E ribadisce che ai fini della sussistenza o meno del carattere usurario dei tassi di interesse debba essere attribuito rilievo essenziale al momento in cui questi sono stati pattuiti

di Valeria Zeppilli - Con l'ordinanza numero 2311/2018 del 30 gennaio (qui sotto allegata), la Corte di cassazione è tornata a confrontarsi con la questione dell'usura sopravvenuta, sposando ancora una volta le ragioni delle banche.

In tale pronuncia, infatti, i giudici hanno escluso, con riferimento ai contratti di mutuo, che possa considerarsi nulla o inefficace la clausola di determinazione del tasso degli interessi stipulata antecedentemente all'entrata in vigore della legge numero 108/1998 che superi la soglia fissata da tale legge nel corso di svolgimento del rapporto. La nullità e l'inefficacia vanno escluse, poi, anche per la clausola che è stipulata successivamente per un tasso che non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula.

Buona fede del mutuante

Da tale circostanza discende anche che il solo superamento della soglia non rende contraria al dovere di buona fede richiesta nell'esecuzione del contratto la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi sulla base del tasso che era stato validamente concordato con l'altra parte del rapporto contrattuale.

Del resto già le Sezioni Unite, con la recente sentenza numero 24675/2017 espressamente citata nell'ordinanza in commento, avevano sancito che ai fini della sussistenza o meno del carattere usurario dei tassi di interesse debba essere attribuito rilievo essenziale al momento in cui questi sono stati pattuiti e che quindi vada negato l'ingresso alla configurabilità dell'usura sopravvenuta.

Leggi anche: "Cassazione: niente usura sopravvenuta"

Corte di cassazione testo ordinanza numero 2311/2018
Valeria Zeppilli

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