Per la Cassazione la condotta concausale del danneggiato rileva anche in caso di responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c.

di Lucia Izzo - La condotta dell'automobilista che procede a velocità eccessiva è concausa dell'evento dannoso anche in caso di responsabilità oggettiva per cose in custodia ex art. 2051 del codice civile.


Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 5807/2017 (qui sotto allegata) sul ricorso presentato da un automobilista la cui vettura, in seguito alla perdita di controllo determinata dall'asfalto bagnato per pioggia e da chiazze di olio, sbandava andando a urtare contro un tronco del guard-rail.


Questo, sganciato dalla restante strutturale metallica, penetrava nell'abitacolo della vettura procurando gravi lesioni al conducente con conseguente amputazione di entrambi i piedi. Il Tribunale,  accertata la responsabilità ex art. 2051 c.c. della Provincia, ente proprietario della strada, riconosceva anche un concorso di responsabilità del guidatore in misura pari al 60% poi rideterminato in appello.


Secondo l'indagine peritale, il conducente procedeva a velocità eccessiva o comunque non consona alle peculiari condizioni della circolazione stradale, e con un pneumatico posteriore destro totalmente usurato cui doveva essere attribuito rilievo causale nello squilibrio dell'assetto di marcio dal veicolo.


La Cassazione, nel rigettare il ricorso dell'automobilista, ritiene non contrastante con lo schema normativo della responsabilità delineato nell'art. 2051 c.c., l'affermazione della Corte d'appello secondo cui nella fattispecie in esame "deve ritenersi un concorso di colpa delle parti nella causazione dell'incidente".


Infatti, l'orientamento giurisprudenziale prevalente individua nella fattispecie di cui all'art. 2051 c.c. una responsabilità di tipo "oggettivo", poichè la norma istituisce un criterio legale di imputazione della responsabilità per i danni cagionati dalla cosa, per suo dinamismo interno o per fatto estrinseco da fenomeno naturale o da condotta umana, prescindendo del tutto dalla verifica della colpa del custode, inteso quale soggetto che detiene di fatto il potere di controllo sulla res.


Ancora,  prosegue la giurisprudenza richiamata in sentenza, la prova liberatoria del custode può operare esclusivamente sul piano del nesso di causalità, dovendo questi dimostrare l'interruzione della sequenza eziologica, tra l'"agire" della cosa e l'eventum damni, determinata da una causa sopravvenuta da sola sufficiente ad assorbire la efficienza produttiva del danno,


Per il Collegio va dunque ribadito il principio di diritto secondo cui "la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall'art. 2051 cod. civ. prescinde dall'accertamento del carattere colposo dell'attività o del comportamento del custode e ha natura oggettiva, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento"


Ancora, "tale responsabilità prescinde, altresì, dall'accertamento della pericolosità della cosa stessa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato - con effetto liberatorio totale o parziale - anche dal fatto del danneggiato, avente un'efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l'evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno".


La circostanza che la prova liberatoria del custode operi sul piano del nesso eziologico, non esclude tuttavia, laddove il fatto sopravvenuto non raggiunga il carattere dell'autonomo determinismo causale del danno, la rilevanza della concausa che sia allegata e provata. 


Questa andrà valutata in relazione al grado di incidenza che ha assunto nella produzione dell'evento lesivo, con la conseguenza che se il fatto concausale va ravvisto nella condotta del danneggiato, deve trovare applicazione anche nell'ambito della responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. la norma che prevede il "concorso del fatto colposo del creditore" come disciplinato dall'art. 1227, comma 1, del codice cibile.


Il giudice di merito, dunque, ha correttamente proceduto alla valutazione percentuale di tale contributo causale, accertamento al quale iuxta alligata et probata era tenuto ex officio, vertendo sui fatti costitutivi della domanda risarcitoria.


Cass., terza sezione civile, sent. n. 5807/2017

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