di Valeria Zeppilli - Anche le spese di spedizione della fattura telefonica rientrano nella base imponibile soggetta ad Iva: esse, infatti, hanno riguardo all'esecuzione della prestazione dedotta in contratto.
Lo ha chiarito la sesta sezione civile della Corte di cassazione con ordinanza numero 17655/2016, depositata il 6 settembre e qui sotto allegata.
I giudici, in particolare, hanno precisato che la spesa sostenuta per la spedizione della fattura tramite il servizio postale, anche quando è inserita come costo da addebitare a carico dell'utente, non può comunque essere considerata un'anticipazione fatta in nome e per conto dell'utente. In mancanza di una previsione in tal senso nelle condizioni contrattuali si tratta, piuttosto, solo di un'anticipazione per conto (e nell'interesse) dello stesso.
Di conseguenza tale spesa rappresenta una spesa per l'esecuzione della prestazione e rientra a pieno titolo nella base imponibile ai sensi dell'articolo 13 del d.p.r. n. 633/1972.
Essa, pertanto, è legittimamente ricaricata dell'IVA e lo è anche quando il mittente sopporti la spesa di spedizione verso le Poste in regime di esenzione.
Con particolare riferimento a quest'ultimo aspetto, la Cassazione ha fatto leva sul fatto che nessuna norma prevede il trascinamento dell'esenzione eventualmente ottenuta al rapporto con l'utente per conto del quale si fa ricorso al servizio postale.
Nel caso di specie, il Tribunale aveva invece condannato una compagnia telefonica a restituire ad un utente un importo pari a quello corrisposto a titolo di Iva sulle spese di spedizione postale della bolletta. Per tutti i predetti motivi, però, la Cassazione non è d'accordo: la sentenza va cassata e le pretese restitutorie vanno rigettate.
Corte di cassazione testo ordinanza numero 17655/2016