Dubbi di legittimità di queste applicazioni che mettono a rischio il diritto alla libera informazione e alterano opere editoriali

di Annamaria Villafrate - Bella domanda direte! Certo, quando mancano precedenti giurisprudenziali può risultare azzardato assumere posizioni troppo nette. Non per questo non possiamo sollevare qualche dubbio sulla legittimità di questi strumenti che se da un lato sembrano concepiti per rendere il web "user friendly" dall'altro lato creano seri problemi agli editori che oggi riescono a garantire la gratuità dell'informazione proprio grazie agli sponsor.

Cosa sono gli adblock

Prima di addentrarci sulla questione della "legittimità" degli adblock, diciamo subito che si tratta di estensioni o applicazioni che consentono di visualizzare la pagina di un sito senza gli annunci pubblicitari. Insomma, pochi passaggi e si eliminano dallo schermo pop up, banner e annunci vari, come quelli di Google o quelli che appaiono prima dei video di You Tube. L'obiettivo degli adblock è di rendere "più leggibile" la pagina del sito visitato.

Peccato che nel giro di pochi mesi i cibernauti che hanno fatto ricorso agli adblock sono quasi raddoppiati. E la tendenza a un progressivo aumento preoccupa tutti coloro che quotidianamente sono al lavoro per produrre contenuti di qualità liberalmente consultabili.

Diciamolo pure: alcuni siti forse esagerano con una eccessiva pressione pubblicitaria inducendo i lettori a trovare delle soluzioni per una navigazione più "leggera".

Se gli Adblock si fossero limitati a intervenire in modo selettivo sei soli confronti di quei siti che rendono la navigazione impossibile con una serie di popup e overlay (una sorta di black list generata da una community) nulla quaestio. Ma gli adbkock da questo punto di vista sono molto "democratici" e così rimuovono la pubblicità anche da quei siti che ne fanno un uso moderato che non interferisce con la navigazione.

Detto questo è evidente che se i siti saranno privati di fonti di guadagno le conseguenze saranno piuttosto serie:

  • Innanzitutto sarà la fine per la libera informazione (e per leggere contenuti online si dovrà pagare).
  • Saranno "favoriti" tutti quei monopoli informativi che possono contare su forme di finanziamento pubblico o che vogliono trasformare il web in un luogo dove tutto è a pagamento.
  • Viene compromessa la pluralità dell'informazione, che come sappiamo, è il principale corollario di ogni regime democratico, sancito tra l'altro dall'art. 21 della nostra Costituzione.

Ma veniamo al dubbio sulla legalità:

Siamo certi che gli adblock non siano una forma di alterazione dell'opera?

Adblock: sono legali?

Rimuovere la pubblicità da una pagina web (ponendo un filtro tra chi produce i contenuti e chi li legge) è un pò come se un edicolante si mettesse a vendere delle riviste ritagliando ogni inserto pubblicitario.

La peculiarità di un contenuto digitale è che la sua composizione è fatta non solo di parole (i testi degli articoli) ma anche idi altri elementi come le immagini, i colori, e le stesse pubblicità.

Sono questi gli elementi che rendono l'opera unica e concepita così dall'autore e dall'editore. Come può considerarsi lecito un intervento "terzo" che va ad alterare l'opera?

Spesso inoltre, gli annunci pubblicitari inseriti all'interno di un contenuto editoriale, sono pertinenti allo stesso. E' il caso dell'inbound marketing o degli articoli che propongono ai lettori degli approfondimenti a pagamento proponendo prodotti editoriali di terzi.

Un articolo sugli infortuni stradali, ad esempio, potrebbe contenere l'annuncio di una compagnia assicurativa che magari ha pagato proprio per essere presente in quella pagina.

Come può un terzo interferire su una scelta editoriale di questo tipo?

In un periodo storico in cui l'editoria, con sforzi immani, ha saputo riqualificarsi e adattarsi alle nuove tecnologie, vogliamo davvero rinunciare alla libera informazione e lasciare in mano alle sole big company il monopolio della rete?

C'è solo da augurarsi che non sia questo il futuro del web.


Foto: 123rf.com
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