La maggiore capacità di uno dei due genitori di rispettare l'altro favorendo il mantenimento dei rapporti garantisce il più equilibrato sviluppo psicofisico del minore

di Lucia Izzo - Il minore deve essere collocato presso il genitore meno "litigioso", che meglio garantisce il rispetto dell'ex e il mantenimento dei rapporti con quest'ultimo.

Lo ha ricordato la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nella sentenza n. 3331/2016 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un padre contro la decisione della Corte d'Appello che aveva collocato il figlio presso la madre, assegnandogli la casa familiare e disponendo un contributo a suo carico per il mantenimento del bambino. 

Inammissibile la doglianza dell'uomo circa l'affidamento alla madre, sull'assunto che il bambino avrebbe trascorso i primi anni di vita con lui dalla nonna in assenza della donna e considerando le sue migliori qualità genitoriali riconosciute dal consulente tecnico d'ufficio.

Per gli Ermellini il giudice del gravame ha ampiamente posto in luce le difficoltà e i disagi psichici che la donna ha affrontato in gravidanza e nella prima fase di vita del minore, ma ha correttamente ritenuto prevalente un elemento dirimente quale la maggior capacità di costei a garantire il rispetto dell'altro genitore e a favorire il mantenimento dei rapporti con quest'ultimo e, di conseguenza, il più equilibrato sviluppo psico-fisico del minore mediante il contenimento del conflitto tra i genitori.

La consulenza tecnica, infatti, ha mostrato che la donna ha superato i problemi psicofisici sofferti in gravidanza e nel post partum, come confermato anche dalle certificazioni psico diagnostiche prodotte.

Il ricorrente lamenta anche l'assegnazione alla donna della casa familiare acquistata da entrambi in comproprietà al 50% ciascuno, sulla quale grava un mutuo ipotecario pagato pro quota, e nella quale i due si sono trasferiti iniziando la convivenza nella prospettiva di farne il luogo ove avrebbero vissuto con il figlio minore.

Per i giudici d'appello, nonostante i due si fossero allontanati dalla casa dopo la nascita del figlio, il concetto di casa familiare si fonda sulla preventiva convivenza e sulla destinazione impressa uniformemente dalle parti all'immobile.

Questione analizzata e sviluppata con attenzione dai giudici di legittimità, che hanno precisato che l'assegnazione della casa familiare prevista dall'art. 155 quater c.c., ratione temporis applicabile, viene effettuata tenendo conto prioritariamente dell'interesse dei figli.

Nella specie, il fatto che i genitori del minore abbiano non solo destinato di comune accordo e con impegno economico comune un immobile a loro abitazione familiare, ma vi abbiano anche convissuto stabilmente prima del conflitto, deflagrato con la nascita del figlio, mostra che la casa familiare preesiste alla nascita del bambino e il temporaneo allontanamento dovuto al conflitto genitoriale non ha mutato tale preesistente destinazione.

L'abitazione nella quale la coppia ha convissuto per cinque anni costituisce l'habitat domestico, ossia il "centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare".

Nella specie, l'immobile assegnato al genitore collocatario ha costituito, per la fase della stabile convivenza delle parti, il centro di aggregazione della famiglia.

Ne consegue che la destinazione a casa familiare deve ritenersi univocamente impressa all'immobile dalle parti, non solo in astratto con l'acquisto in comunione, ma anche in concreto per mezzo della loro convivenza.

Per queste ragioni la fruizione dell'abitazione da parte del minore con il genitore collocatario è stata fondatamente ritenuta la scelta più coerente con il suo prioritario interesse dettato dalla norma.

Pertanto, l'inammissibilità e l'infondatezza delle censure determinano il rigetto del ricorso.

Cass., prima sez. civile, sent. 3331/2016

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