In assenza di un tariffario, ecco come va determinato, in che modo è regolato il compenso dell'amministratore di condominio e quali spese vi rientrano

Compenso amministratore condominio senza tariffario

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Una professione che si sta sempre più affermando negli ultimi anni è quella dell'amministratore di condominio, un professionista che deve gestire sotto diversi aspetti le complesse vicende del condividere un immobile. È chiaro che all'amministratore, per l'attività svolta, spetta un compenso il cui ammontare, tuttavia, non trova un appoggio in alcun tariffario professionale, in assenza di uno specifico albo degli amministratori di condominio.

Specificazione del compenso dell'amministratore

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Anche, ma non solo, in ragione di ciò, il quattordicesimo comma dell'articolo 1129 del codice civile stabilisce espressamente che quando accetta la nomina o al momento del suo rinnovo l'amministratore di condominio deve specificare in maniera analitica l'importo dovutogli quale compenso per la sua attività professionale.

Se omette tale indicazione, la nomina può essere dichiarata nulla.

Determinazione del compenso

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In assenza di un tariffario professionale, i criteri che in genere gli amministratori di condominio utilizzano per determinare l'ammontare del loro compenso sono i più disparati.

Innanzitutto, all'assenza del tariffario da amministratore si sopperisce talvolta facendo riferimento al tariffario invece sussistente con riferimento alla categoria professionale nel cui albo l'amministratore stesso sia eventualmente iscritto, come ad esempio quello dei geometri o quello degli architetti.

Altrimenti si suole far ricorso ad altri criteri.

Alcuni amministratori, più nel dettaglio, chiedono un compenso variabile a seconda delle dimensioni del condominio basato sul numero di unità immobiliari, mentre altri chiedono sempre un medesimo compenso stabilito in maniera fissa.

Non manca chi, invece, determina l'ammontare del proprio compenso in misura percentuale rispetto al complessivo giro di affari del singolo condominio.

Talvolta il criterio fisso e quello variabile vengono combinati.

In generale, comunque, deve ritenersi che il compenso non possa differire di troppo dalla media praticata nella città in cui si trova il condominio. Questo almeno secondo quanto stabilito da una risalente sentenza (Pretura di Catania 27 ottobre 1997) in forza della quale, in caso contrario, la delibera che lo approvasse sarebbe nulla in quanto fuori dalla competenza dell'assemblea condominiale.

Assemblea straordinaria e attività straordinarie

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Nel compenso dell'amministratore rientrano anche le attività svolte per convocare un'assemblea straordinaria e prenderne parte.

Come chiarito dalla Corte di cassazione con la sentenza numero 3596 del 12 marzo 2003, del resto, la partecipazione a tale assemblea rientra tra i compiti istituzionali di amministrazione. Essa rappresenta un'attività pienamente connessa con lo svolgimento delle funzioni amministrative e indispensabile per il loro compimento. Di conseguenza, salvo diversa deliberazione, non va retribuita a parte in aggiunta al compenso annuale stabilito.

Diverso è il caso delle attività di "straordinarietà qualificata", ovverosia che esorbitano dallo svolgimento dei compiti istituzionali: per esse, come precisato dai giudici di legittimità con sentenza numero 10204 del 28 aprile 2010, va corrisposto un compenso aggiuntivo.

Rimborso spese

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Al compenso dell'amministratore si aggiunge anche il rimborso delle spese che questi abbia sostenuto nell'interesse del condominio.

Tale credito si fonda sul contratto di mandato con rappresentanza, ex articolo 1720 del codice civile, e l'amministratore è tenuto a rendicontare le spese sostenute.

Come precisato dalla Cassazione, "l'obbligo di rendiconto può legittimamente dirsi adempiuto quando il mandatario abbia fornito la prova, attraverso i necessari documenti giustificativi, non soltanto della somma incassata e dell'entità e causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto funzionali all'individuazione e al vaglio delle modalità di esecuzione dell'incarico" (cfr., tra le altre, Cass. n. 13878/2010).

Cessazione del diritto al compenso

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Il diritto al compenso spetta all'amministratore di condominio per tutto il periodo in cui egli svolga la sua attività, quindi sino a quando non sia revocato o non decida di non proseguire nel suo incarico.

Se la revoca è precedente rispetto alla data prevista per la cessazione dell'incarico egli non avrà quindi diritto all'intero compenso ma alla minor somma liquidata tenendo conto del tempo in cui ha effettivamente eseguito il mandato.

Se, poi, la revoca non è giustificata egli non avrà comunque diritto al compenso ma, come chiarito dal Tribunale di Monza con un'ormai risalente sentenza del 27 giugno 1985, potrà chiedere e ottenere il risarcimento del danno.

Ripartizione delle spese per l'amministratore

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Chiarito tutto quanto sopra in materia di compenso dell'amministratore di condominio, occorre ora capire chi debba farsene carico e in che misura.

In generale, le spese per l'amministratore e per l'amministrazione vanno sopportate da tutti i condomini in misura proporzionale ai loro millesimi di proprietà.

Questa regola può comunque lasciare spazio a un criterio differente di ripartizione se è l'assemblea unanime a stabilirlo.


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Valeria Zeppilli

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