Viola i doveri di lealtà, correttezza e colleganza l'avvocato che non informa il collega assente della riapertura del verbale dopo che era stato disposto un rinvio ex art. 309

Avv. Laura Bazzan - Con sentenza n. 228 del 28.12.2015, recentemente pubblicata sul proprio sito e qui di seguito allegata, il CNF ha ritenuto illecita la condotta dell'avvocato che, giunto in ritardo all'udienza già rinviata in sua assenza ex art. 309 c.p.c. e ottenuta la riapertura del verbale da parte del giudice, ha provveduto a precisare le proprie conclusioni e richiesto la spedizione della causa a sentenza con assegnazione dei termini per il deposito delle repliche, senza informare il collega di parte avversa. L'ottenimento da parte dell'incolpato di un provvedimento diverso da quello emesso in precedenza alla presenza dell'avvocato di controparte, infatti, limita l'esercizio dell'attività difensiva di quest'ultimo e si pone in contrasto con i doveri deontologici.

Secondo quanto precisato nella parte motiva, "in particolare i doveri di lealtà e correttezza richiedono la necessità che sia osservata una condotta rispettosa delle regole, non solo processuali, per cui non è ammesso il ricorso ad un illecito uso di strumenti processuali per il raggiungimento dei propri scopi, fossero anche coincidenti con quelli della parte assistita. Se pure l'avvocato deve porre nella difesa del proprio assistito il più rigoroso impegno possibile, questo non dovrà comunque superare i limiti imposti dalla norma deontologica e dal rispetto che sempre deve essere usato nei confronti del legale di controparte anche in virtù del rapporto di colleganza".

Lo stesso incolpato, nelle proprie note a discarico, sosteneva che in ritardo ammontava a soli quindici minuti e che l'avvocato di controparte ben avrebbe potuto telefonargli in studio "per avere conferma del 309 c.p.c. oppure recarsi in cancelleria per vedere l'esito dell'udienza", in ogni caso, il giudice nulla aveva eccepito in merito alla richiesta di riapertura del verbale, autorizzandolo a precisare le conclusioni e trattenendo la causa in decisione. Il CNF ha quindi confermato la sanzione della censura per l'omessa informazione al collega, sulla scorta che "il dovere di difesa non può essere inteso come possibilità di agire con qualsiasi mezzo per ottenere ragione in favore della parte assistita, stante la funzione sociale che l'avvocato assolve nei confronti della collettività, a garanzia dei principi dello stato di diritto e dell'interesse generale al corretto esercizio della giurisdizione".

Cnf, sentenza n. 228/2015

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