Per la Cassazione, il giudice non potrà respingere la richiesta di riduzione dell'esborso senza prima valutare le esigenze di crescita degli altri figli già nati alla data della sentenza di divorzio

di Lucia Izzo - Il giudice non può respingere la richiesta del divorziato tesa alla riduzione dell'assegno di mantenimento nei confronti della prima figlia, senza effettuare una valutazione circa le esigenze di crescita degli altri figli avuti dalla successiva relazione e già nati alla data della sentenza.


La Corte di Cassazione, sesta sezione civile, con l'ordinanza n. 2620/2018 (qui sotto allegata) ha così accolto il ricorso di un padre che, in prime cure, aveva chiesto ridursi l'assegno di mantenimento da lui versato nei confronti della figlia nata dal precedente matrimonio.


A seguito del divorzio dalla ex moglie, infatti, l'uomo si era risposato ed era diventato padre di altri tre figli, ancora in tenera età; quindi, l'importo dovuto alla prima figlia, ormai maggiorenne, non gli consentiva di provvedere adeguatamente alle esigenze della nuova famiglia, anche poichè la seconda moglie era malata e priva di reddito.


Se il Tribunale accoglieva il ricorso ex art. 710 c.p.c., riducendo l'assegno da 550 a 300 euro, la Corte d'Appello lo rideterminava equitativamente in 500 euro osservando che, alla data di emissione della sentenza

di divorzio (che aveva recepito l'accordo intervenuto tra le parti in ordine ai contributi dovuti per il mantenimento), l'uomo aveva già formato una nuova famiglia di fatto con la donna che in seguito avrebbe sposato, ed era già padre di altre due figlie.

Mantenimento: vanno valutate le esigenze degli altri figli nati dopo il divorzio

In Cassazione, invece, l'uomo evidenzia come la Corte di merito, nella sua decisione, abbia tenuto conto unicamente delle esigenze di vita della prima figlia, senza considerare quella degli altri tre figli.


Una doglianza che gli Ermellini ritengono fondata. Il giudice a quo, infatti, ha ritenuto che il fatto preesistente (la nascita delle due figlie) precludesse l'esame del fatto sopravvenuto la cui ricorrenza avrebbe dovuto accertare (il mutamento in peius della complessiva condizione economica dell'obbligato rispetto alla data del divorzio, che non gli consentiva più di far fronte agli obblighi inizialmente assunti),


Egli avrebbe erroneamente considerato il primo nella sua sola dimensione statica, anziché in quella dinamica, che gli averebbe imposto di tener conto delle accresciute esigenza materiali delle altre figlie del ricorrente, indubitabilmente connesse alla loro crescita.


Nel muovere da tale erroneo presupposto, spiega la Cassazione, la Corte ha operato una non consentita parcellizzazione del reddito dell'uomo, omettendo di effettuare l'indagine dovuta consistente nel verificare globalmente se e in quale misura le circostanze sopravvenute avessero alterato l'equilibrio economico raggiunto tra le parti alla data di divorzio, e nell'adeguare eventualmente l'importo alla nuova situazione patrimoniale riscontrata.


Dall'accoglimento del ricorso deriva la cassazione della sentenza con rinvio affinchè venga operata tale indagine.

Cass., VI civ., ord. 2620/2018

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