Analisi del caso sottoposto e deciso dalla recente sentenza della Cassazione n. 22856/2017

Avv. Roberto Buonanno - La recente pronuncia della Cassazione, n. 22856/2017 (sotto allegata), in tema di obbligazioni condominiali, sta riscuotendo grande interesse tra gli operatori del diritto. Tuttavia, la stessa anzichè fare chiarezza in materia, ha contribuito anzi ad alimentare incertezze.

Il caso

Con ricorso, rivolto al Tribunale di Napoli, l'impresa edile Sara Costruzioni chiedeva ingiungersi al Condominio di Via Tobruk n. 1, Pozzuoli, il pagamento della somma di € 14.342,84, oltre accessori, dovuta a saldo del (maggior) prezzo (€ 40.000,00 circa) dell'appalto dei lavori, avendo già riscosso acconti solo da alcuni condomini dell'edificio.

Il ricorso veniva accolto con decreto, opposto dal Condominio, ex artt. 645 e ss. c.p.c., ma dichiarato provvisoriamente esecutivo, ex art. 642 c.p.c.

Per l'effetto, l'impresa, con atto di precetto, intimava a quattro soltanto tra i più condomini, il pagamento della somma ingiunta.

Opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. ad istanza dei condomini precettati

Avverso l'esecuzione, i condomini intimati (a dire dell'impresa, gli unici solvibili, essendo gli altri falliti e/o comunque incapienti) proponevano opposizione all'esecuzione, ex art. 615 c.p.c., deducendo che il titolo esecutivo di condanna del condominio (id est, il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo e separatamente opposto dal Condominio) non li aveva istituiti debitori in solido con gli altri condomini inadempienti.

Esponevano di avere eseguito il regolare pagamento delle loro quote, in conto del debito condominiale di maggior importo (€ 40.000,00).

Sentenza di primo grado di accoglimento dell'opposizione all'esecuzione

Con sentenza n. 1365/2015 del 28/1/2015, il Tribunale accoglieva l'opposizione all'esecuzione

, proposta dai condomini precettati. Riteneva che, all'impresa, facesse "difetto il diritto di procedere ad esecuzione forzata nei confronti degli intimati in solido", sicché il precetto doveva essere dichiarato inefficace nei confronti di questi, giacché il debito non gravava in solido sui condomini dell'edificio e l'impresa non aveva titolo per avanzare pretese di pagamento, in forza del decreto ingiuntivo, nei confronti dei condomini che avevano già versato le loro quote, potendo solo agire pro quota nei soli confronti dei condomini ancora inadempienti.

Appello avverso la sentenza di accoglimento dell'opposizione all'esecuzione

Avverso la pronunzia, proponeva appello l'impresa.

Deduceva che, con il mezzo dell'opposizione all'esecuzione, ex art. 615 c.p.c., avrebbero potuto essere allegati fatti impeditivi dell'esecuzione (ed in specie quelli estintivi del credito azionato) solo se intervenuti successivamente alla formazione del titolo di condanna, mentre gli opponenti avevano opposto il pagamento delle loro quote eseguito ben prima della pronunzia del decreto ingiuntivo di condanna del Condominio.

Censurava altresì il decisum di primo grado sostenendo che, per opporsi utilmente all'esecuzione (rimedio diverso da quello dell'opposizione al decreto ingiuntivo), gli opponenti (condomini) avrebbero dovuto dare prova di avere pagato (dopo la pronunzia del decreto) le loro quote e nella precisa misura a loro carico.

Sentenza di rigetto dell'appello avverso la sentenza di primo grado di accoglimento dell'opposizione all'esecuzione

Con sentenza n. 4048/2015, la Corte di Appello di Napoli respingeva l'appello dell'impresa, assumendo che il titolo azionato in executivis e, cioè, l'ingiunzione di pagamento in danno del Condominio, non conteneva "alcun riferimento all'eventuale responsabilità solidale dei singoli condomini" e, nel contempo, che "la pretesa della precettante" impresa "era sfornita di prova in punto di quantum, atteso che" aveva fatto difetto "la deduzione - e anche la prova - delle singole quote millesimali di pertinenza dei precettati ..., vale a dire di quegli elementi fattuali che" avrebbero consentito "di quantificare il debito, gravante sui singoli appellati e, quindi, di determinare per quale parte l'intimato precetto é legittimo".

Ricorso per cassazione dell'impresa

Avverso la citata pronunzia, l'impresa proponeva ricorso per cassazione.

Con il primo motivo, censurava la sentenza di appello che, a suo avviso, non aveva pronunziato sull'eccezione di giudicato (sollevata dinanzi al giudice del merito), a seguito della sentenza, con la quale era stata respinta la separata opposizione, proposta dal Condominio, per la revoca del decreto ingiuntivo (ai sensi degli artt. 645 e ss. c.p.c.); sentenza che aveva confermato il decreto ingiuntivo opposto e nella cui motivazione risultava affermato che la clausola, apposta all'originario contratto inter partes, aveva costituito una valida deroga pattizia alla parziarietà delle obbligazioni condominiali, sicché quella di pagamento del prezzo dell'appalto doveva considerarsi solidale a carico di tutti i condomini, divenendo la stessa "parziaria solo nella fase dell'esecuzione" (così, alla lettera, la parte motiva della sentenza in parola).

Con il secondo motivo, deduceva che la pronunzia impugnata era stata resa in contrasto con quella di rigetto dell'opposizione a decreto ingiuntivo, che aveva affermato la natura solidale dell'obbligazione di pagamento del prezzo, a carico di tutti i condomini.

Con il terzo motivo, censurava la medesima pronunzia, assumendo che, con il mezzo dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., i condomini dell'edificio, resistenti in Cassazione, non avrebbero potuto allegare fatti estintivi dell'obbligazione ed impeditivi dell'esecuzione, intervenuti anteriormente alla formazione del titolo esecutivo di condanna.

Con il quarto motivo, deduceva che i giudici di appello avrebbero dovuto condividere l'opinione secondo cui l'obbligazione doveva ritenersi solidale a carico dei condomini, sulla base di un'interpretazione logica e letterale della clausola contrattuale, a tenore della quale il contratto era stato "sottoscritto con vincolo di solidarietà tra condomini; pertanto qualora vi fossero condomini inadempienti, il condominio si accollerà comunque ed in ogni caso l'intero importo dei lavori contabilizzati e curerà a sue cura e spese il recupero di tali somme nei confronti dei condomini inadempienti".

Con il quinto motivo, sosteneva l'errore dei giudici di appello che avrebbero dovuto condannare i condomini appellati e resistenti in Cassazione al pagamento delle somme corrispondenti alle loro quote millesimali sulla somma ingiunta e non ritenere che la pretesa di pagamento dell'impresa fosse sfornita di prova sul quantum delle quote.

Con il sesto ed ultimo motivo, censurava la sentenza che aveva ritenuto onere a suo carico la prova del preciso ammontare delle quote millesimali, facenti capo ai singoli condomini, onde poter calcolare la porzione di debito di ciascuno di questi.

La decisione della Cassazione n. 22856 del 29.9.2017

Con la sentenza n. 22856 la Corte di Cassazione ha respinto i primi quattro motivi di ricorso; ha accolto, invece, il quinto ed il sesto motivo.

La pronunzia si è distinta per l'affermazione del principio, appresso fedelmente riportato, (solo prima facie) destinato a mettere ordine in una materia ancora confusa (quale quella delle obbligazioni condominiali).

Osservazioni sulla decisione della Cassazione

Il decreto ingiuntivo di condanna del Condominio era stato invocato dall'impresa per la somma di € 14.342,84, costituente il saldo del (maggior) prezzo dell'appalto (€ 40.000,00), al netto degli acconti già riscossi dall'impresa, siccome già versati da alcuni condomini.

Ed in effetti, alcuni condomini dell'edificio (tra cui gli stessi opponenti, resistenti nel giudizio dinanzi al S.C.), prima della proposizione del ricorso per ingiunzione e prima ancora che il decreto ingiuntivo assurgesse a giudicato, avevano già versato all'impresa le somme da essi dovute in quota sul prezzo dell'appalto.

Si comprende, dunque, subito come l'epilogo del giudizio e le conclusioni tratte dalla Corte con la pronunzia in commento abbiano tradotto un risultato davvero inaccettabile, non potendo non riconoscersi l'irragionevolezza dell'epilogo che, infatti, costringerà i resistenti condomini a rinnovare il pagamento delle loro quote.

Un'irragionevolezza che non può non riguardare il complessivo iter logico della decisione a partire dai suoi presupposti (fondati, ovviamente, sui principi di diritto espressi da Cass. SS. UU. n. 9148 del 2008), alimentando i dubbi sulla correttezza delle opinioni di chi ritiene e di chi afferma che:

a) le obbligazioni condominiali contrattuali sono parziarie;

b) il condominio è legittimato passivo rispetto alle azioni di condanna nei suoi confronti proposte per l'adempimento di obbligazioni contrattuali parziarie, rimaste inadempiute in relazione alle quote dovute solo da alcuni condomini;

c) il titolo di condanna del condominio, reso dal giudice della cognizione, può essere azionato in executivis nei confronti dei singoli condomini solo pro quota.

Le osservazioni che seguiranno è bene che siano precedute dal richiamo fedele al principio di diritto formulato dal Supremo Collegio, secondo cui: "L'esecuzione nei confronti di un singolo condomino, sulla base di un titolo esecutivo ottenuto nei confronti del condominio, per le obbligazioni di fonte negoziale contratte con l'amministratore, può avere legittimamente luogo esclusivamente nei limiti della quota millesimale del singolo condominio esecutato, che il creditore può limitarsi ad allegare; nel caso in cui il creditore ne ometta la specificazione e/o proceda per il totale dell'importo portato dal titolo nei confronti di un solo condomino, implicitamente allegando una responsabilità dell'intimato per l'intero ammontare dell'obbligazione, quest'ultimo potrà opporsi all'esecuzione deducendo di non essere affatto condomino, ovvero deducendo che la sua quota millesimale è inferiore a quella esplicitamente o implicitamente allegata dal creditore; nel primo caso, l'onere di provare il fatto costitutivo di detta qualità spetterà al creditore procedente, ed in mancanza il precetto dovrà essere dichiarato inefficace per l'intero; nel secondo caso sarà lo stesso opponente a dover dimostrare l'effettiva misura della propria quota condominiale; se tale dimostrazione venga fornita, l'atto di precetto dovrà esser dichiarato inefficace per l'eccedenza, ma resterà valido per la minor quota parte dell'obbligazione effettivamente gravante sul singolo condominio; in mancanza di tale dimostrazione, l'opposizione non potrà invece essere accolta, l'atto di precetto non potrà essere dichiarato inefficace e resterà quindi efficace per l'intera quota di cui il creditore ha intimato il pagamento".

Non v'è dubbio alcuno che proprio l'applicazione di tale principio obbligherà tutti i condomini al pagamento, seppure in quota, delle somme liquidate nel titolo (id est, nel decreto ingiuntivo ottenuto dall'impresa) e che a tale pagamento risulteranno tenuti anche quei condomini - come i resistenti nel giudizio definito con la sentenza in commento - che hanno già adempiuto, avendo provveduto al pagamento delle somme da essi dovute persino prima dell'emissione dell'originario decreto ingiuntivo di condanna.

Ed invero, a fronte dell'azione esecutiva intrapresa in forza di titolo di condanna del Condominio, il Supremo Collegio ha riservato ai condomini il solo rimedio postumo dell'opposizione all'esecuzione (ex art. 615 c.p.c.) e solo ove questa sia fondata su due esclusive e ben specifiche ragioni: a) il non essere gli intimati affatto condomini dell'edificio; b) l'esser tali, ma titolari di una quota, espressa in millesimi, inferiore a quella indicata nel precetto di pagamento intimato dal creditore procedente.

Ogni ulteriore rilievo può allora persino apparire superfluo.

Ad avviso dei giudici di legittimità, nessun condomino potrebbe mai opporre al creditore in executivis, che agisce sulla base di un titolo di condanna del condominio, il pagamento precedentemente eseguito; pagamento che, invero, nessun condomino potrebbe mai allegare con lo strumento di cui all' art. 615 c.p.c. (dell'opposizione all'esecuzione), siccome eseguito anteriormente alla formazione del titolo: é noto che, con l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 cit., il debitore può solo allegare fatti estintivi dell'obbligazione, solo se sopravvenuti al titolo e alla formazione del relativo giudicato (ex multis, Cass. 3850/2011; Cass. 12251/2007; Cass. 26089/2005; Cass. 8928/2006; Cass. 6893/1991; Cass. 766/1988).

La Corte, pur riservando ai condomini intimati la possibilità di opporre l'esecuzione in base ai (due) soli motivi sopra specificati, in sostanza ha lasciato libero il creditore di agire anche per l'intero contro un singolo condomino, che potrebbe, pertanto, anche non reagire affatto e subire l'esecuzione per l'intero.

Stando così le cose, appare davvero oscura l'opinione dei giudici di legittimità in merito alla questione del regresso, che dovrebbe competere al condomino escusso per l'intero (o per una somma superiore alla sua quota), specie alla luce dei principi da essi espressi in occasione della sentenza n. 20073 dell'11.8.2017, secondo cui: "il condomino che abbia pagato l'intero corrispettivo di un contratto d'appalto concluso dall'amministratore per l'esecuzione di lavori ... non ha diritto di regresso verso gli altri condomini, sia pure limitatamente alla quota millesimale di ciascuno di essi, né può avvalersi della surrogazione legale ex art. 1203, n. 3, c.c., trattandosi di un'obbligazione parziaria e non solidale".

La questione, dunque, merita di essere ripensata.

La dissociazione (da qualcuno sostenuta) della disciplina processuale delle obbligazioni parziarie nella fase dinanzi al giudice della cognizione, rispetto a quella relativa alla fase esecutiva, non può non suscitare dubbi.

Può mai risultare ragionevole ritenere che, per conseguire dal debitore l'adempimento di un'obbligazione parziaria, legittimato passivo possa considerarsi il condominio (rappresentante anche dei condomini adempienti)? In altri termini, qualora il debito condominiale sia stato soddisfatto solo da alcuni condomini e per le sole quote da questi dovute, può mai ritenersi il condominio (a mezzo del suo amministratore) legittimato passivo di fronte alla domanda di condanna al pagamento delle sole quote residue?

Si tratta, come è agevole cogliere, di interrogativi che, per rilevanza e consistenza delle riflessioni che sollecitano, fanno il pari con quelli che pure ci si deve porre di fronte a chi reputa che le obbligazioni condominiali siano sicuramente parziarie (e, perciò, assoggettabili alla corrispondente disciplina) solo nella fase processuale esecutiva e che la parziarietà sia esclusivo attributo di quelle obbligazioni di sola fonte contrattuale e non derivanti da illecito (come affermato Cass. n. 1674/2015) tenuto conto della ratio che ispirò i giudici di Cass. SS. UU. n. 9148/2008, al fine della tutela dei soli condomini adempienti.

Avv. Roberto Buonanno

Via Celle 2 Pozzuoli (NA)

Tel./ fax: 081/5262640 - cell: 3336304760

mail: avv.robertobuonanno@libero.it

Cassazione, sentenza n. 22856/2017

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: