Gli organi di Emmanuel, nigeriano scampato agli orrori di Boko Haram e pestato a morte nelle Marche, vivranno magari in quattro cittadini italiani
di Paolo M. Storani - Come un inviato involontario di Studio Cataldi mi aggiro per caso nei luoghi della tragedia e non vorrei mai scrivere questa quarantesima puntata della rubrica MEDIAevo; dopo aver terminato un processo e mentre cerco mia moglie per la città, vago nei luoghi della ritrovata serenità familiare di Emmanuel Chidi Namdi, 36enne cittadino nigeriano: dopo tante luttuose traversie la Terra Promessa ha come scenario lo stupendo Seminario arcivescovile di Fermo.

Nei paraggi c'è una fontanella d'acqua particolarmente buona.

Assetato, attendo in fila dietro alcuni neri d'ebano tra i quali di certo vi sono alcuni degli altri 17 nigeriani che vengono ospitati in quel luogo d'incontro.

Due erano Emmanuel e Chimiary.

Chi ama lo sport riesce a distinguere nei volti i lineamenti tra senegalesi, congolesi e nigeriani.

Per chi ama lo sport i neri sono degli eletti, avendo delle potenzialità immense.

Il giovane Sindaco Paolo Calcinaro, un caro e corretto Collega costretto a gestire quello che definisce "un incubo", ha bisogno di un attimo di quiete, si chiama in disparte dalla colonna delle autorità convenute a frotte in Comune, mi si avvicina e mi sussurra due parole: "Cosa atroce".

Il tempo di stringergli le mani ed è già rientrato in corteo.

Onusto di qualche altro scandalo, tra poco si farà vedere anche il Ministro degli Interni, On. Angelino Alfano.

E sono, poi, sul posto della violenza razziale che ha tolto in modo inconcepibile ed assurdo la vita ad Emmanuel, la centralissima Via XX Settembre.

Osservate la fotina di corredo.

Un'amplissima curva a gomito che discende dall'arco di accesso alla fantastica piazza di Fermo.

Proprio dove hanno sprangato Emmanuel una targa di color oro commemora il Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa.

Un altro campione assoluto in fatto di ingiustizie.

Un posto talmente panoramico da mozzare il fiato per noi che frequentiamo, per lavoro o per piacere, la città giovane capoluogo di provincia: ma Fermo ora è attonita.

I commercianti restano oltre l'orario di chiusura e rispondono quasi automaticamente, per non risultare scortesi, alle domande dei cronisti e delle troupe televisive di ogni emittente.

Non v'è desiderio di apparire nei loro volti stralunati.

Il mondo dell'informazione si è concentrato tutto qui, chissà per quale nefasto giro della ruota del destino.

Le Marche sono una regione plurale anche nel nome e io apprezzo molto tale caratteristica: l'Italia di mezzo.

La gente è d'animo buono e semplice pur nella ricchezza culturale.

Laboriosa, sa accogliere.

Anzi, pratica fattivamente l'accoglienza.

Declina la parola solidarietà in tutte le sue forme.

E qui il mio pensiero vola ai miei amici animatori del Teatro della Solidarietà di Porto Sant'Elpidio che mi attendono stasera per il loro nuovo spettacolo benefico: Loris, Mirella che interpreta l'infermiera stressata, Cinzia, Martina, Renato, Rossana, Angelo grande pittore che ha disegnato lo splendido logo e che cura insieme a Germano e a Claudio tanti aspetti tecnici, Wladimiro che svolge le mansioni di autore e presentatore, Monica che lo coadiuva...

Collocata in posizione centrale, la Regione Marche racchiude al suo interno il nord, il centro e il sud, replicando nel cuore della penisola le connotazioni degli italiani.

Prima che la crisi feroce lo abbattesse, il "modello marchigiano" era un emblema di cui andare fieri nei vari luoghi della terra.

Dell'accaduto sapete ormai tutto.

In Nigeria una carneficina: vengono sterminati i genitori e i familiari di Emmanuel e della moglie Chimiary.

Tra l'altro, sono anche di religione cristiana e Boko Haram significa sterminio di massa da parte dei fondamentalisti islamici.

Aspettano un bimbo dopo che il primogenito di due anni è rimasto ucciso in casa dallo scoppio di una bomba e quella Nigeria non è il luogo sicuro che vorrebbero.

Tracce migranti.

Si mettono in viaggio - come tantissimi connazionali - attraverso il Niger e la Libia, dove Chimiary perde il bambino che portava in grembo in seguito alle percosse terribili subite.

Mancano i documenti, ma don Vinicio Albanesi della Comunità di Capodarco li unisce egualmente in matrimonio seguendo un rito medievale nella Chiesa di San Marco alle Paludi.

Altro che "scimmia africana" delle ingiurie xenofobe: Chimiary è solare e bellissima nel suo abito bianco del giorno del matrimonio ed Emmanuel, che esibisce una di quelle cravatte regimental, colore predominante blu e strisce oblique verdi, che anche a me piacciono molto, potrebbe tranquillamente essere uno di quei centrocampisti di fosforo e sostanza che tanto occorrono ai club italiani.

Oppure un medico fresco di specializzazione per curare anche l'uomo bianco.

Ora, dopo il coma e la fine all'Ospedale Murri, Emmanuel riposerà per sempre da noi.

Sarà uno di noi e la terra gli sia lieve.

Morto in un periodo di bonaccia dopo essere sopravvissuto alle incredibili intemperie dell'esistenza.

E, se le formalità burocratiche non lo impediranno, qualcuno di noi vivrà e vedrà con i suoi organi espiantati.

Ma allora era già come noi!

Tale e quale.

La razza è un pesce.

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Foto: Paolo Storani
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