Per la Cassazione, il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e formativo che tiene conto anche dell'avanzare dell'età

di Marina Crisafi - Perde il diritto al mantenimento il figlio che supera l'esame da avvocato, si iscrive all'albo e per di più frequenta lo studio legale del fratello. Così ha sancito la sesta sezione civile della Cassazione, con l'ordinanza n. 5088/2018 del 5 marzo (sotto allegata) accogliendo il ricorso di un padre.

La vicenda

L'uomo veniva "sconfitto" nel merito, visto che il tribunale di Trani prima e la Corte d'appello poi, rigettavano la sua richiesta volta ad ottenere la revoca, o in subordine, la riduzione dell'assegno di mantenimento versato al figlio maggiorenne. I giudici non ignoravano il fatto nuovo costituito dal superamento dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense e dell'iscrizione all'albo degli avvocati del figlio, ma ritenevano tale circostanza non sufficiente da sola, a provare l'acquisita autonomia economica del figlio. Né tanto meno ritenevano fornita la prova da parte del padre, della sussistenza di uno dei presupposti legittimanti la cessazione dell'obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne, "perché l'iscrizione all'albo degli avvocati non dimostra la titolarità di un reddito né tale elemento può essere presuntivamente dedotto dal fatto che lo stesso lavorasse presso lo studio legale del fratello".

Contro la decisione l'uomo adiva il Palazzaccio lamentando che i giudici non avevano considerato il fatto nuovo dell'avvenuto superamento dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense e l'iscrizione all'albo, oltre alla circostanza che ormai lavorava nello studio con il fratello.

Addio mantenimento per il figlio che diventa avvocato

La Cassazione ritiene i motivi fondati. Vero è che "l'obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli non cessa ipso facto con il raggiungimento della maggiore età ma perdura in linea di principio finchè essi non abbiano raggiunto una propria indipendenza economica e che il genitore qualora domandi la modifica o la declaratoria di cessazione dell'obbligo di mantenimento, è tenuto a dimostrare tale circostanza oppure che il mancato svolgimento di un'attività produttiva di reddito dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato" premettono gli Ermellini.

Tuttavia, l'onere della prova ben può essere assolto mediante l'allegazione di circostanze di fatto da cui desumere in via presuntiva l'estinzione dell'obbligazione dedotta, "tenendo presente che l'avanzare dell'età è un elemento che necessariamente concorre a confermare l'oonus probandi, giacché con il raggiungimento di un'età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, è ampiamente concluso, la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche, costituisce un indicatore forte di inerzia colpevole".

Invero, secondo i giudici di piazza Cavour, il diritto del figlio si giustifica all'interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e formativo tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni e aspirazioni ma la sua portata è circoscritta, sia in termini di contenuto che di durata, "avuto riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per il suo inserimento nella società".

Nella vicenda, dunque, la Corte d'appello non ha valutato l'impatto del superamento dell'esame di abilitazione e il fatto che il giovane avvocato continuasse a frequentare lo studio del fratello. Per cui, la parola passa al giudice del rinvio per un nuovo esame.

Cassazione, ordinanza n. 5088/2018

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