Espunta la norma che portava a 9 anni il carcere per la diffamazione a mezzo stampa. Ecco le novità e il testo approvato

di Marina Crisafi - Via libera da palazzo Madama al disegno di legge di contrasto al fenomeno delle intimidazioni ai danni degli amministratori locali. Con 180 voti a favore, 43 astenuti e nessun contrario, il Senato ha approvato il provvedimento che passa ora alla Camera per l'esame.

Il testo introduce nuove disposizioni all'interno del codice penale, al fine di "realizzare la più adeguata prevenzione e il più efficace contrasto delle intimidazioni così da assicurare il migliore e libero esercizio delle funzioni attribuite agli enti e agli amministratori locali", sempre più spesso protagonisti di aggressioni, minacce e danneggiamenti (espressi nelle forme più svariate dai social network all'incendio di autovetture, ecc.).

Tra le novità dell'ultima ora, nella versione definitivamente approvata dall'aula del Senato, lo stralcio della norma della "discordia" relativa all'aggravante per diffamazione a mezzo stampa che portava a 9 anni il carcere per i giornalisti, espunta ieri dalla commissione per evitare "strumentalizzazioni e polemiche infondate".

Ecco tutte le novità:

Intimidazioni a danno dei "singoli componenti"

Il primo articolo del provvedimento specifica che il reato di "violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario" ex art. 338 del codice penale, riguarda anche i singoli componenti dello stesso.

In sostanza, a seguito della novella, chiunque usa violenza o minaccia non solo nei confronti del corpo ma anche dei suoi singoli membri, al fine di "impedirne in tutto o in parte, anche temporaneamente, o per turbarne comunque l'attività" sarà punito con la reclusione da 1 a 7 anni.

Il provvedimento aggiunge inoltre un nuovo comma alla fattispecie che estende la medesima pena nei confronti di chiunque commette tale reato al fine di "ottenere, ostacolare o impedire il rilascio o l'adozione di un qualsiasi provvedimento, anche legislativo, ovvero a causa dell'avvenuto rilascio o adozione dello stesso".

L'arresto obbligatorio in flagranza

Cambia anche l'art. 380 del codice di procedura penale relativo all'arresto obbligatorio in flagranza di reato, che sarà esteso secondo la nuova lettera a-bis) della disposizione anche nei confronti di chi sarà colto in flagranza di "delitto di violenza o minaccia ai singoli componenti di un corpo politico, amministrativo o giudiziario previsto dall'arti- colo 338 del codice penale".

La nuova aggravante per ritorsione

Il ddl introduce nel codice penale l'art. 339-bis che contempla una specifica aggravante per gli "atti intimidatori di natura ritorsiva ai danni di un componente di un corpo politico amministrativo o giudiziario".

Nello specifico le pene stabilite per i delitti previsti dagli artt. 582, 610, 612 e 635 c.p. sono aumentate "da un terzo alla metà" se il fatto è commesso ai danni di uno dei componenti "di un corpo politico, amministrativo o giudiziario a causa dell'adempimento del mandato, delle funzioni o del servizio".

Stralcio della norma sulla diffamazione a mezzo stampa

Dal provvedimento è stato espunto il riferimento alla diffamazione (ex art. 595 del codice penale), date le polemiche diffuse nei giorni scorsi sul rischio a carico dei giornalisti di essere condannati fino a 9 anni di carcere se accusati di aver diffamato un amministratore pubblico, un politico o un magistrato.

A seguito della formulazione della norma, ha dichiarato in aula lo stesso relatore Pd Giuseppe Cucca, "sono sorte ricostruzioni fuorvianti e strumentali, inesattezze e discussioni che, a mio parere, traggono origine da una lettura forse frettolosa e poco attenta del testo stesso".

L'aggravante "deve avere una natura ritorsiva nei confronti dell'amministratore locale e nulla quindi ha a che vedere con la comune diffamazione a mezzo stampa, che non viene contemplata assolutamente e resta regolata dalla normativa vigente".

Inoltre, ha precisato Cucca, "in commissione Giustizia, è all'esame un testo che rivede l'intero istituto della diffamazione".

Ma in ogni caso, la maggioranza ha deciso di correre ai ripari e "per evitare altre strumentalizzazioni e polemiche infondate che nuocerebbero all'intero impianto del ddl" ha tolto dal testo il riferimento all'art. 595 c.p.

Ddl Intimidazioni

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