Per la Cassazione è illegittima la detenzione dell'accusato di interruzione di pubblico servizio che aveva rifiutato la ricezione di oltre 300 ingiunzioni comunali

di Lucia Izzo - Ha diritto a essere risarcito per ingiusta detenzione il direttore dell'Ufficio Unep arrestato in flagranza e sottoposto a due giorni di custodia cautelare, accusato di interruzione di pubblico servizio dopo aver rifiutato di ricevere 316 ingiunzioni fiscali per carenza di personale.


Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 20904/2017 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un uomo la cui domanda di riparazione dell'ingiusta detenzione era stata rigettata in sede d'appello.


In Cassazione, il ricorrente lamenta di aver sofferto due giorni di custodia cautelare a seguito dell'arresto in flagranza, eseguito per il delitto di cui all'art. 331 del codice penale, convalidato dal GIP sebbene con modificazione del titolo di reato in quello di cui all'articolo 340 del codice penale.

Il caso

L'uomo era accusato di avere, nella sua qualità di direttore dell'Ufficio Unep, cagionato un'interruzione del servizio pubblico di notificazione, essendosi ripetutamente rifiutato di ricevere per le notifiche 316 ingiunzioni fiscali relative a tributi locali da parte del Comune; in particolare il ricorrente addusse carenza di risorse umane e materiali, ritenendo che alle predette notifiche dovesse provvedere lo stesso Comune a mezzo dei propri messi comunali. Dall'accusa l'imputato è stato successivamente assolto con formula piena. 


In sede di giudizio di rinvio, la Corte d'Appello ha rigettato la domanda, formulata ai sensi dell'art. 314, comma 1 c.p.p., ritenendo la colpa grave della condotta del direttore al momento dell'arresto in flagranza che, secondo il giudice, avrebbe dovuto giustificare il proprio rifiuto sulla base dell'articolo 14 della legge n. 890 del 1982.


Quindi il fatto che l'uomo si fosse giustificato adducendo carenza di personale e la possibilità di provvedere alle notifiche a mezzo del messo comunale, non era stata ritenuta causa di esenzione della responsabilità penale, ma, anzi, una condotta che ebbe sicura efficienza causale nel determinare nei Carabinieri l'arresto, ad avviso la corte territoriale, legittimamente.


Tutt'al più in presenza anche di un provvedimento del Presidente del Tribunale con il quale si comunicava al direttore che la situazione addotta non rappresentava un legittimo impedimento alla ricezione di atti regolarmente presentati allo sportello.

Cassazione: la detenzione è illegittima ex tunc

Tuttavia, per gli Ermellini il criterio di valutazione utilizzato dal giudice della riparazione per escludere la fondatezza della domanda, appare del tutto contraddittorioillogicamente motivato, essendo fondato sulla circostanza che il direttore avesse dato causa all'arresto in flagranza opponendo l'impossibilità del proprio ufficio di eseguire un rilevante numero di notifiche per la carenza di personale e per l'impossibilità materiale di farvi fronte, anziché opponendo l'unica giustificazione sostenibile, cioè quella derivante dal disposto della legge in materia di notificazioni.


Quest'ultima norma (art. 14, comma 1, L. 890/1982) stabilisce che "La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente deve avvenire con l'impiego di plico sigillato e può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari, nonché, ove ciò risulti impossibile, a cura degli ufficiali giudiziari, dei messi comunali ovvero dei messi speciali autorizzati dall'Amministrazione finanziaria (...)".


Tuttavia, tale riferimento emerse solo in sede dibattimentale e in base a questo il Tribunale ha assolto l'imputato per insussistenza del fatto.


Il giudice della riparazione ha omesso di considerare che dall'illegittimità genetica della restrizione della libertà personale è scaturito un successivo procedimento penale avente a oggetto proprio l'attività di polizia giudiziaria ritenuta illegittima e ha altresì omesso di valutare come la mancata giustificazione giuridica non avrebbe mai potuto innescare l'atto precautelare limitativo della libertà personale.


Infatti, concludono gli Ermellini, in presenza di una norma di legge che rendeva, almeno prima facie, legittimo il rifiuto, il reato ipotizzato doveva ritenersi non configurabile sin dal primo momento, sicché la detenzione va qualificata come illegittima ex tunc, non dovendosi certo attendere un dibattimento e una sentenza di assoluzione per inquadrare la legge di riferimento in materia di notifiche di atti impositivi.

L'ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo esame sul punto.

Cass., III sez. pen., sent. 20904/2017

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