Accusato di evasione viene accontentato dalla Cassazione che conferma la condanna

di Marina Crisafi - Non ne può più di stare a casa della figlia e soprattutto dei suoi familiari, così lascia la casa e si presenta in carcere chiedendo di tornare in galera. I giudici lo accontentano subito ma per un periodo più lungo, infliggendogli una condanna per evasione.

L'uomo infatti si trovava ai domiciliari e qualsiasi "volontario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare senza autorizzazione" costituisce evasione, indipendentemente dalla durata, dalla distanza dello spostamento o dalle motivazioni del soggetto, ivi compreso l'intento di essere ricondotto o di recarsi personalmente in carcere.

Giunta la vicenda in Cassazione, dalla sesta sezione del Palazzaccio (sentenza n. 19005/2016 qui sotto allegata) non può che arrivare la conferma della condanna ex art. 385, commi 1 e 3, c.p.

A nulla rilevano infatti le doglianze dell'uomo che sosteneva di aver già manifestato la sua intenzione al magistrato di sorveglianza. Né può ravvisarsi la causa di giustificazione dello stato di necessità per il deterioramento dei rapporti con i familiari, dal momento che non vi è un pericolo di un danno grave alla persona.

Ciò che conta, chiosano gli Ermellini, è la sussistenza dell'elemento psicologico del reato per essersi sottratto, anche se per breve tempo, alla detenzione domiciliare, senza prima passare dalla stazione dei carabinieri preposti al suo controllo o comunque avvisarli.

L'uomo, quindi, torna in carcere per scontare la nuova pena. Almeno, quale magra consolazione, per un po' non dovrà vedere i parenti.

Cassazione, sentenza n. 19005/2016

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