concilierebbe con la prospettata tesi della sopravvivenza dell'ente medesimo.

In altri termini, è il legislatore stesso ad escludere che i creditori, una volta avvenuta la cancellazione dell'associazione riconosciuta, possano continuare ad avanzare le proprie pretese nei confronti dell'organizzazione.

La cancellazione di un'associazione riconosciuta non permette di ritenere che essa possa considerarsi trasformata in un ente non riconosciuto.

Una trasformazione è consentita solo qualora risulti provato che si sia costituita una nuova associazione non riconosciuta e quest'ultima abbia incorporato anche l'ente riconosciuto.

La Cassazione precisa altresì che, in presenza di un'incorporazione, si verifica un fenomeno successorio in presenza del quale l'ente incorporato si estingue e l'ente incorporante subentra nei relativi rapporti giuridici.

Quanto appena evidenziato comporta che, in una tale evenienza, non si originerebbe una procedura di liquidazione dell'ente incorporato ma solamente il predetto fenomeno successorio.

La conclusione cui è addivenuta la Suprema Corte è quella di cassare senza rinvio la sentenza impugnata dal momento che la causa non poteva essere proposta ex art. 382 co 3 c.p.c..

L'avvenuta cancellazione dell'associazione, riportata dalle parti e non contestata, comporta la relativa estinzione della stessa quale persona giuridica con la conseguenza che la parte processuale deve considerarsi inesistente.

Ad una diversa conclusione non si sarebbe pervenire anche qualora si fosse trattato di un'incorporazione dell'associazione riconosciuta in un nuovo ente non riconosciuto.

Come si è avuto modo di rilevare tale fenomeno, estraneo al caso di cui si discute, avrebbe comunque determinato l'estinzione dell'ente riconosciuto con l'ovvia conseguenza che il giudizio di merito si sarebbe dovuto instaurare nei confronti dell'associazione di nuova costituzione.

L'inesistenza della persona giuridica comporta dunque l'improponibilità della relativa domanda giudiziale.

In altri termini, si rileva l'inesistenza giuridica dell'atto di citazione che si estende così anche alla relativa domanda riconvenzionale poiché rivolta ad un'associazione non più esistente.

Si tratta di una nullità insanabile, non passibile di conversione, rilevabile d'ufficio in qualsiasi stato e grado del processo e che dunque realizza un'ipotesi di processo che non poteva essere instaurato e, tanto meno, proseguito.

Cass. civ., sez. II, sentenza 12528/2018

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