Per la Cassazione non vi è abuso d'ufficio per l'agente che omette di sanzionare l'automobilista circolante senza assicurazione

Avv. Francesca Servadei - Con la sentenza n. 46788/2017 dell'11 ottobre 2017 (sotto allegata) la Sesta Sezione della Suprema Corte non ha ravvisato il reato di abuso di ufficio nella fattispecie che vedeva un comandante della stazione dei Carabinieri non applicare alcuna contravvenzione all'automobilista privo di assicurazione e conseguentemente non provvedere al sequestro amministrativo del veicolo, procurando nella sfera patrimoniale del soggetto un ingiusto profitto patrimoniale.

Nessun abuso per l'agente che omette di sanzionare l'automobilista

Gli Ermellini di Piazza Cavour, ritenendo fondato il ricorso, rievocano il consolidato orientamento del 2005 (sentenza n. 18149), con il quale affermano che per la configurabilità dell'elemento soggettivo è richiesto che l'evento costituito dall'ingiusto vantaggio patrimoniale o dal danno ingiusto sia voluto dall'agente e non semplicemente previsto ed accettato come possibile conseguenza della propria condotta, per cui deve escludersi la sussistenza del dolo, sotto il profilo dell'intenzionalità, qualora risulti, con ragionevole certezza che l'agente si sia proposto il raggiungimento di un fine pubblico, proprio del suo ufficio.

Questo convincimento, ricorda la Suprema Corte con sentenza successiva (n. 35814/2007) trova il suo fondamento anche nella specifica competenza professionale dell'agente, l'apparato motivazionale su cui riposa il provvedimento ed il tenore dei rapporti personali tra l'agente ed i soggetti che dal provvedimento stesso ricevono vantaggio patrimoniale o subiscono danni.

Tuttavia, ricordando la sentenza 21192/2013 la Sesta Sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto che l'omessa contravvenzione al soggetto privo di assicurazione non si traduce nel dolo dell'abuso di ufficio, in quanto la prova dell'elemento soggettivo necessita che la volontà dell'imputato sia stata finalizzata a procurare un vantaggio patrimoniale ovvero il danno ingiusto e tale certezza non va cercata solamente nel comportamento contro diritto posto in essere dall'agente, ma deve trovare anche riscontro in altri elementi, come per esempio la competenza professionale dell'agente, il rapporto tra agente e soggetto e quindi riprendendo il medesimo orientamento espresso ben sei anni prima con la citata sentenza 3581/2007.

I Giudici di Piazza Cavour, a fronte di tale pronuncia, ritengono annullata la sentenza, rinviando al Giudice della Corte di Appello territorialmente competente.

Avv. Francesca Servadei

Studio legale Servadei

Lariano (Roma)

Mobile: 3496052621

E-mail: francesca.servadei@libero.it

Cassazione, sentenza n. 46788/2017

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: